Chi Rom … e chi no: alla ribalta in cucina e in teatro

by redazione | 14 Giugno 2014 17:33

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Si può cam­mi­nare a piedi, si può viag­giare con la mente. C’è chi fa della fatica fisica il pro­prio per­corso e chi il tempo lento lo gusta attra­verso le pagine di un libro. E poi c’è chi cam­mina in cucina. Mesco­lando i sapori, facendo incon­trare i gusti, andan­doli a pescare in cul­ture solo appa­ren­te­mente lon­tane. A Scam­pia l’incontro in cucina è da anni lo stru­mento per evi­tare l’esclusione sociale, per cam­mi­nare fianco a fianco, pren­den­dosi il tempo neces­sa­rio, annul­lando la fretta e scon­fig­gendo così le tante forme di discri­mi­na­zione, spesso sot­tili, ma sem­pre distrut­tive. A por­tare avanti il pro­getto è l’associazione di pro­mo­zione sociale «Chi rom … e chi no», nata nel 2002 nel quar­tiere napo­le­tano di Scampia.

Negli anni ha con­so­li­dato pra­ti­che anti­di­scri­mi­na­to­rie basan­dole sulle azioni par­te­ci­pate che favo­ri­scano la con­vi­venza, lo scam­bio e il con­fronto tra la comu­nità rom e quella ita­liana. Il tutto in una zona della città spesso rac­con­tata dalla stampa per le vio­lenze, la mise­ria e l’attività per­va­siva della camorra. Nell’immaginario di «Chi rom…e chi no», però, la peri­fe­ria viene tra­sfor­mata in uno spa­zio di con­di­vi­sione e spe­ri­men­ta­zione che in que­sti dodici anni ha por­tato ad un cam­mino con­creto verso l’emancipazione indi­vi­duale e col­let­tiva. «Il nostro è un cam­mino di senso, inteso come per­corso di cit­ta­di­nanza den­tro la comu­nità rom e quella ita­liana a Scam­pia, in par­ti­co­lare, ma poi in tutta la città di Napoli – spiega Bar­bara Pierro, avvo­cato e fon­da­trice di «Chi rom … e chi no» – Con len­tezza del cam­mino noi inten­diamo l’assecondare quelli che sono i tempi della rela­zione, i tempi di vita per­so­nale e di comu­nità, creando occa­sioni di incon­tro e legami forti all’interno del ter­ri­to­rio e lavo­rando sia sulle neces­sità che sui desi­deri. Il per­corso di eman­ci­pa­zione che nasce modi­fica il ter­ri­to­rio con len­tezza ma anche con grande visibilità.

Uno dei nostri più grandi suc­cessi è il tea­tro di peda­go­gia, al suo nono anno, e che coin­volge oltre cento ragazzi dalla peri­fe­ria al cen­tro città. E poi «La Kum­pa­nia», che mette insieme donne rom e ita­liane intorno ad una pas­sione comune e ad una comune abi­lità, la cucina». E infatti, il punto di forza del mel­ting pot di Scam­pia sono le donne. A mixarne pas­sioni, neces­sità e desi­deri è il pro­getto «La Kum­pa­nia – Per­corsi Gastro­ni­mici Inter­cul­tu­rali», nato nel 2008 da una pre­ce­dente espe­rienza infor­male di cucina tra­di­zio­nale rom. E oggi quell’integrazione cer­cata in cucina si è tra­mu­tata in una realtà con­so­li­data: dal 2013 «La Kum­pa­nia» è diven­tata un’impresa sociale di cui fanno parte pro­fes­sio­ni­sti nel campo dell’educazione, della ricerca e del diritto che, insieme alle donne rom e ita­liane, lavo­rano sulla gastro­no­mia inter­cul­tu­rale. La cucina come stru­mento di eman­ci­pa­zione sociale, eco­no­mica e pro­fes­sio­nale, come mezzo di spe­ri­men­ta­zione di modelli di eco­no­mia eco-sostenibile.

A breve il passo in più: l’associazione inau­gu­rerà a Scam­pia uno spa­zio inter­cul­tu­rale con impianti di cucina, bar, ser­vi­zio cate­ring, aperto al quar­tiere e «abi­tato» in modo sta­bile, punto di rife­ri­mento per gio­vani, fami­glie, bam­bini, donne, ita­liani e stra­nieri. «Sono donne che pro­vano a fare eco­no­mia, a rim­boc­carsi le mani­che, a sfa­tare il mito della via dell’assistenzialismo facendo microe­co­no­mia dal basso – con­ti­nua Pierro – Abbiamo avuto come sede una baracca abu­siva, come scelta poli­tica, per dare il senso del cam­bia­mento alla base. Que­sto ha creato anche un’integrazione tra la città e il campo rom, le rela­zioni sono aumen­tate nel tempo, i cosid­detti non-luoghi si sono tra­sfor­mati su ini­zia­tiva di chi li abita e sono diven­tati pro­pul­sori di ini­zia­tive cul­tu­rali, sociali ed eco­no­mi­che».
La chiave di volta è il lavoro con gli abi­tanti di un quar­tiere, il lavoro sui biso­gni ma anche sui desi­deri. I risul­tati sono tan­gi­bili: «Oltre a La Kum­pa­nia, diven­tata impresa sociale, siamo riu­sciti a creare una com­pa­gnia tea­trale a Scam­pia, che coin­volge tutta la città. Oggi i ragazzi di Scam­pia e di Napoli lavo­rano come attori a livello pro­fes­sio­nale. Si tratta di ragazzi ita­liani e rom che deci­dono di non delin­quere più per­ché tro­vano una nuova pas­sione e si ren­dono conto di essere in grado di per­se­guirla. Que­sto fa sì che si creino rela­zioni sta­bili, di ami­ci­zia e di amore, ci sono casi di matri­moni tra rom e ita­liani e que­sto per noi è un risul­tato con­creto. E infine la riqua­li­fi­ca­zione della zona di Scam­pia da parte del Comune di Napoli su spinta della nostra associazione.

Sta nascendo nell’area occu­pata di Scam­pia un comi­tato (a cui par­te­ci­pano rom e non rom) con l’intenzione di riqua­li­fi­care attra­verso la comu­nità rom tutto il quar­tiere. In que­sto modo vogliamo com­piere il pas­sag­gio da que­stioni che sem­brano ter­ri­to­riali – come quella rom – a que­stioni di cit­ta­di­nanza: rispetto ad alcuni anni fa, quando si ten­deva a set­to­ria­liz­zare gli inter­venti (i gio­vani, i rom, la riqua­li­fi­ca­zione degli spazi), oggi si agi­sce nella città nel suo insieme così da avere gli stru­menti per com­pren­dere la com­ples­sità nella quale viviamo e ope­riamo». Cam­mi­nando, con len­tezza, senza fretta, con­ce­den­dosi il tempo di cogliere le sfu­ma­ture dolci e amare della realtà intorno, si vedono le radici della discri­mi­na­zione, quella etnica, quella di genere, quella tra cen­tro e peri­fe­ria. E la si combatte.

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