by redazione | 9 Giugno 2014 9:18
ROMA . Ormai ha deciso di andare in Europa ed è il momento, per Barbara Spinelli, di ragionare pacatamente su quel che è successo, su quell’incendio divampato dentro l’Assemblea dei Comitati territoriali della Lista Tsipras, sulle accuse di «unilateralismo» che ha ricevuto per la decisione di accettare, su pressione dello stesso Tsipras, il ruolo di europarlamentare, sulla rabbia di Sel che perde il suo “ambasciatore” a Strasburgo. Ore difficili per chi non è abituato alla durezza dello scontro politico. Ma Spinelli spera che la tormenta passi: «Vado in Europa in rappresentanza di tutti e spero di essere all’altezza. Se Sel pensa di aver perso quello che ritiene essere il “suo” candidato (Marco Furfaro, collegio Centro, ndr) è segno che c’è ancora strada da fare, che la Lista Tsipras deve perfezionarsi. Il candidato arrivato dopo di me al Centro, collegio che ho scelto perché sono di Roma, non era candidato di Sel, ma della Lista; tale dovrebbe essere considerato dal suo partito».
Barbara Spinelli, partenza tormentata.
«Sì, tormentata. Inizialmente non intendevo andare in Europa, ma sono rimasta sorpresa dal numero di preferenze che ho preso e dalle forti spinte ad accettare il mandato».
Con che spirito affronta il suo primo incarico istituzionale?
«Con una grande speranza e la volontà di contribuire al cambiamento radicale dell’Europa, delle sue politiche. Urge un forte segno di discontinuità».
I due partiti che hanno appoggiato la Lista, Sel e Rifondazione, sembrano in difficoltà. L’affermazione di Tsipras li fa diventare di colpo vecchi contenitori?
«Questo era — ed è ancora — il progetto: costruire un’aggregazione di sinistra più ampia, che includa le espressioni della società civile e i partiti che si riconoscono nel progetto. Certo non è un obiettivo che si realizzi subito, produce scossoni, tormenti».
Sel, orfana del suo candidato, ha avuto un rigurgito identitario.
«Perché lo considera il “suo” candidato e non della Lista. Sel sta vivendo una profonda crisi. Non sa decidersi tra Tsipras e Schulz ma questo è un problema di Sel. Gli assestamenti, dolorosi, sono fisiologici. Ci vogliono saggezza e comprensione reciproca».
Il risentimento nei suoi confronti in queste ore è forte.
«Mi si accusa di essermi chiusa in una torre d’avorio, a Parigi, di aver deciso da sola. Di aver scelto fra Centro e Sud trattando i candidati arrivati dopo di me “come carne da macello”, così scrive Furfaro. È falso e ingiusto. Tra il voto e la decisione finale non c’è stato il vuoto ma
un pieno: di contatti, di negoziati dei garanti con i partiti che esprimevano le candidature. Fallite le trattative, qualcuno doveva pur decidere. Su invito dei garanti l’ho fatto io».
Tsipras la vuole vicepresidente del Parlamento Europeo. Il cognome Spinelli è un valore aggiunto anche nei rapporti con il Pse. I suoi rapporti con Schulz?
«Non ho rapporti personali. La mia linea non è ostile al gruppo socialista ma alternativa alle politiche da esso fin qui sottoscritte. Se i socialisti smettono di inseguire le larghe intese, responsabili dell’austerità, se marcano una discontinuità, il dialogo sarà interessante ».
Altri dialoghi interessanti in Europa?
«Con i Verdi».
Lei ha sempre detto che c’erano dei punti
di contatto anche tra la Lista Tsipras e 5Stelle. Adesso corteggiano Farage.
«Farrage è nazionalista, xenofobo, nuclearista. Cose lontane anni luce dai sette punti di Grillo sull’Europa. Vedremo se i suoi deputati accetteranno il diktat. I sette punti sono ancora là».
Non la spaventa questo nuovo lavoro?
«Si, provo spavento e spero soprattutto di essere all’altezza. Il passaggio dall’osservazione all’azione non è poca cosa. Ma continuerò a scrivere».
La politica è un mestiere duro.
«Anche la scrittura a volte lo è».
C’è un vento populista in Europa che fa paura.
«Più che impaurente lo trovo uno stimolo, per i veri europeisti. Inquietante è che vengano definiti populisti, in blocco, tutti gli elettori che rifiutano le attuali politiche europee. Non si può pensare che esistano da una parte i filo-europei, peraltro responsabili della crisi, e dall’altra una massa di antieuropeisti. L’Europa nasce solo se c’è un agorà con spazio per conflitti e alternative. L’Europa solidale e federale che immagino non la fanno solo i governi. Nasce dalla base e dovrà avere una Costituzione il cui incipit sia: “Noi, cittadini d’Europa” ».
I primi tre punti dell’agenda Spinelli?
«Appoggio a un New Deal per l’occupazione; lotta contro l’intollerabile segretezza delle trattative di partenariato commerciale tra Usa ed Europa; conferenza sul debito che preveda condoni per i Paesi in difficoltà».
Andando in Europa sente il peso di chiamarsi Spinelli, figlia di Altiero?
«Mio padre scrisse il Manifesto di Ventotene dentro una guerra che divideva l’Europa. La crisi di oggi è una specie di guerra, anche se non armata. E come allora, serve una “rivoluzione europeista”».
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