by redazione | 24 Luglio 2014 9:50
Un grande caos all’italiana rischia di bruciare Alitalia sull’altare delle guerre tra sindacati e l’indecisione del governo. Una piccola follia tutta nazionale: i sindacati, da una parte, hanno accettato un migliaio di esuberi ma si scontrano ferocemente sul tema del contratto. Poste Italiane, da parte sua, dopo aver iniettato 75 milioni in autunno per salvare la baracca Alitalia, ha dato il via libera all’ingresso in una newco con quasi 40 milioni di euro.
Nel frattempo restano solo 24 ore prima dell’assemblea dei soci della compagnia che domani mattina potrebbe varare un aumento di capitale da 160 milioni, meno dei 200 preventivati dopo il no di Poste. Anche lo spettro dei libri in tribunale resta un’ipotesi per niente remota. Anzi è una minaccia ventilata nei giorni scorsi al tavolo coi sindacati dal presidente Roberto Colaninno che si sarebbe detto pronto «a portare tutta la contabilità della società con un pulmino al tribunale di Civitavecchia», competente per territorio sul comune
di Fiumicino dove la compagnia ha sede.
In queste ore Del Torchio e i legali, sono però impegnati nello sbrogliare la matassa e nell’elaborare in tutta fretta la soluzione della società “cuscinetto” che Poste con una lettera agli interessati avrebbe fatto propria dando il via libera. Dal cilindro uscirà una newco, pronta a sollevare il gruppo dall’obbligo di ricapitalizzare la moribonda Cai. In questo modo i soci italiani entrerebbero nella seconda società creata ad hoc mentre Etihad avrà il al 49% nella società finale.
Ma in queste stesse ore vanno registrati i malumori del vettore del Golfo per la gestione caotica e molto “all’italiana” di tutta la vicenda, con i sindacati spaccati, i lavoratori divisi tra naviganti e dipendenti di terra e il Tesoro che fino a ieri ha soffiato sulle vele dell’accordo con gli arabi per poi condividere (a sorpresa) gli aut aut di Poste. Il no di Caio prima della soluzione della nuova società, ha rischiato di far deragliare l’accordo sul filo di lana sia pur per motivi comprensibili nell’ottica di un’azienda pubblica che deve quotarsi ed è nel mirino di Bruxelles per aiuti di Stato.
Poste Italiane e il suo numero uno Francesco Caio, ieri hanno chiarito e ribadito le posizioni molto nette degli ultimi giorni: «Il piano Alitalia-Etihad? Ci piace», ha detto il numero uno del colosso postale, «ma la condizione è puntare su una newco libera da pesi del passato: solo così ci sarebbe un passo coerente anche con la privatizzazione di Poste». Che guarda all’operazione con gli arabi da una prospettiva diversa «rispetto agli altri soci di Alitalia.
Noi — ha aggiunto Caio — siamo sotto la lente dell’Europa affinché il nostro contributo non si configuri come aiuto di Stato ».
L’altro grande punto interrogativo è rappresentato dal feroce scontro sindacale che ha spaccato le sigle e segnato una linea nettissima di demarcazione tra chi vola e chi lavora a terra. Tra scambi di accuse, lettere roventi e dichiarazioni roboanti dei leader sindacali, però, la nave Alitalia comincia a imbarcare acqua e nessuno sembra volerci mettere una pezza.
Intanto fino alle 8 di domani mattina si vota il referendum indetto da Cgil, Cisl e Ugl. Mentre la Uil Trasporti, a congresso in questi giorni, che aveva già deciso di non firmare né il contratto nazionale né l’integrativo, contesta la sua validità e ne ha indetto uno alternativo da lunedì prossimo fino a venerdì 1 agosto. Sempre che Alitalia sia in grado di resistere.
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