Svolta garantista di Renzi “Basta con gli automatismi rispettiamo la Costituzione”

by redazione | 10 Luglio 2014 11:31

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IN FONDO, per Matteo Renzi, la questione è molto semplice: bisogna spezzare gli “automatismi” degli ultimi vent’anni, chiudere la stagione in cui si collegavano direttamente atti della magistratura, can can mediatico, richiesta di dimissioni dell’indagato. E la difesa delle garanzie, storico caposaldo culturale della sinistra, finiva nel cassetto.
«SE LA politica ha le carte in regola, deve rispettare la Costituzione anche lì dove parla delle garanzie degli imputati, della presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva », dice il premier. Significa che un partito può e deve fare le sue scelte in piena autonomia, rivendicare la sua indipendenza al pari dei giudici. In una parola, essere garantista e «valutare caso per caso. Abbiamo fatto così con Francantonio Genovese e Orsoni, lo facciamo anche con Vasco Errani».
In realtà, la questione tanto semplice non è. Perché proprio a sinistra il “pilota automatico” ha prosperato, ha deciso linee politiche ed alleanze, ha stabilito destini di governi e carriere politiche. Colpa del berlusconismo? «Un po’ – spiega il presidente del Pd Matteo Orfini -. Eravamo purtroppo dentro quel meccanismo perché se una parte politica si accanisce contro la magistratura, la reazione è un fatto naturale». Ma qualche cedimento rispetto al garantismo, «uno dei valori storici della sinistra» lo definisce Orfini, ha avuto anche altre ragioni. È stata una resa per cavalcare l’onda popolare. «In questi vent’anni – ricorda la responsabile giustizia del Pd Alessia Morani, avvocato – alcune battaglie le abbiamo dimenticate non solo in nome dell’opposizione a Berlusconi. Siamo andati oltre e abbiamo lasciato terreno al dipietrismo. Oggi è difficile rammentare le concessioni che abbiamo fatto a Di Pietro perché l’ex pm è fuori dalla politica, ma hanno molto condizionato la nostra parte politica».
Dicono che Renzi (che ieri ha incontrato proprio Vasco Errani) sia oggi più garantista grazie al 40,8 per cento delle Europee. Ma a vedere la cronologia di questa svolta, non è così. Al momento di formare il suo governo, cinque mesi fa, il premier affrontò il caso di quattro sottosegretari indagati e li lasciò al loro posto. «Un avviso di garanzia non è una condanna », disse alla Camera il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, con il pieno sostegno di Renzi. Anche un ministro, Maria Carmela Lanzetta (Affari regionali) aveva un procedimento in corso quando giurò solennemente al Quirinale. A dimostrazione che i casi vanno pesati singolarmente, oggi quel procedimento è stato archiviato. «Non mi spaventano le accuse dei 5stelle e non penso che possano fare breccia nell’opinione pubblica – dice Renzi -. Noi le carte in regola le abbiamo.
C’è anche la legge Severino che sancisce nel dettaglio i casi in cui un amministratore pubblico è costretto o meno lasciare il suo posto. Il Pd ha persino uno statuto più rigido del codice penale. Se la politica non ha la coda di paglia ha il dovere di rimanere nel solco delle garanzie costituzionali ».
Una posizione lineare la definisce il vicesegretario Lorenzo Guerini. «Orsoni aveva patteggiato in pratica ammettendo le sue responsabilità, su Genovese il Parlamento doveva valutare il fumus persecutionis e quello hanno fatto i deputati. Nel caso di Errani nessuno di noi ha commentato la sentenza. Il Pd ha ribadito la sua stima per un amministratore di grande capacità che non aveva nessun obbligo a dimettersi perché il reato per cui è stato condannato non rientra nelle fattispecie della Severino. Questo è il punto. Se hai la coscienza a posto, puoi dire quello pensi».
Niente sarà come prima sembra il messaggio del Partito democratico in queste ore. Del resto, che il “prima” non fosse l’Eden lo spiega anche Felice Casson, oggi senatore Pd ma famoso soprattutto per la sua attività di pubblico ministero a Venezia. Uno dei tanti magistrati reclutati in questi anni dal centrosinistra. «Era una deformazione il legame tra avviso di garanzia e le dimissioni e lo penso da sempre dice -. Bisogna essere garantisti sempre e con tutti. Ma i piani sono diversi: c’è la vicenda giudiziaria, poi ci sono gli aspetti politici e sociali e infine c’è l’etica». Casson spiega che la vera svolta non è il garantismo bensì le «valutazioni diversificate, caso per caso. È giusto che la politica segua sempre questa regola».
Ma nel cambio di marcia imposto da Matteo Renzi si trova qualcosa di più profondo. «Riprendersi gli spazi culturali della sinistra», sintetizza Guerini. «Stabilire due principi fondamentali: il garantismo e l’autonomia della politica», aggiunge la Morani. La riforma della giustizia del Guardasigilli Andrea Orlando sarà il banco di prova di una nuova stagione. Si vedrà un approccio diverso alla materia, più libero, garantiscono a Palazzo Chigi. «Il 41 per cento ci aiuta», ammette Morani. Sicuramente, nel Pd non vedevano l’ora di riaffermare il primato della politica e liberarsi da certi vincoli. Per Orfini sono addirittura i partiti ad aver ripreso la scena: «Facciamo delle scelte da gruppo dirigente, a prescindere dalle inchieste. Su Errani tutti abbiamo detto che doveva restare al suo posto, sulla Cancellieri, che non era nemmeno indagata, la richiesta di dimissioni era abbastanza unanime ». A sentire questa parole, più che di garantismo siamo di fronte a una liberazione. E alla rivendicazione orgogliosa di un ruolo.

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