Migranti feriti alle gambe, scoppia la rivolta
NAPOLI — Il ferimento a colpi di pistola di due uomini ivoriani, avvenuto ieri sera a Pescopagano, sul litorale domiziano nei pressi di Castel Volturno, ha scatenato la rivolta di decine di immigrati che per circa due ore si sono scatenati in gravi episodi di violenza, dando fuoco a quattro auto e un furgone, e appiccando un incendio anche a una villetta a schiera, adiacente a quella dove abitano i responsabili del ferimento.
La calma nel paese casertano è tornata soltanto a tarda sera, mentre gli autori della sparatoria sono stati individuati e fermati dalla polizia già poche ore dopo l’episodio. Secondo quanto ricostruito dagli agenti del commissariato di Castel Volturno a ferire i due cittadini ivoriani, di 30 e 37 anni, sono stati due italiani, un uomo che lavora come vigilante per una agenzia che ha sede proprio a Castel Volturno, e suo figlio, che non è ancora chiaro perché fosse in possesso di una pistola. A sparare, infatti, pare sia stato proprio il più giovane. Secondo la sua versione, lo avrebbe fatto per difendere il padre, che aveva fermato i due ivoriani sospettando che fossero autori di un furto, e sarebbe stato perciò aggredito. Le vittime — che sono state raggiunte da proiettili alle gambe, e sono ora ricoverati in ospedale, ma non in pericolo di vita — hanno invece parlato di una lite senza nessuna motivazione precisa se non una vecchia antipatia che padre e figlio nutrirebbero nei loro confronti. Di fronte a queste due versioni contrastanti proseguono le indagini della polizia che, pur avendo già certezza sui responsabili, vuole avere altrettanta chiarezza sul movente del duplice ferimento.
Ma si indaga anche su quello che è accaduto dopo, cioè sulla rivolta che per un paio d’ore ha tenuto altissima la tensione. In realtà, seppure la convivenza tra italiani e africani sia ormai pluridecennale e tendenzialmente pacifica, sul litorale domiziano permangono anche situazioni in cui l’integrazione tra le due comunità non si è mai compiuta fino in fondo. E se l’episodio del ferimento può anche essere letto come il gesto di due sole persone, la rivolta che ne è scaturita ha coinvolto una parte consistente della comunità africana, a dimostrazione dell’esistenza di profondi rancori che possono facilmente tornare a galla.
Del resto gli immigrati africani a Castel Volturno e dintorni hanno subito non poche violenze. Il caso più vecchio è l’omicidio del trentenne sudafricano Jerry Essan Masslo, avvenuto il 24 agosto del 1989 a Villa Literno durante un tentativo di rapina a un gruppo di immigrati che avevano appena ricevuto la (misera) paga di una giornata di lavoro nei campi per la raccolta dei pomodori.
Ma l’episodio più grave resta quello della strage del 18 settembre 2008, quando un commando di camorristi casalesi, guidati dall’allora latitante Giuseppe Setola, massacrò sei africani al solo scopo di seminare il terrore nella comunità di immigrati di cui fanno parte anche bande di spacciatori. Le vittime di quella strage, però, erano tutti lavoratori, tutte persone per bene. Anche allora a Castel Volturno si scatenò la rivolta, che fu molto più lunga e violenta di quella di ieri. Su quest’ultima, invece, la polizia sta ancora cercando di stabilire se sia stata spontanea o pilotata proprio da qualche esponente delle bande criminali africane che operano nella zona.
Fulvio Bufi
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