Spending review Cottarelli lascerà scontro con Renzi

by redazione | 31 Luglio 2014 20:25

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Roma. Il commissario della spending review è pronto a lasciare l’incarico. In un post su Facebook Carlo Cottarelli punta il dito contro le «nuove spese non coperte» che vanificherebbero la possibilità di tagliare le tasse. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto di riforma della pubblica amministrazione, che consente quattromila pensionamenti nella scuola. Ed è scontro con Renzi. L’ira di Mister Forbici è contro «quei parlamentari che hanno remato contro». A sostituirlo sarà il consigliere economico del premier Yoran Gutgeld.
Carlo Cottarelli, lo «sceriffo » della spending review, sbotta: sui conti pubblici non va e, secondo alcune indiscrezioni sarebbe pronto a lasciare per andare al Fondo monetario. La sortita è abbastanza formale: è affidata al «Blog del Commissario» che l’ex economista dell’Fmi ha utilizzato ieri per una denuncia circostanziata e severa: «Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali». Il linguaggio è tecnico ma esplicito: vi state impegnando la spending review del prossimo anno che io ancora devo fare, oppure fate i tagli lineari, cioè il contrario della missione che sono stato chiamato a fare, che invece è costituita da risparmi mirati sulla spesa. Poi scorrendo il blog appare una cifra bomba: «Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere risparmiate per effetto di queste decisioni ammonta ora a 1,6 miliardi per il 2015». La morale, in sintesi, è: «Così potete dimenticarvi il taglio delle tasse perché non ci saranno risorse». Se la spending è un bancomat, addio al taglio delle imposte.
A far saltare i nervi a Cottarelli è stato il decreto-Madia sulla pubblica amministrazione che, con lo scopo di svecchiare i dipendenti pubblici, prevede un maxi-pensionamento anticipato degli statali di 62 anni che ieri è arrivato alle battute finali alla Camera. Un aumento di spese. Ma soprattutto una norma, introdotta durante una seduta durata fino alle tre di notte nei giorni scorsi, che prevede il salvataggio dei 4.000 insegnati, rimasti “incagliati” nel 2012, ai quali è stata data la possibilità di andare da quest’anno in pensione con le vecchie regole pre-Fornero di «quota 96». Una operazione che costa 396 milioni da quest’anno al 2018.
Chi è nel mirino di Cottarelli? Il Tesoro, dopo la sortita del commissario alla spending review, si è affrettato a precisare che «non si tratta di una polemica nei confronti del governo». Tuttavia, oltre all’”assalto alla diligenza” del Parlamento, ai vari decreti sui quali nessuno ha fatto ancora conti precisi, c’è anche la partita
complessiva del controllo della spesa pubblica, dei conti e dei rapporti con gli organismi internazionali, dall’Fmi, alla Bce, a Bruxelles. Il presidente del Consiglio Renzi sta costituendo una cabina di regia economica a Palazzo Chigi, attorno al suo consigliere Yoram Gutgeld. La cosa ha lasciato tracce nel rapporto tra Via Venti Settembre.
Ma le tensioni crescono anche all’interno di un quadro di apprensione per le sorti della finanza pubblica. Il taglio delle previsioni del Pil da parte dell’Fmi di mezzo punto sulle stime del governo crea un buco di circa 4 miliardi che potranno essere coperti dai risparmi dell’effetto spread ma che comunque creano un problema. I tagli di circa 1,3 miliardi che il decreto sul bonus-
Irpef affidava a Comuni, Province e regioni non sono ancora nelle casse del Tesoro e i sindaci hanno smontato l’idea del governo di ridurre i centri di acquisto (una delle idee portanti della spending review di Cottarelli).
Una partita difficile che rischia di precipitare in autunno. Lo stesso Padoan prevede un intervento difficile sui conti in sede di legge di Stabilità quando si dovranno trovare almeno 25 miliardi. Le opposizioni sono alla finestra come falchi: ieri Grillo ha parlato di «tempesta perfetta» con misure devastanti, Brunetta ha persino ipotizzato una nuova lettera della Bce, mentre la Lega per ora si limita a chiedere che entri in funzione il nuovo Ufficio parlamentare di bilancio.

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