Tregua sui conti con Bruxelles

by redazione | 10 Luglio 2014 9:56

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ROMA — Non servirà una manovra aggiuntiva quest’anno, né tanto meno una maxicorrezione dei conti nel 2015. Il governo italiano resta convinto di centrare gli obiettivi di finanza pubblica e di poter difendere a buon diritto la scelta di rinviare di un anno al 2016 il pareggio di bilancio. Ed in ogni caso non considera come una bocciatura senza appelli la raccomandazione formale dell’Ecofin di martedì che chiede all’Italia «sforzi aggiuntivi» di bilancio già quest’anno, e di assicurare l’equilibrio formale dei conti nel 2015.
Secondo il centrodestra, quella raccomandazione impone una manovra bis in corso d’anno, «servono almeno 15 miliardi di euro» dice Renato Brunetta di Forza Italia, e ha chiesto subito al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di riferire in Parlamento sull’esito della riunione Ecofin. Al Tesoro, invece, i tecnici ed i collaboratori del ministro minimizzano.
«Non c’è niente di nuovo. Martedì dall’Ecofin è arrivata solo l’ultima ratifica delle raccomandazioni fatte a inizio giugno dalla Commissione e approvate dal Consiglio europeo a fine mese. Un atto formale, approvato senza neanche discussione. Prendiamo atto di quella raccomandazione, ma il nostro programma di finanza pubblica non cambia, e continuiamo a lavorare su quello» dicono a via XX settembre. «Tanto più» si aggiunge, «che quello stesso Consiglio di fine giugno ha sottolineato come ora, dopo la stagione del rigore, per l’Europa sia essenziale il ritorno della crescita economica. Che è la direzione su cui è orientata la politica di bilancio del governo».
I problemi con Bruxelles nascono dalle previsioni sull’andamento dell’economia e dei conti pubblici. Nel Documento di Economia e Finanza, a fine aprile, il governo di Matteo Renzi indica un deficit strutturale di appena lo 0,1% nel 2015 e il pareggio definitivo del bilancio l’anno successivo. La Commissione europea ipotizza per il 2015 un deficit strutturale molto più alto. «Ma si sta sempre parlando di previsioni», sottolineano al ministero dell’Economia, dove sono sicuri che dalla piena attuazione della manovra e delle riforme, deriveranno stimoli all’economia superiori a quelli stimati dalla Ue.
«Il problema dell’Italia è fondamentalmente quello della sostenibilità del debito pubblico. Il debito è pienamente sostenibile solo se l’economia torna a crescere. E l’economia torna a crescere solo se si fanno le riforme strutturali» dicono i collaboratori di Padoan. Anche con questo si spiega l’improvvisa e forte accelerazione del governo Renzi per assicurare l’attuazione concreta dei provvedimenti e delle riforme varate. Un piano sul quale Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan intendono spingere a più non posso.
Entro l’estate l’attuazione del programma di governo, e l’implementazione delle riforme, dovranno aver fatto passi avanti decisi. Sarà un passaggio fondamentale della partita sui conti pubblici aperta tra Roma e Bruxelles, e che riprenderà subito dopo l’estate.
Nella serata di ieri una nota del portavoce del commissario Ue agli Affari economici, Siim Kallas, ha chiarito che la clausola per gli investimenti (ovvero la possibilità di escludere dal calcolo del deficit la quota di spesa pubblica destinata al cofinanziamento dei progetti approvati dall’Unione Europea), verrà rivista alla fine dell’anno, alla luce delle previsioni economiche che la Commissione diffonderà in novembre.
Da parte del governo italiano, il prossimo passo formale sarà, entro il 20 settembre, la presentazione dell’Aggiornamento del Def. Al Tesoro, al momento, tengono per buona la previsione per quest’anno di una crescita del Pil allo 0,8% e l’obiettivo di deficit del 2,6%. I dati del primo trimestre non confortano, ma le cose non vanno bene neanche nel resto d’Europa. Perfino in Germania l’economia ha cominciato a dare segnali di stagnazione. «Motivo in più per riprendere la discussione sulla crescita aperta con il semestre di Presidenza italiana» dicono al Tesoro. Mentre il sottosegretario Pierpaolo Baretta, a scanso d’equivoci, fa sapere: «Non ci sarà manovra bis neanche se il quadro economico dovesse peggiorare».
Mario Sensini

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