L’Italia a pedali dei cicloamatori

by redazione | 29 Luglio 2014 10:33

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C’È tutto un mondo intorno a monsieur Nibalì, l’ultimo ciclista entrato nel parterre degli italiani che hanno fatto incazzare i francesi. La federazione ciclistica — che conta 108mila iscritti e stima 250mila agonisti — non sa pesare la vittoria del messinese di 30 anni al Tour de France, ma è certa che l’onda del contagio toccherà molti nostri ragazzi alla ricerca della loro attitudine. I produttori di biciclette e motocicli associati — Ancma — ricordano che la doppia affermazione di Marco Pantani al Giro
d’Italia e al Tour de France del 1998 regalò l’anno dopo trecentomila pezzi in più sulle nostre strade. La vittoria di Vincenzo Nibali s’inserisce, adesso, in un rinnovato movimento ciclistico che, a prescindere dai grandi atleti — e dalle loro squalificanti cadute nel doping —, ha scelto la bicicletta come modello di vita. Per convivere con la crisi, ripulire le città congestionate, dimagrire.
Basta guardarsi intorno, in questa estate dal tempo variabile. Si scopre un’Italia che non si conosceva, si vedono due ruote e caschetti ovunque, oltre il bacino storico della Pianura Padana, del Piemonte, del Nord-Est. Pesaro, per dire, negli ultimi anni è diventata la seconda città per volume di spostamenti in bici, preceduta da Bolzano e seguita da Ferrara (“la città delle biciclette”, si legge sui cartelli nel centro storico). Fino ai Novanta terra esclusiva dei motori, Pesaro oggi offre la suggestiva Bicipolitana. L’ha creata il Comune nel 2010 ed è una lunga pedalata dal centro al mare costruita sullo schema delle metropolitane nel mondo: quattro linee (la gialla, la rossa, la verde e l’arancione) si incrociano in un percorso di 75 chilometri che ogni anno si allunga un po’. Le piste sono rialzate da terra, una delle linee corre sulla spiaggia: la Bicipolitana di Pesaro si è affermata come la strada ciclabile più suggestiva d’Italia. A Roma la crociata (contrastata) del sindaco Ignazio Marino — lui assicura di percorrere 35mila chilometri l’anno, la stessa distanza che copre Nibali in un allenamento stagionale — ha portato all’allargamento estivo dell’area pedonale dei Fori imperiali: da piazza Venezia fino al Colosseo. È l’anticipazione del grande parco archeologico urbano, da percorrere su due ruote. D’altronde Matteo Renzi, dopo aver consentito da sindaco di portare le biciclette sulla tramvia, all’ultimo rientro in città ha raggiunto Firenze da Pontassieve pedalando (venti chilometri) per agganciare il suo mezzo al palo del barbiere di fiducia, Tony, a San Frediano. È al Sud che le catene girano come mai prima. In questi giorni la provinciale che da San Vito Lo Capo, località balneare nel Trapanese, porta alla Riserva degli Zingari al tramonto diventa una sfilata di pedalatori, nordici e locali. I vigili urbani pronti a sanzionare le auto fuori dalle strisce blu, anche loro, si spostano in bicicletta.
A cent’anni dalla nascita la Rai ha riproposto — in queste serate — la fiction su Gino Bartali, l’eroe popolare della nostra tradizione (programma più visto della serata) mentre la bici nera da donna di Alberto Stasi è entrata nell’immaginario di stagione delle inchieste giudiziarie diventate telenovela. Anche dall’Italia, ora, si parte per il giro del mondo on bike: sette passi di montagna, Himalaya compreso, saranno solcati partendo dai sette colli di Roma. I fidanzati Simona Pergola e Daniele Carletti impiegheranno fra i tre e i quattro anni macinando settanta chilometri al giorno. «Siamo lavoratori part-time, non siamo ricchi», hanno spiegato, «chi parte in bicicletta ha solo ciò che si porta dietro».
Nulla è meglio dei pedali per promuovere il proprio territorio, sostiene Renato Di Rocco, presidente della Federazione ciclistica italiana, figlio dei produttori delle “Romeo”. «La metà dei tifosi che viene a seguire il Giro d’Italia sulle Dolomiti, in cima allo Zoncolan, sale in bicicletta». Si vedono sempre più ragazzi, al Giro. Il Trentino per ottanta chilometri è percorso dalla più importante pista ciclabile europea, da Innsbruck arriva al Lago di Garda. «Negli ultimi anni», ancora Di Rocco, «i frequentatori di quel tratto tra i vigneti sono passati da 800mila a 2,1 milioni e lì sono nate cinque microaziende che vivono grazie ai cicloamatori: officine, agriturismi, centri spa». Il Piemonte si sta affermando come il regno del fuoristrada: Courmayeur, Bardonecchia, Pila, tutto l’asse di confine francese. Molti paesi dell’arco alpino oggi hanno scuole di ciclismo, sono gli stessi maestri di sci che in estate per campare non devono più fare i muratori e i pizzaioli: offrono escursioni, percorsi in mountain bike. L’Italia, d’altro canto, ormai è terra di cicloturisti stranieri: 450mila nel 2013, altrettanti attesi quest’anno. Quasi la metà sono tedeschi. A Cesenatico in questi giorni si è consumato il bike tour — cento chilometri — sulle tracce del fu Pantani mentre in Puglia le agenzie ti portano sempre più spesso sulla strada delle masserie. Ormai la vacanza in sella ha dimensioni tali da meritare un salone dedicato, Cicl@Tour, ad Arezzo Fiere.
La bicicletta resta il giocattolo più desiderato tra i pre-adolescenti e che sia un prodotto senza crisi lo dimostra il fatto che la Mattel, multinazionale delle Barbie, ne ha quattordici tipi in catalogo. Le aziende storiche italiane da tempo hanno virato sul prodotto di nicchia, costoso. Per una Passoni in titanio e carbonio si spendono 12.000 euro, così per la F8 di Pinarello, la bici di Froome e Wiggins, sei chili di tecnologia al carbonio. «Vogliono quella di Nibali e di Contador», dice Claudio Castellaccio, rivenditore di Roma, «e sono disposti a spendere qualsiasi cifra». Tra i richiedenti c’è l’élite del paese: i Barilla, Rodolfo De Benedetti, Vittorio Colao, anche Murdoch junior. Il plotone, però, è formato da avvocati, ingegneri, medici, ricchi commercianti che ogni weekend percorre più di 100 chilometri con dislivelli di 2500 metri e il selfie sotto sforzo.
Sono le grandi città a delineare il boom del mezzo, e il cambio di stile di vita. Il bike sharing di Milano (servizio di noleggio pubblico) ha toccato quota 1.130 prelievi ogni mille abitanti. A Torino ci sono cento stazioni, mentre a Roma — caso unico in Europa — hanno rubato quasi tutte le biciclette pubbliche. Crescono
le metropoli con i 30 chilometri orari come limite di velocità, crescono le vendite delle bici con la pedalata assistita (50mila l’anno) e pieghevoli (20mila, si portano dentro l’ufficio). Già. Solo pochi anni fa tra lo smog urbano si avventuravano solo i pionieri antagonisti di Critical Mass, fieri di rallentare il traffico, ora in quel varco stanno entrando i pendolari. Sono sette milioni quelli che la usano per lavoro e nel tempo libero, siamo i quinti in Europa. E dobbiamo muoverci, per non rischiare, su 4mila chilometri di piste ciclabili. In Germania sono 40 mila.

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