by redazione | 24 Luglio 2014 8:06
In questi giorni è in discussione alla Camera, in seconda lettura, il disegno di legge «Disciplina generale sulla cooperazione per lo sviluppo», approvata dal Senato il 25 giugno con 201 voti favorevoli (Pd ‚Scelta Civica, Nuovo Centro Destra,5 Stelle e Fi-Pdl), 15 astenuti(Lega e Misto-Sel) e nessun voto contrario.
È chiaro che il governo Renzi vuole affrettare l’approvazione di questo disegno di legge (sono quasi 30 anni che attendiamo una legge quadro sulla cooperazione !). Tutto questo, nella quasi totale assenza di dibattito pubblico, soprattutto da parte degli organismi di volontariato e del mondo missionario. Eppure il mondo del volontariato italiano e missionario è stato testimone e ha toccato con mano le malefatte della cooperazione italiana, dagli anni Ottanta ad oggi. Dal disastro della cooperazione socialista di Craxi in Somalia (fornivamo cibo ed armi per seppellire i nostri rifiuti tossici in quel paese), a quella democristiana di Andreotti in Etiopia (la politica delle dighe con le conseguenti deportazioni di intere popolazioni!). Dalla legge 73 del 1985 che stanziava 1.900 miliardi di lire per la lotta alla fame nel mondo (servita a sfamare i partiti italiani!), alla malacooperazione del Ministero degli Esteri, con quell’incredibile intreccio tra affari e politica, che porterà poi a Tangentopoli (Nigrizia è stata la prima a denunciarlo con forza!).
E poi con l’arrivo del berlusconismo, la cooperazione è stata trasformata in un cinico business, che perdura tuttora, gestita dal Ministero degli «affari» esteri (la nostra politica estera è funzionale agli affari delle nostre imprese!). Penso di poter riassumere le quaranta pagine della nuova legge quadro del governo Renzi con la stessa parola: business/affari. Nell’ultima legge-quadro sulla cooperazione, la 49 del 1987, il «soggetto» principale era il «volontariato», nell’odierno disegno di legge il «soggetto» è diventato l’«impresa». Eppure in questo paese pullulano migliaia di gruppi, di associazioni, di botteghe del commercio equo e solidale, di reti di finanza etica, di centri missionari che fanno cooperazione con tanti «soggetti» nel sud del mondo. Quando il governo italiano prenderà seriamente questa straordinaria ricchezza, dandole voce e permettendole di incidere sulle politiche della cooperazione ? È incredibile che questa legge-quadro non prenda in considerazione tutto questo.
Quand’è che i nostri governi comprenderanno che la cooperazione, da governo a governo, non fa altro che arricchire le élites del sud del mondo?
Arriverà il giorno in cui il nostro mondo politico incomincerà a capire i profondi cambiamenti avvenuti in questi ultimi trent’anni? Cambiamenti che domandano un altro tipo di cooperazione e di politica estera? È possibile che in una legge del 2014, si usi ancora il linguaggio eufemistico e razzista di «paesi in via di sviluppo»? Com’è possibile ancora parlare di «sviluppo sostenibile» davanti a una crisi ecologica spaventosa che ci attanaglia? La problematica ambientale è totalmente assente da questo disegno di legge. È possibile che i nostri legislatori non vedano le difficoltà del continente a noi più vicino, l’Africa, da dove arrivano sulle nostre coste, i naufraghi dello ’sviluppo’? In una legge-quadro per la cooperazione, l’Africa non dovrebbe oggi essere una priorità? Ma è grave che il governo italiano si limiti a parlare di cooperazione, senza stanziare i fondi per tali politiche. L’Italia infatti è maglia nera rispetto agli impegni presi in sede Onu, con un budget dell’0,1% del Pil a fronte di un promesso 0,7% , il che rende il nostro paese non affidabile in chiave internazionale.
Siamo, per esempio, in forte debito con il Fondo di lotta all’Aids, Tubercolosi e Malaria. Dove trovare tali risorse in questo momento di crisi? Semplice. Meno armi (l’assurdità degli F-35 che ci costeranno 15 miliardi di euro) e più impegno nella lotta contro l’impoverimento. Per questo chiediamo al governo Renzi di ritirare e di riscrivere questo disegno di legge che è uno schiaffo sia alla dignità del popolo italiano che alla dignità dei tre miliardi di impoveriti nel mondo.
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