Immigrati visti come un costo da un elettore dem su due

by redazione | 14 Luglio 2014 9:33

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Il problema dell’immigrazione è un tema particolarmente sentito, come sempre negli ultimi anni, quando d’estate gli sbarchi aumentano e la percezione della presenza di immigrati sul nostro territorio cresce più che proporzionalmente. E tanto più succede in questi mesi così drammatici e travagliati.
Gli stranieri regolari residenti in Italia sono circa 4.377.000 (dati Istat al gennaio 2013) e rappresentano poco più del 7% della popolazione che vive stabilmente nel nostro paese. Ma gli italiani intervistati pensano che gli immigrati regolari, escludendo i clandestini, siano molti di più. Solo il 4% infatti stima che la loro incidenza sulla popolazione sia inferiore alla media (il 4% o meno), l’8% (sempre una percentuale davvero bassa) stima un valore molto vicino a quello reale (tra il 5 e l’8%), la grandissima maggioranza (69%) invece pensa che siano di più, addirittura quasi un quarto pensa che gli immigrati regolari siano almeno la metà della popolazione residente. Questa sovrastima sembra una costante nella percezione degli italiani e tende a crescere: la stessa domanda fatta più di nove anni fa dava una percentuale del 61% di chi stimava la presenza degli immigrati superiore alla realtà. Oggi questa percentuale, come abbiamo visto, è del 69%. Il dato è piuttosto trasversale, anche se una percezione un po’ più alta del fenomeno si riscontra tra gli elettori del Movimento 5 Stelle, tra i ceti medi e i lavoratori autonomi, nei piccoli centri.
Una presenza così massiccia di immigrati è vissuta come un costo da quasi il 70% degli italiani, tra tutti i segmenti sociali, esclusi gli studenti, e tra tutti gli elettori, compresi quelli del Pd (58%). Le spese che il nostro paese deve sopportare per il controllo dell’immigrazione clandestina, l’accoglienza dei migranti, l’assistenza pubblica e l’integrazione superano di gran lunga i vantaggi che ne riceviamo in termini di versamenti di tasse e contributi. Anche in questo caso sembra evidente che questa percezione è influenzata dal recente, ed acceso, dibattito sui costi dell’operazione Mare nostrum. Si tratta indubbiamente di un impegno pesante per il nostro paese, stimato in circa 9 milioni al mese, poco più di 100 milioni l’anno. Ma se sull’altro piatto della bilancia mettiamo l’Irpef versata dai contribuenti stranieri (nel 2013 poco più del 7% del totale dei contribuenti) che complessivamente versano al nostro stato più di 6 miliardi e 500 milioni (ricaviamo questi dati dal Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione – edizione 2013 della Fondazione Leone Moressa, pubblicato da Il Mulino), le cose cambiano. Tuttavia, l’idea che oramai la contribuzione degli immigrati al nostro sistema sociale sia così rilevante è davvero poco diffusa: solamente un italiano su quattro ritiene che, pur con queste ingenti spese, il saldo sia positivo.
L’altro tema ineludibile a questo proposito è relativo al ruolo dell’Europa. La maggioranza assoluta (56%) pensa che l’Europa abbia scaricato sull’Italia il peso del problema. Ma una robusta minoranza (il 36%) pensa che le colpe siano soprattutto dell’Italia, che non riesce ad organizzarsi e che scarica sull’Unione questa incapacità. Queste posizioni hanno una più marcata accentuazione politica, anche perché pertengono all’operato del governo. Non a caso gli elettori della compagine governativa (Pd e centristi) sono convinti per oltre il 60% che le responsabilità ricadano innanzitutto sull’Europa, mentre il contrario avviene fra gli elettori dei partiti dell’opposizione che, per il 50% o poco più scaricano le colpe sul nostro paese.
Comunque sia, emerge con evidenza un pesante problema di informazione. Se il tema dell’immigrazione difficilmente potrà sottrarsi all’emergenza che lo caratterizza, una maggiore conoscenza dell’effettiva realtà dell’immigrazione regolare e del suo contributo al funzionamento del nostro paese può essere utile a favorire un dibattito meno drammatizzante.

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