Il paradiso perduto della Grecia In vendita le spiagge dei pescatori
Il paradiso perduto della Grecia si allunga nelle acque turchine a Sud del Peloponneso, miraggio di sabbia e foresta nei silenzi del Mediterraneo. È Elafonissos, in italiano «Cervi», venti chilometri quadrati per 1.500 abitanti, isola incontaminata finita al centro di un duro scontro con il governo di Atene.
Lotto ABK 382, in vendita i luoghi amati da pescatori e viaggiatori fuori dalle rotte del turismo di massa. Nei mesi scorsi perle come Simos e Sarakinikos, spiagge gemelle nella parte meridionale dell’isola, sono state cedute al fondo greco Taiped incaricato di «valorizzare beni pubblici» nel quadro del maxi piano di privatizzazioni lanciato dall’esecutivo: una delle tante, dolorose manovre necessarie a rimborsare i 240 miliardi di euro di prestiti accordati dal 2011 al Paese stremato dalle misure di austerità imposte dai creditori internazionali. Misure che hanno consentito al governo di centrodestra di Antonis Samaras di riprendere le redini delle finanze greche con il ritorno sui mercati internazionali dopo quattro anni di esilio e con un surplus primario di bilancio dello 0,8% del Pil, ma che hanno comportato costi sociali elevatissimi, dall’abbattimento dei salari ai feroci tagli nel pubblico impiego, dall’emergenza sanitaria alla disoccupazione ormai al 27 per cento.
Online e corredato di foto, il catalogo del fondo Taiped suggerisce ai potenziali acquirenti (in prima fila emiri del Golfo arabo e russi) di destinare il lotto Elafonissos alla costruzione di hotel e ville private. «Un’eresia», protestano i residenti, convinti che l’arrivo dei resort non violerebbe soltanto ecosistema e tradizioni ma danneggerebbe la stessa economia locale. Fino ad oggi abitazioni, attività e piccole strutture ricettive si concentravano nell’area del porto, lasciando intatto il fascino vergine delle spiagge incluse nel programma europeo «Natura 2000» che protegge i siti naturali riconosciuti per il loro patrimonio floro-faunistico. «Se si moltiplicassero residenze private e grandi hotel su queste spiagge che abbiamo voluto mantenere selvagge — spiega il sindaco Panayiotis Psaromatis — i visitatori sarebbero i primi a fuggire».
Ad Atene non la pensano così. Il turismo resta una delle principali risorse economiche del Paese, arrivando a coprire il 17 per cento del Prodotto interno lordo. In crescita costante: gli operatori si aspettano che il 2014 superi il record dei venti milioni di ingressi del 2013. Dopo sette anni di recessione, il governo intende sfruttare al massimo il potenziale rappresentato da 15 mila chilometri di coste ancora poco cementificate, sul modello virtuoso della Costa Brava spagnola. Per questo è stata avviata una revisione delle normative che limitano lo sfruttamento dei terreni costieri, finora al riparo dalla costruzione indiscriminata a fini commerciali. Una recente proposta del Ministero dell’Economia prevede l’introduzione di ammende per le società che abbiano edificato strutture non autorizzate. Una mega sanatoria, ora congelata, che permetterebbe inoltre agli investitori di costruire fino a dieci metri dalla riva, contro i cinquanta stabiliti dalle leggi in vigore. «Che fine fanno i nostri diritti quando ci restano dieci metri all’ombra di strutture gigantesche?» dice al quotidiano francese Le Monde Giorgos Chasiotis del Wwf. In un Paese che ha forgiato il proprio destino sulle onde, il libero accesso al mare è un diritto sancito dalla Costituzione.
Il caso Elafonissos ha rilanciato il dibattito sulle contraddizioni di modelli di sviluppo economico che non tengono conto di vincoli ambientali e culturali. E aggiunge tensione a un quadro esasperato. È di questi giorni lo scontro sulla costituzionalità dei tagli a pensioni e posti di lavoro: aumentano di giorno in giorno i procedimenti legali avviati da dipendenti licenziati e le sentenze di reintegro emesse dai tribunali, una spirale che potrebbe costare al governo un miliardo di euro.
Maria Serena Natale
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