Liberi i preti vicentini rapiti da Boko Haram «Dimagriti e provati»

Liberi i preti vicentini rapiti da Boko Haram «Dimagriti e provati»

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«E pensare che erano per primi i capi islamici dei villaggi che chiedevano ai nostri sacerdoti di restare laggiù…»: sollievo e amarezza si mescolano nelle parole di monsignor Beniamino Pizziol, vescovo di Vicenza. Ieri mattina alle 6 una telefonata della Farnesina lo ha avvertito che i due suoi sacerdoti rapiti all’inizio di aprile in Camerun da estremisti islamici sono stati liberati e stanno bene. Ma se il dramma dei religiosi veneti ha avuto un lieto fine, la situazione nel nord del Camerun, che ha uno stretto legame con la diocesi di Vicenza, resta molto tesa ed è possibile che altri religiosi attivi nella zona debbano fare rientro in Italia.
I sacerdoti sani e salvi sono don Gianantonio Allegri, 57 anni, e don Giampaolo Marta, dieci anni più giovane. Secondo una fonte della France Presse gli ostaggi sono stati ritrovati lungo una strada poco distante dalla missione di Tcherè, 800 chilometri a nord della capitale Yaoundè e ai confini con la Nigeria, la stessa località in cui don Marta e don Allegri erano stati rapiti il 4 aprile scorso. «Abbiamo lavorato a lungo e a stretto contatto con le autorità locali, riteniamo che la liberazione sia frutto di una trattativa e non di un blitz» confermano dalla Farnesina. Con i missionari veneti è stata trovata anche Gilberte Bussier, la suora canadese che era stata sequestrata con loro. «Un emissario dei terroristi ci ha avvertiti e siamo andati a prendere i prigionieri. Ci ha colpito la quantità di armi a loro disposizione» è la versione della polizia camerunense. «Gli ostaggi sono tutti dimagriti e molto affaticati ma stanno bene» fanno sapere ancora dal ministero degli Esteri. Trova conferma anche che il sequestro debba essere attribuito ai miliziani di Boko Haram, la formazione fondamentalista islamica che tiene ancora prigioniere 40 ragazze di religione cristiana rapite in Nigeria.
Le incursioni armate di Boko Haram anche in territorio camerunense si erano fatte frequenti poco prima del rapimento dei due preti vicentini e pochi giorni fa i terroristi avevano assalito un gruppo di operai cinesi. «La situazione di insicurezza è palpabile, l’esercito è impegnato ad assicurare che non ci siano infiltrazioni dalla Nigeria. Hanno chiesto a noi europei di girare scortati dalla polizia» così aveva scritto don Allegri nel suo diario poco prima del blitz. «I nostri confratelli avevano segnalato la presenza di depositi di armi nella zona» è la testimonianza invece di don Maurizio Bolzon e don Leopoldo Rossi, altri due missionari vicentini attivi nella zona di Tcherè. La liberazione, insomma, non ha fatto cessare la situazione di pericolo e si sta valutando la possibilità di far rientrare tutti gli europei che lavorano nella zona. Una radio locale afferma che nella zona 40 miliziani islamici sono stati uccisi nelle ultime ore.
La presenza della diocesi di Vicenza nel nord del Camerun risale ai primi anni 80: sono stati costruiti una scuola, un dispensario «e stavamo dimostrando che la coesistenza pacifica tra religioni diverse è possibile» aggiungono dalla Curia. Don Marta si trovava in Camerun, salvo una breve interruzione, dal 2004 ed era un punto di riferimento per le comunità locali. Don Allegri, invece, era stato a lungo parroco a Magrè di Schio e dal 2013 aveva iniziato la sua missione a Tcherè.
«Don Gianantonio e don Giampaolo tornano a casa. Bentornati e un abbraccio alle loro comunità» ha scritto il premier Matteo Renzi su Twitter. «Ringrazio il presidente del Camerun Paul Biya e il governo del Canada per l’ottimo lavoro svolto» ha dichiarato dal canto suo il ministro degli Esteri Federica Mogherini.
Con un moto di felicità meno formale e più spontaneo ieri le campane delle 354 parrocchie della diocesi di Vicenza hanno suonato a festa per annunciare la liberazione dei missionari. Il rientro dei sacerdoti in Italia è previsto per oggi; il vescovo Pizziol si recherà personalmente a Roma ad abbracciarli.
Claudio Del Frate



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