Sette milioni di pensionati sotto mille euro

by redazione | 9 Luglio 2014 10:53

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ROMA — Il 43% dei pensionati in Italia, cioè quasi 7 milioni di persone, ha un assegno mensile inferiore a mille euro. E tra loro 5 milioni di cittadini hanno percepito una rendita media di 702 euro lordi mensili e altri 1,2 milioni di soli 294 euro. Sono alcuni dei preoccupanti dati emersi nel bilancio 2013 dell’Inps, presentato ieri a Montecitorio, dal commissario straordinario, Vittorio Conti. «La crisi che stiamo vivendo da 7 anni», osservano i vertici dell’Istituto, sta facendo emergere «problematiche sociali latenti con l’aggiunta di nuovi soggetti deboli: milioni di disoccupati e inoccupati giovani e meno giovani, famiglie prive di reddito stabile a rischio povertà e esclusione sociale». Un quadro cui ieri Bankitalia ha aggiunto un’altra nota ancora dolente: scendono i prestiti bancari a maggio. Il calo è del 3,2% (ad aprile era stato del 3,1%). In particolare i prestiti alle famiglie sono scesi dell’1% sui dodici mesi, come ad aprile. Quelli alle società non finanziarie sono diminuiti, sempre su base annua, del 4,7% (erano a meno 4,4% ad aprile).
Se a questo scenario si aggiunge l’Istat, che denuncia la riduzione dei consumi nel 2013 per il 65% delle famiglie (consumi scesi ai livelli del 2004), che arrivano addirittura a diminuire l’acquisto di carne del 3,2% rispetto al 2012, oltre che di altri generi alimentari, si comprende la preoccupazione del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «In questo Paese c’è un tema poco affrontato: la lotta alla povertà». Che la situazione generale sia pesante lo testimonia un altro aspetto del rapporto Inps: nel 2013 sono andate perse 54 mila aziende e 500 mila posti di lavoro rispetto al 2012. I sindacati chiedono «misure strutturali per rendere il sistema più equo». La crisi, però, continua a mordere: «Quasi 1,5 milioni di persone sono state nel solo 2013 i beneficiari di trattamenti connessi alla perdita del lavoro ed alla disoccupazione – sottolinea Conti – e la spesa totale per le ore di cassa integrazione (1,2 miliardi lo scorso anno) è stata pari a 6,7 miliardi».
Le pensioni sotto i mille euro, però, «sono un retaggio del passato dovuto al vecchio sistema retributivo – spiega Conti – il cui esiguo importo è riconducibile in larga misura a carriere troppo brevi, discontinue, che hanno generato dei flussi di pensione che non sono adeguati». Se la gestione finanziaria dell’Inps per lo scorso anno ha evidenziato un saldo negativo per 9 miliardi e 875 milioni («in gran parte causata dalla gestione dei dipendenti pubblici ex Inpdap», precisa il commissario), grazie alla legge di Stabilità si registra «un miglioramento del patrimonio netto che a fine 2014 ammonta a 21 miliardi complessivi». In questo modo le riforme degli anni scorsi andranno a regime «con conseguenti risparmi significativi e crescenti nel tempo — osserva Conti —. Quindi il disavanzo dell’istituto è temporaneo e destinato ad essere riassorbito, mettendo definitivamente in sicurezza i conti della previdenza italiana». Buoni risultati per l’Inps arrivano dal rapporto tra pensioni e Pil indirizzato verso i valori medi europei: «Eravamo al 14% circa prima della crisi – fa notare Conti-. Ora siamo al 16,3%, saremmo stati oltre il 18% senza le recenti riforme, grazie alle quali arriveremo al 13,9% nel 2060».
Commentando il bilancio dell’istituto, che eroga 21 milioni di pensioni a 15,8 milioni di cittadini, il ministro Poletti propone la creazione di «una banca dati unica e unitaria, una infrastruttura che metta insieme politiche previdenziali, sociali e del lavoro». Questi temi «si devono tenere insieme — precisa —. È come se avessimo usato le scarpe per piantare chiodi: non funziona. È meglio costruire un martello». E per l’operazione «busta arancione» (l’estratto conto pensionistico, ndr) il ministro annuncia: «Oggi i tempi sono maturi per una sperimentazione buona e sostanziale. Entro la fine di quest’anno possiamo partire» per il settore privato, perché «c’è già un lavoro di istruttoria». I dati devono essere il più possibile dettagliati, raccomanda Poletti che aggiunge: «Anche sul fronte previdenziale la trasparenza è una buona ricetta».
Francesco Di Frischia

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