« Così solleveremo la Concordia » Oggi il via al rigalleggiamento

by redazione | 14 Luglio 2014 10:15

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ISOLA DEL GIGLIO (Grosseto) — Al fondo della sala c’è uno spazio bianco. Nell’atrio della scuola media Raniero Maltini, incorniciati da un foglio di cartone rosso, sono esposti i disegni che raffigurano luoghi e cose che rendono famosa l’isola. La Chiesona, il castello, la torre del Saraceno e quella del Campese. Fino a sabato la casella mancante alla parete era il posto della Costa Concordia, non più ritratta come un animale spiaggiato, inclinato su se stesso, ma come un gigantesco cantiere, circondato da impalcature metalliche e sormontato da una gru che svettava 30 metri oltre la sommità della nave più celebre del mondo.
Adesso che la sala è diventata il punto d’incontro dei giornalisti arrivati ancora una volta da tutto il mondo ad ascoltare i rapporti giornalieri degli uomini incaricati di far diventare realtà quell’assenza, quella sparizione su carta dettata da ragioni di scaramanzia e opportunità, al Giglio si scopre che infine ci si abitua a tutto. Manca poco, al massimo una settimana a Dio piacendo. E poi non ci sarà più per davvero. Niente più cartoline, nulla. Il ritorno a una normalità anche di paesaggio della quale gli abitanti si erano ormai scordati, abituati com’erano a conviverci, con quella carcassa enorme, con il ricordo di quella notte dove morirono 32 persone. «L’importante è che una volta via l’ospite importante non ci si scordi di noi, perché qui ci sarebbe anche da risistemare i fondali» dice Sergio Ortelli, il sindaco eletto di recente, portatore sano della pazienza tipica dei locali.
L’operazione di rigalleggiamento, altrimenti detta refloating , non porta con sé lo stesso respiro da epopea che ebbero le giornate del settembre 2013 quando la nave venne finalmente raddrizzata e in qualche modo, magari ingenuo però sincero, fu come se fosse stata raddrizzata anche una vergogna collettiva. La faccia di Nick Sloane non porta traccia della tensione e della frenesia che aveva alla vigilia di quelle giornate. L’ingegnere sudafricano divenuto simbolo della parte virtuosa di questa storia appare persino disteso, scherza con gli amici gigliesi sul lungo porto, prende appuntamento per la cena di questa sera. Racconta con tono sornione delle manovre di alleggerimento dello scafo adagiato sulla piattaforma subacquea, già cominciate sotto al nostro naso, con il carico iniziale di 30.000 tonnellate passato intorno alle 5.000. Si comincia questa mattina, con uno spostamento della Concordia di circa trenta metri che sarà il primo tratto del viaggio verso Genova, la sua ultima tappa. La nave si solleverà di un paio di metri, giusto per scivolare via dall’armatura che la tiene ferma dai tempi del raddrizzamento. Nei giorni seguenti verranno fissate catene e cavi per renderla stabile, tra venerdì e sabato i trenta cassoni che la tengono in equilibrio, grandi come palazzi tra i sette e gli undici piani, verranno svuotati dell’acqua che contengono. La nave salirà ancora di più in superficie, emergeranno altri tre ponti, quattordici metri. E allora, solo allora, da qualche parte tra sabato e lunedì della prossima settimana, prenderà il largo, una volta per tutte.
«Ieri erano 31 mesi dal naufragio — dice Sloan —. È ora di portarla via». «Abbiamo buone chances di farcela» aggiunge Michael Thamm, amministratore delegato di Costa Crociere, uno di quelli che rischia di più, perché è lui ad aver deciso di optare per Genova al posto di Piombino con i conseguenti quattro giorni di navigazione in mare aperto che attendono il relitto. I tecnici vanno anche oltre, parlano di «ragionevole certezza», mentre un Ortelli in vena di metafore ciclistiche paragona questa fase a una volata finale dopo il gran premio della montagna superato nell’autunno del 2013. Eppure la procedura appena elencata non assomiglia a una passeggiata di salute, e sono tanti quelli che sperano in un fallimento pregustando il classico «io l’avevo detto». Franco Gabrielli annusa l’aria e ricorre al suo istinto politico. «No a facili entusiasmi. Non è ancora finita, e non si tratta certo di una formalità». Il capo della Protezione civile fa sfoggio anche di sincerità indicando una persona seduta in prima fila. «Quello che decide e paga per tutto questo». È l’avvocato finanziario della Costa, che ci mette i soldi, tanti, alla fine sarà un miliardo di euro, quasi una manovra correttiva, per levarsi di torno e di dosso quella nave, il più presto possibile. All’alba si comincia. Con un ottimismo diffuso, e la sottile inquietudine che separa sempre la teoria dalla pratica.
Marco Imarisio

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