L’Onu: in Ucraina crimini e 1200 morti
Il presidente Poroshenko prova nuovi tank © Reuters
Oltre mille morti, tremila feriti, duecentomila sfollati. Una regione al collasso per i pesanti bombardamenti subiti e per i combattimenti ancora in corso. La maggioranza delle vittime è composta da civili (tra i morti anche giornalisti e fotografi, compreso l’italiano Andrea Rocchelli) mentre il governo di Kiev si scopre – come prevedibile – traballante e senza un parlamento in grado di sostenerlo: la camera nei giorni scorsi ha votato contro le leggi che dovrebbero permettere di ricevere gli aiuti del Fmi, procurando le dimissioni del premier, e ieri ha invece approvato – su indicazione del premier uscente Yatseniuk — una nuova tassa per finanziare l’esercito impegnato a riconquistare le regioni orientali.
É la fotografia dell’Ucraina, in parte scattata ieri dal quarto rapporto dell’Onu dall’inizio della crisi. Una relazione che mostra ancora una volta quanto molti media, specie nostrani, hanno tentato di minimizzare nel corso degli ultimi mesi: in Ucraina c’è una guerra in corso, con l’utilizzo di armi pesanti, bande e gruppi paramilitari che imperversano e un numero di vittime altissimo. L’Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha sottolineato che da metà aprile al 26 luglio, i morti nel conflitto sono almeno 1.129, mentre sarebbero 3.442 i feriti. «Paura e terrore sono state inflitti dai gruppi armati sulla popolazione dell’Ucraina orientale», mentre l’abbattimento dell’aereo malese, può essere considerato un «crimine di guerra».
Navi Pillay ha infine sottolineato come fattore «imperativo», l’apertura di «un’inchiesta rapida, minuziosa, efficace ed indipendente» sui fatti. Nel rapporto, l’Onu accusa entrambe le parti, invitando a «cercare di evitare che altri civili possano essere uccisi o feriti». Ma i combattimenti continuano, rendendo difficile e arduo il lavoro degli esperti, che dovrebbero condurre le indagini sul luogo dove è stato rinvenuto il relitto dell’aereo malese abbattuto. Ieri il team di poliziotti olandesi e australiani, ha rinunciato a raggiungere la zona dove si trovano i resti dell’aereo, a causa dei forti scontri nell’area, risoltisi in serata con la conquista della zona da parte delle forze ufficiali dell’esercito ucraino. Tutto questo, mentre arrivavano le prime conclusioni delle analisi sulle scatole nere del velivolo abbattuto. Secondo i dati recuperati, l’aereo della Malaysia Airlines sarebbe stato distrutto da una «forte decompressione esplosiva» provocata dalle schegge di un missile. Ad affermarlo, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, sarebbe stato il colonnello Andriy Lysenko, portavoce del Consiglio di sicurezza e difesa ucraino.
Sulla vicenda, che potrebbe essere dirimente nell’attuale conflitto in corso, ieri è intervenuta la Russia, nell’ormai classico botta e risposta con la Casa Bianca. Mosca ha contestato l’autenticità delle immagini pubblicate da Washington nei giorni scorsi, che proverebbero il coinvolgimento diretto della Russia nei bombardamenti contro le postazioni militari ucraine. Secondo il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov, a causa dell’assenza di localizzazioni precise e della scarsa risoluzione delle immagini «è impossibile stabilire l’autenticità» delle fotografie satellitari. La Russia – infine — è tornata ad avvisare gli Usa contro un possibile invio di armi al governo a Kiev. «Una misura del genere non farebbe altro che spingere ad una soluzione non negoziale del conflitto» ha detto il ministro degli Esteri Lavrov che ha chiesto inoltre a Washington di fornire «finalmente» le informazioni sui presunti consiglieri militari Usa che starebbero aiutando il governo ucraino. «Da tre mesi chiedo al segretario di Stato americano se siano vere le notizie riguardo ai 100 esperti americani nel consiglio di sicurezza ucraino, ma finora non ho ricevuto risposta» ha detto il ministro. Obama ha risposto ieri a seguito di una conference call con il presidente francese Hollande, la cancelliera Angela Merkel, il premier Matteo Renzi e il britannico Cameron. I cinque hanno deplorato «che la Russia non abbia fatto effettive pressioni sui separatisti per indurli a negoziare e non abbia assunto le misure concrete che si attendevano da essa per garantire il controllo della frontiera russo-ucraina».
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