Per le pene sotto i 3 anni cambiata la norma sul carcere cautelare
ROMA — Giancarlo Galan avrebbe voluto approfittare volentieri di una norma che non prevedeva il carcere cautelare per reati la cui pena era sotto i tre anni. Ma l’ex governatore del Veneto — per il quale, comunque, essendo ora deputato di Fi, è la Camera che deve dare l’autorizzazione all’arresto— non si era aggiornato. Da pochissimi giorni la legge, che era stata contestata in diverse occasioni dalle toghe, non esiste più. Lo ha fatto sapere con una nota il ministro della Giustizia Andrea Orlando.
Chiara la nota di via Arenula: esisteva una norma, approvata da entrambi i rami del Parlamento, che prevedeva il divieto di qualsiasi misura cautelare detentiva nel caso di previsione di una pena non superiore ai tre anni. «Ma il 26 giugno scorso il Governo è intervenuto per correggere questa norma con un decreto legge dove, tra le altre cose, viene prevista proprio la revisione della disciplina della custodia cautelare».
Con la correzione del governo adesso non ci saranno più automatismi, ma spetterà al giudice decidere di volta in volta.
Più precisamente, come dice la nota: «Sarà il giudice ad esprimere in concreto una prognosi sulla pena concretamente applicabile all’esito del processo, al solo scopo di evitare che l’imputato subisca una limitazione della propria libertà in via cautelare rispetto a una pena che non dovrà essere eseguita all’esito della condanna».
Dal ministero di via Arenula danno anche altre spiegazioni e dicono che il provvedimento, proprio perché un decreto, potrà essere modificato.
Spiegano: «Il testo introdotto, che prevede quindi la possibilità di applicare gli arresti domiciliari anche per pene inferiori a tre anni nella direzione di garantire una maggiore sicurezza dei cittadini, consentirà comunque al Parlamento di intervenire sulla materia con eventuali correzioni».
Giancarlo Galan aveva chiesto l’applicazione di una norma che era contenuta nel provvedimento così detto «svuotacarceri» e che proprio ieri alcuni organi di stampa avevano rilanciato con grande enfasi accusando il governo di «lasciare i ladri fuori dalle carceri».
Implicato nell’inchiesta sulle tangenti per il Mose, Giancarlo Galan continua a professare la sua innocenza e ieri ha protestato di nuovo. «Mi è stata negata, espressamente, la facoltà di difendermi davanti all’autorità giudiziaria», aveva detto nei giorni scorsi l’ex-governatore del Veneto profetizzando che i giudici lo ascolteranno soltanto una volta dentro il carcere.
Intanto, proprio ieri, è finita agli arresti nella sua casa di Vicenza Amalia Sartori: nella vicenda Mose la donna è accusata di finanziamento illecito ai partiti. E fino ad ora era rimasta ancora libera perché quando era stata firmata l’ordinanza di custodia cautelare era ancora parlamentare europea nelle file di Forza Italia.
Alessandra Arachi
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TORTURA
Non dovremmo nemmeno stare qui a parlarne. Se davvero il 36enne Kayes Bohli è stato «massacrato» nella caserma di Riva Ligure – come pare un anonimo denunciatore scriveva a commento della foto scattata col telefonino lo scorso 5 giugno che ritraeva il corpo esanime sul pavimento – dovremmo legittimamente attenderci una ferma condanna istituzionale degli eventuali torturatori che renderebbe inutile ogni commento.