Uva, il pm riduce le accuse

by redazione | 10 Giugno 2014 9:47

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È un ini­zio amaro per il pro­cesso Uva. La prima udienza davanti al gup di Varese fini­sce con il pro­cu­ra­tore Felice Isnardi che chiede il pro­scio­gli­mento dalle accuse di omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale e arre­sto ille­gale dei sette uomini in divisa (un cara­bi­niere e sei poli­ziotti) impu­tati per la morte di Giu­seppe Uva, avve­nuta il 14 giu­gno del 2008 dopo che l’uomo era stato arre­stato e por­tato in caserma.

L’accusa ha chie­sto il rin­vio a giu­di­zio solo per l’abuso di auto­rità, un reato che, secondo le parole dello stesso pm, «non ha alcuna atti­nenza con l’evento morte».

Parole che hanno lasciato parec­chio per­plessi i fami­liari di Giu­seppe Uva. «Siamo deci­sa­mente sor­presi – dice l’avvocato Fabio Anselmo –, non si rie­sce a capire per­ché l’abuso di potere è stato con­te­stato e tutto il resto, che è comun­que atti­nente, no. Una deci­sione del genere non se l’aspettavano nem­meno gli impu­tati, ma si tratta delle richie­ste della pro­cura, noi con­fi­diamo nella deci­sione del giu­dice». Il pros­simo appun­ta­mento in aula è fis­sato per il 30 giu­gno. Il tri­bu­nale, intanto, ha deciso di accet­tare i sette nipoti di Uva come parti civili, men­tre ha respinto la stessa richie­sta avan­zata dall’associazione «A Buon Diritto», pre­sie­duta dal sena­tore del Pd Luigi Man­coni. Intanto, la set­ti­mana pros­sima sarà Lucia Uva a doversi pre­sen­tare davanti al giu­dice per il pro­cesso che la vede impu­tata per dif­fa­ma­zione nei con­fronti gli agenti.
L’intreccio giu­di­zia­rio, a que­sto punto, si fa com­pli­cato: uno dei cara­bi­nieri ha chie­sto di essere pro­ces­sato con rito imme­diato (dun­que, dovrà rispon­dere di tutti i reati pre­senti nell’imputazione coatta for­mu­lata qual­che mese fa dal gip Giu­seppe Bat­ta­rino), men­tre gli altri sette aspet­tano e spe­rano: l’abuso di auto­rità rimane un reato meno grave dell’omicidio pre­te­rin­ten­zio­nale. È un bel pastic­cio pro­ce­du­rale; per lo stesso fatto rischiano di esserci due pro­cessi diversi, con dif­fe­renti capi d’imputazione.
Poi, il pm Isnardi è lo stesso che, tre set­ti­mane fa, decise di ammet­tere come testi­mone la donna che alla tra­smis­sione “Chi l’ha visto” sostenne che Uva fosse stato pic­chiato anche in ospe­dale. Tra le ipo­tesi più accre­di­tate, allo stato attuale delle cose, c’è che l’accusa abbia scelto di con­te­stare un reato per il quale ha mag­giori pos­si­bi­lità di arri­vare a una con­danna. Un discorso che almeno dal punto di vista della stra­te­gia pro­ces­suale ha una sua logica, ma che tut­ta­via lascia senza rispo­sta la domanda fon­da­men­tale: come si spiega allora «l’evento morte» di Giu­seppe Uva?
Nell’aprile del 2012 arrivò a sen­tenza il pro­cesso nel quale l’accusa ipo­tiz­zava il decesso per un incre­di­bile caso di mala­sa­nità, tal­mente incre­di­bile che il medico Carlo Fra­ti­celli venne assolto per­ché «il fatto non sus­si­ste», con il giu­dice Ora­zio Muscato che ordinò alla pro­cura di inda­gare su quanto suc­cesso nella caserma dei cara­bi­nieri di via Saffi. I pm Ago­stino Abate e Sara Arduini, dal canto loro, per due volte nel giro dell’anno suc­ces­sivo arri­va­rono a chie­dere l’archiviazione per le posi­zioni degli agenti, e alla fine il gip Bat­ta­rino ci pensò da sé a for­mu­lare una richie­sta di impu­ta­zione coatta per i reati di omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale, arre­sto ille­gale e abban­dono d’incapace. Così, Abate e Arduini furono sosti­tuiti da Isnardi, il Csm aprì un’inchiesta sulle moda­lità delle inda­gini con­dotte fino a quel punto, e tutto lasciava pre­sa­gire che, final­mente, sarebbe comin­ciato un pro­cesso vero che avrebbe fatto luce su quello che è acca­duto durante l’ultima notte di Uva.
Adesso, ogni cosa sem­bra tor­nata al punto di par­tenza: il caso resta un’odissea giu­di­zia­ria e la verità con­ti­nua ad allon­ta­narsi.
Sono pas­sati sei anni ormai dalla morte del 42enne arti­giano, e la pre­scri­zione appare ormai die­tro l’angolo. Con l’accusa di omi­ci­dio pre­te­rin­ten­zio­nale, la ex Cirielli avrebbe allun­gato di almeno un anno il pro­cesso: un mar­gine che sarebbe comun­que stret­tis­simo per attra­ver­sare tre gradi di giu­di­zio, ma adesso il rischio è che non si riu­scirà a con­clu­dere il primo pro­cesso. Tutto è nelle mani del gup di Varese, sarà lui che dovrà deci­dere se nasce o se muore il pro­cesso Uva.

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