Compromesso sul nuovo Senato Si sblocca la riforma, in Aula lunedì
ROMA — Governo, missione compiuta. Con qualche affanno, però, e più di un vistoso buco da sanare nel testo della riforma del Senato e del Titolo V (Federalismo) che lunedì alle 11 arriva in aula per l’ultimo miglio del primo dei 4 tempi previsti dalla procedura di revisione costituzionale. La I commissione presieduta da Anna Finocchiaro (Pd) ha dato il via libera al testo, in parte riveduto e corretto fino all’ultimo minuto, dopo ore di tribolazione in cui il correlatore Roberto Calderoli (Lega) e Gaetano Quagliariello (Ncd) si erano messi di traverso rispetto all’asse Pd-FI che aveva inserito, nella Carta, una norma elettorale indirizzata al bipartitismo spinto.
Del caos scoppiato nella maggioranza hanno approfittato Sel e Cinquestelle iniziando a fare seriamente opposizione in commissione per tutta la giornata finché, in serata, un nuovo vertice con il ministro Maria Elena Boschi (presenti Zanda del Pd, Romani di FI, Calderoli della Lega e Quagliariello del Ncd) ha dato il via all’accordo che ha sbloccato l’impasse.
Il nodo da sciogliere (che in realtà è stato solo allentato in vista dell’aula) riguarda il sistema di elezione indiretta dei futuri senatori che verranno votati dai consiglieri regionali con listini bloccati predisposti dai partiti. La grana l’ha fatta scoppiare il correlatore Calderoli: proprio lui si è messo di traverso rispetto a un emendamento della relatrice Finocchiaro che, d’intesa con governo e Forza Italia, aveva spartito i seggi senatoriali spettanti ai partiti in ogni regione con «sistema proporzionale, tenuto conto», però, «della composizione di ciascun consiglio regionale». Questo principio inserito in Costituzione avrebbe significato premiare, in termini di seggi senatoriali, solo il primo partito della maggioranza e il primo dell’opposizione. Pd e FI, appunto. Per cui Lega e Ncd hanno alzato gli scudi, chiedendo che il principio elettorale scolpito nella Costituzione fosse uno solo: un metodo proporzionale per assegnare i seggi del Senato. Punto. E così è andata, almeno in parte. Con legge ordinaria, dunque, si provvederà a stabilire che i seggi saranno attribuiti «in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun Consiglio». Sembra questione di lana caprina ma così non è, insiste Calderoli, perché «questo può significare molti seggi senatoriali in più o in meno legati al premio di maggioranza che c’è nelle leggi elettorali regionali».
Risolto, con un compromesso, il nodo della proporzionalità (in mattinata, davanti a un caffè, il capogruppo azzurro Romani aveva detto che mai e poi mai sarebbe cambiato quel testo), maggioranza e FI hanno deciso di rinviare all’aula il problema del listino bloccato. Dell’«Iper porcellum», come lo definisce il senatore di Brescia Paolo Corsini (Pd): lui ha protestato in aula contro la sua maggioranza che lo ha definito «gufo, sabotatore, rosicone, professorone…». Dunque, l’«Iper porcellum» prevede che, quando si tratterà di eleggere il Senato, ogni consigliere regionale potrà votare per un listino (un sindaco più altri consiglieri regionali scelti dai vertici del partito). E questo, aggiunge Corsini, significa che «i candidati sono bloccati in partenza dal capogruppo». Questa parte del testo, comunque, si riferisce solo alla «prima applicazione» della riforma mentre a regime interverrà la legge ordinaria.
C’è poi un altro problema non risolto sull’elezione indiretta dei senatori. Che saranno 100, di cui 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 di nomina presidenziale. Bene, i 21 sindaci eletti (uno per regione, più Trento e Bolzano) in che misura saranno di maggioranza o di opposizione? La riforma prevede che sarà il primo partito in ogni regione a scegliere se mandare al Senato un sindaco o un consigliere regionale. Ma cosa succede se anche il secondo partito, in presenza di un terzo che ha ottenuto seggi, non opta per il sindaco? Sul punto, conferma il sottosegretario Luciano Pizzetti, bisognerà prevedere una norma di chiusura.
Quando mancano meno di tre giorni alla prova dell’aula, Pd, Ncd e FI esultano: «importante passo in avanti per il Paese» (Guerini e Serracchiani, segretario e vicesegretario del partito); «tappa importante» (Doris Lo Moro, Pd); «noi siamo gente che rispetta i patti» (Romani, FI); «ok commissione, è un importante traguardo» (Zanda, Pd). Ma c’è anche Quagliariello, Ncd: «Ora i consiglieri regionali potranno veramente scegliere». Vannino Chiti, che guida l’ala critica del Pd: «Pasticciaccio immondo con la diserzione di gran parte dei costituzionalisti». Previsione della presidente Finocchiaro: «Sì dell’aula prima della pausa estiva».
Dino Martirano
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