Immobili, il progetto Patrimonio Italia Quelle ipotesi sul fondo da 300 miliardi

Immobili, il progetto Patrimonio Italia Quelle ipotesi sul fondo da 300 miliardi

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ROMA — L’idea torna a galla periodicamente, perché il debito pubblico non smette di crescere, siamo a 2.166,3 miliardi; perché la vendita del patrimonio immobiliare va a rilento: è ancora lontano l’obiettivo di 500 milioni per il 2014; perché servirebbe un colpo d’ala per portare il Paese fuori dalla crisi. Riecco dunque il fondo dei fondi che raccoglie il meglio del patrimonio pubblico, emette obbligazioni, abbatte il debito pubblico di 200-300 miliardi in un solo colpo.
La proposta ieri è arrivata, sulla prima pagina del quotidiano economico Mf , da Marco Carrai, fiorentino, presidente del Cambridge Management Consulting Labs (di cui è azionista al 14% Franco Bernabè), presidente dell’aeroporto di Firenze, forse meglio conosciuto come una delle persone più vicine al premier. Ma da qui a attribuire la paternità della proposta a Matteo Renzi, ce ne corre.
Non foss’altro perché sulle pagine dello stesso quotidiano la medesima idea ha trovato nel corso degli anni altre esposizioni, l’ultima risalente al febbraio scorso quando, nell’ambito di un «piano da mille miliardi», sottoposto al premier, si disegnava l’ipotesi del «Fondo patrimoniale degli italiani» in cui avrebbero dovuto confluire tutti gli immobili dello Stato e tutti quelli che lo Stato ha devoluto agli enti locali (questi ultimi scaricandosi di quella parte del debito pubblico contabilizzato Eurostat, pari a 450 milioni, che essi apportano), un fondo che poi avrebbe emesso titoli per 350 milioni con un ritorno pari ai titoli di Stato e l’esonero dalla tassazione delle plusvalenze per 25 anni.
L’idea di Carrai è molto simile: creare «Fondo Patrimonio Italia» dove «conferire gli asset morti dello Stato per estrarne valore: l’immenso patrimonio immobiliare pubblico infatti a oggi — secondo Carrai — si può considerare dal punto di vista reddituale patrimonio morto». In cosa si distinguerebbe questo fondo dall’Invimit creata dal Tesoro e operativa dall’ottobre scorso? Il fondo opererebbe a valle di un piano composto da una mappatura degli immobili di valore ma soprattutto dall’emanazione di leggi che snelliscano le procedure per conferire all’immobile una determinata destinazione d’uso, e magari mettano nelle mani di un commissario il potere di accelerare tutti gli iter burocratici che ostacolino la valorizzazione del bene. Insomma un regime speciale per un pacchetto di immobili che non dovrebbe così aspettare quella valorizzazione che oggi spesso richiede anni. Questi beni, immediatamente portati a un maggiore valore, finirebbero in un fondo che emetterebbe titoli acquistabili da «investitori istituzionali, fondi sovrani ma anche dal cosiddetto Bot people», con l’effetto di abbattere il debito subito di 200-300 miliardi. «La differenza tra svendere e valorizzare sta in tre parole — sintetizza Carrai —: efficienza, fantasia e volontà». «Fantasia finanziaria» che, spiega lo stesso, «produce problemi quali i derivati che hanno affossato i bilanci comunali solo se utilizzata da apprendisti improvvisati stregoni».
Come si è detto, per ora il governo Renzi si sta muovendo in un modo diverso, in linea con la strategia scelta dal governo Monti (e poi Letta), quando il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, gelò gli entusiasmi dichiarando che dalla vendita degli immobili non si sarebbe potuto trarre «più di 15-20 miliardi l’anno, pari all’1% del Pil», ben poco rispetto a un patrimonio di 400 miliardi di immobili.
Il fondo dei fondi c’è, l’Invimit, che gestisce direttamente, o anche attraverso altre Sgr (anche private), una serie di fondi immobiliari nei quali lo Stato, o anche le Regioni e gli enti locali, riversano pezzi del loro patrimonio perché venga o valorizzato oppure ceduto. La Sgr, oltre a gestire direttamente questi fondi, deve trovare sul mercato soggetti privati disponibili a investirvi, non solo italiani: casse di previdenza private, compagnie di assicurazioni ma anche investitori finanziari esteri. Il piano originario prevede che entro il 2017 i fondi collegati alla Invimit arrivino a contenere immobili pubblici per circa 6 miliardi. Certo, altri esperimenti simili non hanno funzionato: basti pensare alla Patrimonio spa, creata nel 2002 dal Tesoro e affidata a Massimo Ponzellini, chiusa nel 2011. E allora? Il governo Renzi, abituato a cambiare verso, potrebbe anche decidere di cambiare strategia. Le idee non mancano: quella del sottosegretario Graziano Delrio, ad esempio, è usare gli immobili a garanzia dell’emissione di eurobond.
Antonella Baccaro



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