Il percorso a ostacoli delle riforme Servono altri 812 provvedimenti

Il percorso a ostacoli delle riforme Servono altri 812 provvedimenti

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ROMA — Non basta fare le riforme. Bisogna averle attuate. Sale l’asticella che l’Italia è chiamata a saltare per dimostrarsi affidabile in Europa e guadagnare maggiore flessibilità. Ma i conti non tornano. Al 18 giugno, mettendo insieme i cantieri normativi dei tre ultimi governi dal novembre 2011, Monti, Letta e Renzi, secondo l’Ufficio per il programma di governo, mancavano 812 provvedimenti attuativi, senza dei quali le riforme che dovrebbero dinamizzare il Paese restano sulla carta. Di questi provvedimenti, 133, il 16%, sono già dell’esecutivo Renzi (334 sono di Monti su 846 prodotti e 345 di Letta su 457 emanati), che è in carica da quattro mesi e mezzo e ha prodotto 33 norme pubblicate in Gazzetta ufficiale, solo nove delle quali non rinviano ad atti di secondo livello.
Segno inequivocabile di un affanno che non riguarda solo il Parlamento, dove le Camere sono impegnate ormai quasi solo a convertire decreti e attuare deleghe, ma anche gli uffici tecnici dei ministeri, dove spesso queste riforme s’impaludano affossate, in alcuni casi, da veti incrociati.
I decreti attuativi
Non per niente il governo Renzi ritiene che la «riforma delle riforme» sia quella istituzionale che semplificherà il meccanismo di produzione normativa, dimezzando Camere e tempi. Il secondo tassello, che avrebbe dovuto produrre il «miracolo» di saltare a piè pari il meccanismo dei provvedimenti attuativi, è invece finito su un binario morto. La norma, contenuta nel decreto di riforma della P.a., che imponeva tempi stretti ai tecnici dei ministeri, pena l’intervento diretto di Palazzo Chigi in sostituzione degli uffici inadempienti, non ha visto mai la luce.
Che fare? Renzi in Europa si gioca la partita più importante e ha fretta. Dalla sua, per convincere i burocrati del suo piglio innovatore, ha un pacchetto di ben nove riforme da spendere, solo due delle quali però hanno già ottenuto il via libera parlamentare. Si tratta del decreto che ha tagliato il cuneo fiscale, mettendo nella busta paga di 10 milioni di italiani 80 euro al mese, e della riforma del lavoro, almeno la prima parte, quella che ha trovato posto nel decreto Poletti. Soprattutto quest’ultima riveste un’importanza particolare nella strategia immaginata dal governo in vista del negoziato sul patto di Stabilità. La norma prevede il rilancio dell’occupazione, attraverso la semplificazione del ricorso all’apprendistato e ai contratti a tempo determinato. L’obiettivo è favorire i giovani e agevolarne l’inserimento nel mondo del lavoro. Il decreto, convertito in legge il 16 maggio scorso, è in attesa di due decreti attuativi. Mentre il decreto Irpef, quello del bonus, in vigore dal 24 giugno, di provvedimenti ne attendeva, al 18 giugno scorso, ben 31.
Dal lavoro al Fisco
Ma il percorso di riforma del mercato del lavoro prevede anche un disegno di legge delega, ora giunto all’esame del Senato, con interventi di revisione degli ammortizzatori sociali, di riordino dei rapporti di lavoro, di sostegno alla maternità ed alla conciliazione. I senatori si sono impegnati a chiudere le votazioni entro fine luglio, ma certezze in merito non ce ne sono.
In Parlamento sono arrivati da poco altri due provvedimenti varati a passo di marcia dal governo Renzi: si tratta del decreto di riforma della P.a. e del decreto Competitività. Entrambi, dopo un impegnativo ping pong tra Palazzo Chigi e il Quirinale, sono approdati in Aula per avviare l’iter di conversione in legge. La Camera ora sta esaminando il decreto sulla P.a. e ha tempo fino al 23 agosto per votarne la conversione. Il provvedimento, assegnato alla commissione Affari costituzionali di Montecitorio, contiene gli interventi in favore della cosiddetta «staffetta generazionale». Nel dettaglio, si tratta di misure come l’abolizione della possibilità di restare al lavoro oltre l’età di pensione, la maggiore mobilità per i dipendenti pubblici, il dimezzamento del monte ore dei distacchi e permessi sindacali. Nel pacchetto sono finite anche le norme anticorruzione che rafforzano i poteri del commissario Raffaele Cantone. È ancora atteso in Parlamento invece il disegno di legge delega sulla riforma della P.a. che completa il pacchetto.
Corsa contro il tempo
Al Senato la commissione Industria e Ambiente è, invece, impegnata sul decreto Competitività, una serie di misure a favore delle imprese, da convertire anch’esse in legge entro il 23 agosto. Dentro si trovano novità come la possibilità da parte delle compagnie assicurative di concedere credito alle imprese. Il decreto prevede inoltre il potenziamento dell’Ace, il cosiddetto Aiuto alla crescita economica, che garantisce benefici fiscali a fronte di aumenti di capitale. Sul versante energia sono infine previsti interventi per ridurre il costo della bolletta elettrica delle Pmi di circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Al governo non sfugge che la conversione di due decreti così articolati richiederà esami a tempi di record per arrivare al voto entro fine luglio.
Intanto procede il cammino della legge delega sul Fisco. Al momento il governo ha prodotto un unico decreto attuativo, quello che introduce la dichiarazione dei redditi precompilata, insieme con altre semplificazioni e la revisione delle commissioni censuarie in vista della riforma del catasto. Il testo è arrivato in Parlamento nei giorni scorsi: le commissioni avranno tempo fino al 1° agosto per esprimersi. Ma già il governo ha in mente di produrre ulteriori decreti per snellire il regime fiscale delle piccole e medie imprese: tra le novità, l’introduzione dell’Iri, la nuova Imposta sul reddito imprenditoriale. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha dichiarato al Corriere , che l’intero pacchetto dei decreti sarà completato «dopo l’estate».
I nodi politici
Sul fronte della giustizia per il momento il Consiglio dei ministri del 30 giugno ha esaminato un elenco di dodici punti: i dettagli arriveranno a settembre, anche alla luce dell’esito della consultazione popolare dei cittadini. Tra gli obiettivi, la riduzione ad un anno i tempi di giudizio in primo grado e l’introduzione della responsabilità civile dei magistrati.
Anche il decreto «sblocca Italia», col quale Renzi vuole snellire e semplificare gli iter procedurali di cantieri, opere pubbliche e concessioni, è allo stato di annuncio e non verrà approvato in Consiglio dei ministri prima della fine di luglio.
E la «riforma delle riforme»? A Palazzo Madama, ormai dal 6 maggio, procede l’estenuante braccio di ferro tra maggioranza e opposizione sulla bozza di riforma del Senato presentata l’8 aprile dal ministro Maria Elena Boschi, che potrebbe arrivare in Aula prima della chiusura estiva. A marzo la Camera ha approvato l’Italicum, la nuova legge elettorale frutto di un accordo politico tra Renzi e Berlusconi. Sul testo il dibattito politico è in pieno corso.
Antonella Baccaro



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