In Venezuela arrestato con arsenale un cittadino statunitense

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In Venezuela, nove per­sone sono state arre­state ieri in varie parti della capi­tale. Sono accu­sate di aver diretto, orga­niz­zato e finan­ziato le «gua­rim­bas», bar­ri­cate di detriti e spaz­za­tura data alle fiamme e fil di ferro teso da un lato all’altro delle strade cosparse di olio e chiodi a più punte. Forme di pro­te­ste vio­lente che ancora scuo­tono il paese e che, dal 12 feb­braio scorso, hanno pro­vo­cato 41 morti e oltre 650 feriti. Fra gli arre­stati, anche avvo­cati e com­mer­cianti i quali — secondo il mini­stro degli Interni Miguel Rodri­guez Tor­res — davano appog­gio mate­riale alla pro­te­sta insur­re­zio­nale» distri­buendo circa 5.000 boli­var a set­ti­mana per ogni «guarimbero».

La mag­gior parte degli arre­stati agiva nel muni­ci­pio Cha­cao, gover­nato dal sin­daco di oppo­si­zione Ramon Mucha­cho: «La pro­te­ste non sono con­tro di noi, ma con­tro il sin­daco, che le ha inne­scate e adesso non sa più come uscirne», ha affer­mato il pre­si­dente dell’Assemblea, Dio­sdato Cabello durante la sua tra­smis­sione tele­vi­siva settimanale.

Un’interpretazione con­di­visa dallo stesso sin­daco e da quelle parti della Mesa de la uni­dad demo­cra­tica (Mud) che hanno accet­tato il dia­logo con il governo, in corso sotto l’egida di Una­sur e del Vati­cano. Oggi prende avvio la terza fase. Nelle zone ric­che della capi­tale come quella del muni­ci­pio Cha­cao gli oltran­zi­sti non accet­tano invece il pro­cesso di pace. Pre­fe­ri­scono seguire le con­se­gne dei lea­der in cerca di rap­pre­sen­tanza a furor di piazza come Maria Corina Machado o il sin­daco della Gran Cara­cas, Anto­nio Lede­zma. Que­sti chie­dono «la salida», l’uscita dal governo del pre­si­dente Nico­las Maduro senza atten­dere la metà del suo man­dato per con­vo­care un even­tuale refe­ren­dum revo­ca­to­rio, come pre­vi­sto dalla costituzione.

Il loro appello alle piazze ha messo in moto le pro­te­ste del 12 feb­braio e le vio­lenze, anti­ci­pate in alcuni stati del paese come il Merida o il Tachira, alla fron­tiera con la Colom­bia. Nel Tachira è stato arre­stato ieri un cit­ta­dino sta­tu­ni­tense, Todd Michael Lei­nin­ger, tro­vato in pos­sesso di un arse­nale e accu­sato di traf­fico d’armi e asso­cia­zione a delin­quere. Altri arre­sti si sono veri­fi­cati nello stato Cara­bobo. E il pre­si­dente Maduro ha deciso di con­ser­vare, a monito, diversi auto­bus bru­ciati dai «guarimberos».

Con­ti­nuano intanto i con­trolli agli eser­cizi com­mer­ciali che non rispet­tano la legge del Prezzo giu­sto, in base alla quale non si può rica­vare un gua­da­gno supe­riore al 30%. Secondo gli ispet­tori del governo, nello stato Ara­gua, la Fri­go­ri­fero La Colina, che gesti­sce un depo­sito di impor­ta­zioni di carni dal Nica­ra­gua, e aveva rice­vuto dol­lari a prezzo age­vo­lato, «ha fatto regi­strare un rica­rico di oltre il 262%».

Nel Tachira, il 25 mag­gio si svol­ge­ranno le ele­zioni anti­ci­pate nel muni­ci­pio di San Cri­sto­bal, dove sono ini­ziate le vio­lenze, il 4 feb­braio: il sin­daco Daniel Cebal­los, fil­mato men­tre diri­geva le «gua­rim­bas» col pas­sa­mon­ta­gna, è stato desti­tuito e messo in car­cere al pari del suo omo­logo di San Diego, Enzo Sca­rano, anch’egli sosti­tuito con nuove ele­zioni. Anche su que­sto, però, la Mud si è divisa tra chi avreb­bero voluto par­te­ci­pare alle pri­ma­rie interne e can­di­darsi, e chi ha accet­tato la can­di­da­tura delle mogli dei due desti­tuiti. Entrambe sono com­parse in tutte le mani­fe­sta­zioni a fianco della moglie del lea­der di Volun­tad popu­lar, Leo­poldo Lopez, anch’egli in car­cere con l’accusa di asso­cia­zione a delin­quere con fina­lità di terrorismo.

«Quella vene­zue­lana non è una demo­cra­zia e i paesi lati­noa­me­ri­cani sono respon­sa­bili per non averla fer­mata in tempo» ha dichia­rato Mario Var­gas Llosa. Lo scrit­tore peru­viano è arri­vato ieri in Vene­zuela, deciso a dar man­forte a Machado e soci.

Maduro ha intanto rice­vuto il mini­stro degli Esteri cinese, Wang Li, che ha ini­ziato a Cara­cas un viag­gio in Ame­rica latina: per raf­for­zare le rela­zioni eco­no­mi­che e com­mer­ciali, già molto solide, con il con­ti­nente: «Abbiamo un obiet­tivo — ha detto Maduro — espor­tare un milione di barili al giorno verso la Cina». Se la pre­vi­sione sarà rispet­tata, la Repub­blica popo­lare sarà la prima desti­na­ta­ria del petro­lio vene­zue­lano: davanti agli Stati uniti che, nel 2013, hanno com­prato in media 800.000 barili al giorno.

Pechino è il prin­ci­pale inve­sti­tore in Venezuela e sul finire del 2013, al mini­stro degli Esteri boli­va­riano Elias Jaua ha pro­messo altri 20 miliardi di dol­lari di inve­sti­menti nel campo petro­li­fero. Il Venezuela custo­di­sce le più grandi riserve di petro­lio al mondo e l’asse con Rus­sia e Cina pre­oc­cupa parec­chio Washing­ton. Fra gli assi della «nuova offen­siva eco­no­mica» pro­po­sti da Maduro, c’è però l’ulteriore svi­luppo della pro­du­zione nazio­nale, ancora insuf­fi­ciente. C’è anche l’attenzione rin­no­vata «all’ecosocialismo e all’ambiente, quinto obiet­tivo del pro­gramma stra­te­gico» e lo svi­luppo delle comuni, a cui il par­la­mento ha aggiunto un altro tas­sello votando (tra le pro­te­ste della destra) un’altra legge che ne favo­ri­sce l’organizzazione territoriale.



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