Immunità ai senatori Pd, Forza Italia e Lega votano compatti

by redazione | 2 Luglio 2014 8:48

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ROMA — L’immunità parlamentare resta piena anche per i nuovi senatori — consiglieri regionali e sindaci — che non saranno più eletti direttamente dai cittadini. I 100 nuovi inquilini di Palazzo Madama (5 di nomina presidenziale) avranno le stesse guarentigie che proteggono i parlamentari della Repubblica, ora tutti eletti a suffragio universale, dalle possibili invasioni di campo della magistratura. Dopo l’abolizione dell’autorizzazione a procedere nel ‘93, l’articolo 68 della Costituzione continuerà dunque a produrre effetti su tutti i membri del Parlamento: con l’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni e con l’autorizzazione della Camera di appartenenza per le richieste di arresto, perquisizione e intercettazione avanzate dal giudice.
A favore del mantenimento dell’immunità anche per i sindaci e i consiglieri regionali destinati a Palazzo Madama hanno votato in commissione il Pd, Forza Italia, la Lega, Scelta civica, Grandi autonomie e libertà e Ncd. Voto contrario di Sel, del M5S e dei grillini fuoriusciti mentre il forzista Augusto Minzolini non ha ubbidito al suo partito e si è dissociato, astenendosi, con una motivazione ineccepibile: «Ma come? Abbiamo votato l’immunità prima di sapere se il nuovo Senato sarà elettivo o no». La maggioranza trasversale per l’immunità è stata schiacciante e di fatto ha sbloccato uno dei nodi della riforma del Senato e del Titolo V della Costituzione (federalismo) che, a questo punto, dovrebbe arrivare in aula al Senato il 9 o il 10 luglio, «ove concluso l’iter in commissione», per la prima delle quattro letture previste dall’articolo 138 della Carta.
Il governo sul punto ha cambiato idea. Dal testo originario Renzi-Boschi, quello del Senato con i 108 sindaci dei capoluoghi, l’immunità era sparita. Cancellata per i senatori e mantenuta per i deputati. Poi è cambiato qualcosa, forse le pressioni di Ncd e Forza Italia hanno avuto un ruolo determinante, e così il ministro Maria Elena Boschi (Riforme) ha dato parere favorevole all’emendamento dei relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli che, sopprimendo l’articolo 6 del testo governativo, di fatto ha ripristinato nella sua pienezza l’articolo 68 anche per i senatori. Il ministro ha motivato il cambio di rotta con la presa d’atto del dibattito sviluppatosi tra i costituzionalisti e in commissione, alla luce delle funzioni più pesanti di cui è stato investito il Senato con il testo dei relatori: «Si è formata una maggioranza molto ampia, anche Forza Italia e Lega hanno votato a favore». Bisognerà però vedere cosa succederà in aula.
La minoranza del Pd guidata da Vannino Chiti, estromessa dalla commissione dopo la sostituzione di Corradino Mineo, ha annunciato che in aula ripresenterà gli emendamenti per eliminare il II e il III comma dell’ articolo 68 (autorizzazioni per arresto, perquisizioni e intercettazioni) per lasciare solo l’insindacabilità. Comunque, ragiona Felice Casson (Pd), «se proprio si vuole lasciare l’immunità, che a decidere sia la Corte costituzionale. Fermo restando che alla Consulta arriverebbero solo i casi in cui le Camere esprimono un diniego sulla richiesta del giudice».
Ma anche Scelta civica non è convinta dell’immunità piena. Alessandro Maran ha votato sì in commissione ma Linda Lanzillotta ha detto di essere contraria allo scudo per i non eletti perché «coprirà anche gli atti compiuti dai senatori in qualità di consiglieri regionali». La soluzione, insiste la vicepresidente del Senato, «è quella della revoca in caso di arresto». Patrizia Bisinella della Lega, attaccata dai grillini, giustifica così il sì del Carroccio: «Solo la Lega aveva proposto l’abolizione integrale dell’immunità per deputati e senatori». Ma poi non è andata così e, per usare la parole del senatore Francesco Russo (Pd), «è stato fatto molto rumore per nulla».
Dino Martirano

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