A Pomi­gliano è ancora scontro sui licenziamenti

by redazione | 20 Giugno 2014 13:57

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Il 17 luglio dovrebbe arri­vare la sen­tenza del tri­bu­nale di Nola, chia­mato a deci­dere se Dome­nico Mignano deve oppure no tor­nare a lavo­rare allo sta­bi­li­mento Fiat di Pomi­gliano d’Arco. Una vicenda che si tra­scina da 6 anni.

L’ad Ser­gio Mar­chionne è appena arri­vato al Lin­gotto. Un gruppo di ope­rai e atti­vi­sti occupa per un paio d’ore una con­ces­sio­na­ria del gruppo al Cen­tro dire­zio­nale, espon­gono stri­scioni e dal mega­fono rac­con­tano gli effetti delle riforme in atto sulla vita degli ope­rai. L’azione era stata decisa in pre­pa­ra­zione dello scio­pero gene­rale indetto allora dai sin­da­cati di base. Con Mignano c’è per­sino una futura Rsa Fim del Vico.

Ma Mimmo è l’unico a cui arriva la let­tera di licen­zia­mento il 23 feb­braio 2006 e poi ancora 20 novem­bre 2007. «L’accusa – rac­conta – è aver espo­sto stri­scioni che inneg­giano alla lotta con­tro la pre­ca­rietà e aver offeso diri­genti dell’azienda». Ieri, durante l’ultima udienza, Mimmo ha pre­sen­tato un video dell’azione, visio­nato alle pre­senza dei legali Fiat: «Sono ammu­to­liti, le imma­gini smen­ti­vano del tutto la loro ver­sione dei fatti».

Il licen­zia­mento di Mimmo ha anti­ci­pato la suc­ces­siva “depor­ta­zione” di 316 ope­rai con un pedi­gree sin­da­cale sgra­dito al Lin­gotto e/o con ver­tenze aperte o con Ridotte capa­cità lavo­ra­tive dal Vico al Wcl, il reparto logi­stico di Nola mai entrato in fun­zione. La terza mossa della nuova era fu il con­flitto fron­tale con la Fiom.

Ci si attende un lieto fine? «Il giu­dice mi ha detto che sono obe­rati di lavoro, che l’aula non è il luogo dove risol­vere certi pro­blemi e comun­que il pre­si­dio fuori il tri­bu­nale era fuori luogo. Quindi un ope­raio cosa dovrebbe fare visto che scom­pa­riamo let­te­ral­mente dai gior­nali e nes­suno ci difende?».

Del resto, anche in caso di esito posi­tivo il Lin­gotto ha il piano B. A Mimmo e altri 4 lavo­ra­tori del logi­stico di Nola il 12 giu­gno è arri­vata una let­tera di con­te­sta­zione, per tutti il finale è que­sto: «All’esito o in man­canza di sue giu­sti­fi­ca­zioni in merito, ci riser­viamo di adot­tare i prov­ve­di­menti del caso». Primo passo per una futura let­tera di licen­zia­mento. «Il testo è chiaro – spiega Mimmo – Se anche il giu­dice mi rein­te­gra, la Fiat mi licen­zia di nuovo. Sono stato la Rsu più votata di Pomi­gliano, adesso sono il più licenziato».

Al Lin­gotto non sono andate giù le pro­te­ste dopo il sui­ci­dio di Maria Baratto, la terza in pochi mesi a togliersi la vita tra gli ope­rai del Wcl. Un gruppo di cas­sin­te­grati e licen­ziati il 5 giu­gno ha messo in scena, prima davanti ai can­celli di Nola e poi davanti la sede Rai di Napoli, l’impiccagione di un mani­chino con la foto di Mar­chionne sul viso, accanto indu­menti da lavoro mac­chiati di rosso.

Scena simile il 10 all’ingresso 2 del Vico: il mani­chino è in baule cir­con­dato da lumini, accanto gli stessi indu­menti mac­chiati di rosso. Per que­sto in 5 hanno avuto la con­te­sta­zione che pre­lude al licen­zia­mento. «Quin­dici anni fa difronte a tre sui­cidi – con­clude – si sarebbe sol­le­vata l’intera fab­brica. Oggi ci but­tano via per un’azione tea­trale e nes­suno si mera­vi­glia che la Fiat prenda soldi pub­blici da anni per tenere vuoti 4 mila metri qua­drati e 300 per­sone in cig».

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