Trovati i corpi dei tre ragazzi ebrei rapiti
I corpi dei tre ragazzi ebrei Eyal Yifrah, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel, scomparsi in Cisgiordania il 12 giugno, sono stati ritrovati ieri nei pressi del villaggio di Halhul (Hebron), in campagna, con le mani legate, non sepolti e seminascosti da cespugli. Sono stati uccisi subito dopo il rapimento avvenuto mentre facevano l’autostop. Nelle passate due settimane non sono mai giunte rivendicazioni attendibili del sequestro ma Israele ripete che la responsabilità è tutta di Hamas e al momento sono ricercati due militanti del movimento islamico, Amer Abu Aysha and Marwan Kawasme. I due non hanno più fatto ritorno a casa, ad Hebron, dal giorno della scomparsa dei tre ragazzi israeliani, due studenti della yeshiva Makor Chaim, nel kibbutz religioso di Kfar Etzion, e un altro di un istituto religioso nelle colonie nel centro di Hebron. «Quello che più temevamo è tragicamente successo», ha commentato il presidente eletto di Israele Reuven Rivlin. In quello stesso momento rinforzi militari arrivavano nella zona del ritrovamento dei corpi per aggiungersi alle centinaia di soldati che hanno preso il controllo di Halhul compiendo raid e perquisizioni. Ad un certo punto sono divampate le proteste degli abitanti e per molti minuti sono andati avanti scontri violenti tra militari e palestinesi.
Una notte carica di tensione è scesa su tutta l’area. Nei discorsi della gente c’era un solo argomento: la reazione di Israele all’uccisione dei tre ragazzi. Si prevede durissima. Il gabinetto di sicurezza presieduto da Benyamin Netanyahu si è riunito ieri sera alle 8.30 italiane con l’intenzione di decidere subito nuove e più devastanti operazioni militari. Eppure la reazione è già avvenuta nelle passate settimane: una decina di morti palestinesi (tra i quali due ragazzi), numerosi feriti, oltre 500 arrestati — inclusi dirigenti, parlamentari e militanti di Hamas — raid incessanti in campi profughi, villaggi e città. Hebron è stata setacciata ininterrottamente. A questo punto è logico attendersi che gli attacchi militari si concentrino sulla Striscia di Gaza già presa di mira in questi giorni e dove vive il resto della leadership di Hamas nei Territori occupati. Gli ultimi raid dell’aviazione israeliana, che hanno fatto tre morti tra i palestinesi e feriti anche tra i civili, tra i quali un bambino, si sono alternati con nutriti lanci di razzi palestinesi. E’ uno scenario destinato ad amplificarsi con il rischio che possa sfociare in una nuova massiccia offensiva, aerea e forse anche di terra, contro la Striscia. E’ anche possibile che Israele per ritorsione tenti di eliminare fisicamente i dirigenti di Hamas a Gaza. Le parole ascoltate in questi ultimi giorni non lasciano dubbi sulla intenzione del governo Netanyahu di usare il pugno di ferro. Il ministro degli esteri Lieberman ha esortato esecutivo e comandi militari a rioccupare Gaza. Le reti televisive israeliane ieri sera ipotizzavano l’adozione immediata di 2–3 provvedimenti. Israele potrebbe deportare a Gaza decine di dirigenti e militanti di Hamas e demolire le loro case, ha indicato il capo della Commissione parlamentare per gli esteri e la difesa Zeev Elkin (Likud).
Da parte sua Netanyahu ha ammonito che «Israele è pronto ad estendere le operazioni, a seconda delle necessità». L’avvertimento è stato indirizzato non solo ai gruppi armati palestinesi a Gaza ma anche all’Anp di Abu Mazen alla quale il premier israeliano ha chiesto perentorio di «annullare» il governo di consenso nazionale con Hamas presieduto da Rami Hamdallah. «Da quando è stato formato il governo di unità palestinese con l’organizzazione terroristica Hamas», ha affermato Netanyahu, l’Anp si è «addossata di fatto la responsabilità di impedire spari verso il nostro territorio». Parole che indicano che la reazione di Israele per l’uccisione dei tre ragazzi potrebbe colpire anche l’Anp a Ramallah, non con le armi ma con pesanti sanzioni economiche e politiche per costringerla a rinunciare alla riconciliazione con Hamas che già vacilla da giorni sotto l’onda d’urto delle operazioni militari ordinate da Tel Aviv.
La leadership politica di Hamas sente che nelle prossime ore, nei prossimi giorni, dovrà affrontare una situazione eccezionale, con conseguenze al momento incalcolabili. «A Gaza si è creata una situazione di vuoto politico. Non è più sotto la responsabilità del passato esecutivo ne’ è ancora sotto quella del nuovo governo di unità palestinese», ha provato a spiegare il lancio di razzi il vice leader politico di Hamas, Mussa Abu Marzuk. Hamas, ha aggiunto, potrebbe dunque vedersi obbligato a riassumere il controllo della Striscia, per garantirvi la sicurezza e la stabilità. Parole che a non pochi sono apparse un accoglimento indiretto dell’aut aut lanciato da Netanyahu che ha intimato ad Hamas di fermare i lanci di razzi o a prepararsi a pagarne le conseguenze.
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