Arriva lo “Sblocca Italia” permessi edilizi più facili e grandi opere accelerate fuori le imprese in ritardo
ROMA . Conto alla rovescia per il decreto sbocca-Italia che dovrebbe vedere la luce, secondo le indicazioni giunte ripetutamente dal governo, questa settimana, probabilmente venerdì. In prima linea l’abbattimento delle barriere burocratiche alla realizzazione delle grandi opere, spesso incagliate, per ricorsi al Tar, ritardi nel via libera relativi all’impatto ambientale o inadempienze dei concessionari. In tutto, come annunciato dal premier Matteo Renzi, 43 miliardi «già conteggiati» ai quali si potrebbero aggiungere risorse fresche ogni anno per circa 4,5 miliardi per le grandi opere e altri 3,7 (ma in 6 anni) per la miriade di piccoli cantieri.
DEREGULATION PER LE LICENZE PRIVATE
La sorpresa dell’ultima ora riguarda tuttavia l’edilizia privata dove si annuncerebbe una deregulation che ha già fatto storcere il naso alle associazioni ambientaliste. Secondo una bozza del testo, anticipata ieri dall’Adnkronos, si andrebbe incontro a una piccola rivoluzione sul rilascio delle concessioni edilizie: fino ad oggi si deve infatti presentare al Comune una regolare domanda di licenza per dar corso ai lavori di edificazione. Con la riforma ci si potrà rivolgere direttamente allo sportello unico, muniti di una autocertificazione con le caratteristiche essenziali del progetto, realizzata da uno studio professionale, che testimonia il rispetto del piano regolatore e delle altre norme urbanistiche. A quel punto lo sportello unico avrebbe trenta giorni di tempo per rispondere, nel caso contrario si potrebbe procedere ai lavori. La norma sulla deregulation delle licenze di costruzione sarebbe stata inserita a sorpresa — il governo parla di bozze ancora in discussione — in base ad uno stralcio dell’articolo 20 della riforma urbanistica presentata nei giorni scorsi dal ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi.
LE GRANDI OPERE
Tornando al pacchetto che riguarda invece i lavori pubblici, la lista delle grandi opere sulla quali il governo è chiamato a scegliere i progetti da sbloccare, comprende circa 300 cantieri. In prima linea c’è l’alta velocità Napoli-Bari (che dovrebbe munirsi di un commissario ad hoc) e la tratta ferroviaria Brescia-Padova. Sul tavolo ci sono anche le infrastrutture indicate nel 2013 nel decreto «del fare» del governo Letta: il potenziamento della ferrovia Novara-
Malpensa, la rimozione dei passaggi a livello sull’Adriatica nel tratto Foggia-Lecce e la terza corsia autostradale in Friuli.
LA RIFORMA DEI PORTI
Nell’ambito del provvedimento è previsto anche un intervento di razionalizzazione delle autorità portuali: attualmente sono 23 e scenderebbero a quota 15. Inoltre le autorità che includono due o più scali saranno tenute a avere una unica sede nel porto più importante mentre negli scali minori rimarrà solo un direttore generale che gestirà le risorse finanziarie, coordinerà le risorse umane e curerà l’attuazione delle direttive del presidente.
IL NODO DEL BRENNERO
Secondo, la bozza diffusa ieri, nella lunga lista ci sarebbero anche i valichi ferroviari del Frejus, del Sempione e del Brennero. Una possibilità per alleviare i costi, sponsorizzata soprattutto dal ministro per le Infrastrutture Lupi, riguarderebbe il finanziamento di opere come il traforo ferroviario del Brennero sulle quali c’è una pressione europea: per questi grandi lavori si starebbe valutando di chiedere a Bruxelles – anche i margini in questa direzione sono assai limitati – una flessibilità del rapporto deficit-Pil scomputando la spesa per investimenti.
Un capitolo a parte è quello dei termovalorizzatori, cui Renzi nei giorni scorsi ha fatto esplicito riferimento: un terreno minato per i vari movimenti «anti» presenti sul territorio: il Forum Nimby ha calcolato nei giorni scorsi che ben 22 di queste opere sono soggette all’azione di contestazione di comitati civici di varia natura.
I LAVORI SEGNALATI DAI SINDACI
Nel pacchetto potrebbero figu-
rare anche alcune opere segnalate dalle amministrazioni locali, che sono state sollecitate da Renzi nel giugno scorso ad indicare via mail i cantieri bloccati sul proprio territorio. Molte le richieste che si sono affastellate sui tavoli e nei tablet di Palazzo Chigi. Tra queste starebbero prendendo quota la Metro C a Roma, il Teatro Margherita a Bari e la metanizzazione di alcuni quartieri di Catania.
A questa lista degli enti locali si aggiungerebbe il monitoraggio dello stato dell’arte delle opere pubbliche effettuato dalle Regioni (all’appello manca solo la Calabria): si tratta di un altro elenco di oltre 600 cantieri, la maggior parte già avviati e che attendono la spinta decisiva.
I RITARDATARI PERDONO LA CONCESSIONE
Come agire sulla burocrazia? Per ora si parla di un intervento sui ricorsi al Tar e di velocizzazione della valutazione di impatto ambientale, ma le misure sono da definire. Quello che sembra certo è che si interverrà con una norma che costringerà strutturalmente a velocizzare i lavori per i quali si è ottenuta una concessione: infatti nel caso in cui chi ha ottenuto una concessione per un’opera pubblica, nel giro di tre anni non sia riuscito a realizzare un progetto talmente avanzato da ottenere i relativi finanziamenti bancari, si provvederà alla revoca della concessione. Che sarà oggetto a questo punto di una nuova gara e assegnata ad un’altra azienda.
Nel pacchetto anche semplificazioni, incentivi e sgravi fiscali per rilanciare gli investimenti privati. Allo studio ci sono strumenti finanziari innovativi volti a produrre un effetto leva su capitali privati attraverso le risorse pubbliche, come i project bond e il parternariato pubblico-privato.
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