La protesta dei rifugiati respinta a suon di botte
Sono le sei e mezzo del mattino quando richiedenti asilo e rifugiati cominciano ad uscire dal Cara di Castelnuovo di Porto, alle porte della capitale, uno dei più grandi e sovraffollati della penisola. Di solito questa è l’ora verso cui cominciano il loro esodo per raggiungere la città: prima un lungo tratto a piedi, poi i mezzi interurbani. Ma ieri il loro viaggio si è fermato a poche centinaia di metri dal Cara dove sono «ospiti»: con cartelli, pancali e la loro rabbia bloccano la Tiberina. Sono circa duecento, uomini e donne di tutte le età, alcuni ancora in carrozzina o fasciati ai corpi delle madri. Appena ci vedono arrivare, unici testimoni della loro protesta, cominciano ad urlare in inglese davanti a telecamere e smarth phone le loro ragioni: «siamo trattati come bestie, non come essere umani. Qui il cibo è scadente, siamo completamente isolati e non ci danno il pocket money», ovvero i soldi a cui i rifugiati avrebbero diritto, si parla di due euro e cinquanta centesimi al giorno, ma che da alcuni mesi non gli vengono erogati regolarmente.
I profughi si siedono a terra, urlano, chiedono di essere ascoltati. Ma a parlare con loro vengono polizia e carabinieri in assetto antisommossa, addirittura l’esercito di stanza del Cara indossa scudi, caschi e manganelli. Così, dopo circa un’ora e mezza con la tensione che sale, le forze dell’ordine provano a trascinarli via dalla strada. Loro non ci stanno, vogliano parlare con la cooperativa Auxilium, che gestisce anche il Cie di Ponte Galeria, e le istituzioni che però latitano. Parte la carica della polizia, violenta, fino alle porte del centro e poi anche dentro, quando vengono date alle fiamme per protesta alcuni suppellettili. Alla fine sei migranti, quattro donne e due uomini, vengono portati via di peso e con brutalità. «Abbiamo visto donne sbattute a terra e insultate, uomini picchiati con calci e pugni, presi a manganellate, trascinati per i capelli e insultati come animali — denunciano gli attivisti delle reti antirazzisti Yo Migro, Esc_Infomigrante, Lab! Puzzle e Astra 19, Asailum, Laboratorio 53, Cooperativa Be Free che filmano, inviano tweet e fotografie. «In quanto unici testimoni di quello che è accaduto, siamo stati identificati e minacciati di arresto nel tentativo di spaventarci e farci allontanare».
Sul luogo arrivano i deputati Ileana Piazzoni (Sel) e Khalid Chaouki (Pd), che all’uscita dalla struttura hanno dichiarato: «Il dialogo con gli ospiti ha consentito di stemperare il clima di tensione ma riteniamo necessario che il ministero dell’interno convochi immediatamente un tavolo di confronto che coinvolga la prefettura e la cooperativa subentrata da poco nella gestione del Cara, per agevolare gli sforzi compiuti da quest’ultima nel garantire condizioni di accoglienza consone».
Sulla vicenda intervengono succesivamente anche la consigliera regionale Marta Bonafoni che parla di fatto «gravissimo» in quanto «siamo costretti ancora una volta a commentare cariche di polizia contro cittadini migranti, obbligati una volta di più a gesti estremi per essere ascoltati. Il Cara di Castelnuovo di Porto dovrebbe essere un luogo con la trasparenza e i diritti al centro dell’attenzione e dell’impegno delle istituzioni e del governo. Ma gli eventi che si stanno susseguendo ci dicono ben altro».
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