by redazione | 24 Giugno 2014 12:40
La decantata «trasparenza» si opacizza quando si entra nel regno del nucleare militare. Si stima che gli Stati uniti mantengano in Germania, Italia, Belgio, Olanda e Turchia circa 200 bombe nucleari B-61, che si aggiungono alle oltre 500 testate francesi e britanniche pronte al lancio. Secondo una stima al ribasso, in Italia ve ne sono 70–90, stoccate ad Aviano e Ghedi-Torre. Ma ce ne potrebbero essere di più, anche in altri siti. Tantomeno si conosce quante armi nucleari sono a bordo delle unità della Sesta flotta e altre navi da guerra che approdano nei nostri porti.
Quello che ufficialmente si sa è che ora le B-61 saranno trasformate da bombe a caduta libera in bombe «intelligenti», che potranno essere sganciate a grande distanza dall’obiettivo. Le nuove bombe nucleari B61-12 a guida di precisione, il cui costo è previsto in 8–12 miliardi di dollari per 400–500, avranno una potenza media di 50 kiloton (circa quattro volte la bomba di Hiroshima).
Washington ribadisce che «anche se la Nato si accordasse con la Russia per una riduzione delle armi nucleari in Europa, avremmo sempre l’esigenza di completare il programma della B61-12». Essa si configura come un’arma polivalente che svolgerà la funzione di più bombe, comprese quelle progettate per «decapitare» il paese nemico, distruggendo i bunker dei centri di comando e altre strutture sotterranee in un first strike nucleare. A tale scopo la B61-12 «sarà integrata col caccia F-35 Joint Strike Fighter». I piloti italiani – che oggi vengono addestrati all’uso delle B-61 con i caccia Tornado, saranno tra non molto preparati all’attacco nucleare con gli F-35 armati con le B61-12. In tal modo l’Italia continuerà a violare il Trattato di non-proliferazione.
Nel 2008, l’inchiesta della U.S. Air Force Blue Ribbon Review ha appurato che la maggior parte dei siti, in cui sono stoccate le armi nucleari Usa in Europa, non corrisponde ai requisiti di sicurezza statunitensi. In altre parole, sottolinea la Federazione degli scienziati americani, essi «non sono abbastanza sicuri». Per risolvere i problemi di sicurezza, sono stati investiti nel 2011-12 63 milioni di dollari, provenienti dal Fondo infrastrutture della Nato (ossia anche dalle nostre tasche), ai quali vengono aggiunti nel 2014–15 altri 154 milioni. E, con l’arrivo delle B61-12 si prevede un ulteriore forte aumento di tali costi.
Altri problemi di sicurezza derivano dalle portaerei, i sottomarini e altre navi da guerra a propulsione nucleare, soprattutto statunitensi, che approdano in Italia. I «porti nucleari», ufficialmente idonei per l’attracco di tali unità, sono Augusta, Brindisi, Cagliari, Castellammare di Stabia, Gaeta, La Spezia, Livorno, Napoli, Taranto, Trieste, Venezia. La presenza di reattori nucleari, a bordo delle unità militari, espone a gravi rischi tali zone densamente popolate. I piani di emergenza, che dovrebbero essere attuati in caso di incidente, risultano inadeguati. Essendo tali piani coperti in gran parte da segreto militare, la popolazione è tenuta all’oscuro dei rischi e quindi impreparata ad affrontare una emergenza, tipo una rapida evacuazione in caso di incidente a un reattore nucleare a bordo di una nave da guerra alla fonda nel porto o nei pressi della costa.
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