Statali, via alla mobilità entro 50 chilometri ecco la riforma della Pa
ROMA . Spariscono i prepensionamenti; si dimezzano i chilometri entro i quali sarà prevista la mobilità obbligatoria; aumenta – negli enti pubblici – il numero di dirigenti «fiduciari», ovvero nominati per specifiche competenze al di fuori dei concorsi. Ecco le ultime novità sulla riforma della Pubblica amministrazione che oggi il governo si appresta a varare attraverso un decreto legge (che conterrà tutte le norme destinate a produrre risparmi) e un disegno di legge delega (che riunirà tutti gli interventi di programmazione).
Rispetto alle bozze circolate nei giorni scorsi Marianna Madia, ministro della Pubblica Amministrazione, ha apportato diverse correzioni: la principale riguarda i prepensionamenti. L’idea originale del governo era infatti quella di favorire il ricambio generazionale nel settore pubblico mandando gli «eventuali lavoratori in esubero» in prepensionamento per un massimo di due anni. Questa norma, nell’ultima bozza del decreto, è sparita – la stessa Madia l’ha confermato ai sindacati ieri convocati – anche perché creava una disparità con il settore privato. «Per noi vengono prima gli esodati » ha dichiarato, a conferma, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Ma c’è un’importante novità anche riguardo alla mobilità obbligatoria: i dipendenti pubblici potranno essere spostati senza il loro consenso nel raggio non più di 100, ma di 50 chilometri, come già avviene nel settore privato. La differenza, commentano i sindacati, è che a differenza del settore privato qui la mobilità non sarà materia di contrattazione, ma norma di legge e la cosa non piace affatto a Cgil, Cisl e Uil. Cambiamenti in vista per i nuovi ingressi: aumenterebbe il numero dei dirigenti che un ente locale può nominare sulla fiducia, senza passare attraverso un concorso pubblico: dall’attuale 10 per cento si passerebbe al 30. Sempre per i dirigenti – ma questa volta in pensione – l’obbligo di non ricevere incarichi una volta usciti dal mondo del lavoro risulterebbe esteso anche alle società partecipate. Confermato il dimezzamento dei permessi sindacali e l’abolizione del trattenimento in servizio, prevista per favorire la «staffetta generazionale» (termine che nei due testi non risulterebbe usato). Gli statali che avranno raggiunto l’età pensionabile non potranno più continuare a lavorare, come oggi previsto, per altri 2 anni (5 per i magistrati): secondo i calcoli del governo tale misura dovrebbe liberare 10-15 mila posti da riservare ai giovani. Ma la norma, che scatterebbe a fine ottobre, creerebbe pericolosi vuoti in magistratura, in particolare nella Corte di Cassazione dove quasi il 45 per cento dell’organico ha un’età compresa fra i 70 e i 75 anni. La carenza sarebbe «non sopportabile» e causerebbe «gravissimo pregiudizio alla ragione stessa di esistenza della Corte» sottolinea il suo presidente Giorgio Santacroce. In realtà sembrerebbe che l’ultima bozza del decreto già preveda una deroga per i magistrati con incarichi direttivi.
Le novità principali della legge delega, titolata “Repubblica semplice”, dovrebbero invece riguardare i dirigenti, cui sarà posto un tetto massimo sui bonus (dal 20 si passerebbe al 15 per cento), ma il compenso dipenderà anche dall’andamento del Pil. Il loro incarico sarà a termine: 3 anni con possibilità di rinnovo, ma se resteranno senza incarico saranno messi in mobilità e in seguito licenziati. Un capitolo corposo riguarda la conciliazione fra tempi della vita e del lavoro: ci saranno voucher per baby sitter e badanti, convenzioni con i nidi, orari elastici e telelavoro.
Per il ministro Madia questa è «una rivoluzione» impiantata su tre pilastri: «Organizzazione, innovazione, persone». Ai sindacati, dopo aver confermato che non ci saranno esuberi, ha detto: «Mi aspetto un vostro impegno attivo, contro le resistenze al cambiamento: abbiamo l’opportunità di riformare tutta la Pubblica amministrazione, anche il sindacato deve fare la sua parte. Non siate conservatori e rappresentanti del potere che blocca il cambiamento, ma partecipi delle riforme in atto». Quanto ai tagli ai permessi sindacali «si tratta della risposta che ci chiedono i cittadini». Ma l’impianto della riforma non convince i rappresentanti dei lavoratori: niente entusiasmi per «proposte deludenti e prive di disegno organico». Precisano che aspetteranno di conoscere i testi definiti, ma il rischio sciopero resta.
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