«L’Expo è a rischio», scontro Maroni-Renzi

by redazione | 11 Giugno 2014 10:03

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MILANO — «Il governo si dia una mossa», ha esordito: e fin qui vabbé, questa è la parte che ripetono tutti da sempre, sin da quando si buttarono via i primi tre anni solo per decidere chi doveva comandare la barca. «O rischiamo sul serio — ha aggiunto Roberto Maroni — di non completare» i lavori dell’Expo.
Il che è naturalmente il vero terrore profondo, non certo da ieri ma sempre più vivo ogni ora da mesi, di quanti con la gestione e l’organizzazione dell’evento hanno quotidianamente a che fare. «Ogni giorno che passa — ha scritto Maroni in un tweet — è un giorno perso senza motivo. Se passano ancora due settimane rischiamo di non completare le opere entro il 30 di aprile». Invio.
«Lo dico non avendo responsabilità diretta in questo — ha poi aggiunto il governatore ai cronisti — essendo la responsabilità del commissario di governo. Ma lo dico con preoccupazione, perché i tempi sono questi». Maroni ha ricordato in particolare che è passato un mese da quando, giusto l’11 maggio scorso all’indomani degli arresti sulla mini cupola che ha cercato di pilotare alcuni appalti di Expo, il premier Matteo Renzi aveva annunciato poteri speciali a Raffaele Cantone quale commissario anticorruzione: «Ancora una volta invito il governo a darsi una mossa altrimenti siamo qui bloccati. Expo è bloccata, il commissario è bloccato, i lavori sono bloccati. E francamente non trovo un motivo per cui questo nodo non venga sciolto».
Le due repliche più dirette gli arrivano in serata. Una da Shanghai, dettata alle agenzie giustappunto da Renzi: «Invece di fare polemiche sterili Maroni rifletta sulle responsabilità della Lombardia». L’altra dal Circolo milanese degli Artisti dove è il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, intervenendo alla Festa dei Giovani Turchi del Pd a dire «penso che Maroni debba star tranquillo: magari se si fosse agitato così prima si sarebbe evitato di dover mandare Cantone dopo».
Ora, che a Milano ci siano state delusione e anche un filo di rabbia dopo l’ennesimo rinvio del decreto (non solo quello per i poteri a Cantone, ma anche per tutti gli altri articoli che dovrebbero mettere Expo in sicurezza) non è un mistero. Già venerdì scorso si erano lamentati tanto Maroni quanto il sindaco Pisapia. I ministri milanesi della partita, Maurizio Martina e Maurizio Lupi, non avevano commentato lasciando trapelare qualche imbarazzo.
Ma dire che si rischia di non arrivare in tempo per il 30 aprile 2015 significa far dubitare sulla situazione del cantiere. Situazione che domenica scorsa rispondendo in tivù alle domande di Lucia Annunziata, il commissario Sala aveva così riassunto: «Abbiamo fatto sabato una riunione operativa con l’ingegner Rettighieri (l’uomo della Tav chiamato a sostituire Angelo Paris, arrestato nell’ambito dell’inchiesta sulla corruzione, ndr ), abbiamo esaminato intervento per intervento e siamo nei tempi previsti dalla nostra tabella».
Nell’ultimo mese, infatti, in cantiere le ruspe e gli uomini non si sono fermati: si continuano a scavare le fondazioni dei Paesi stranieri che ne hanno fatto richiesta, si procede con gli interventi sull’ossatura del sito e sui padiglioni speciali.
Per questo l’uscita di Maroni ha creato malumori anche nella società. E, dopo giri vorticosi di telefonate, è arrivato l’altolà firmato dal ministro con deleghe su Expo, Maurizio Martina, che prima invita Maroni a «evitare polemiche inutili e concentrarsi sulle cose da fare» e poi continua: «Il governo sta facendo la sua parte fino in fondo e vuole affrontare anche le prossime scelte facendo presto e, soprattutto, facendo bene». Gli fa eco il coordinatore lombardo Alessandro Alfieri, che sollecita il governatore a occuparsi delle cose che gli competono e a «recuperare un po’ di attivismo padano perché lo scaricabarile non serve a nessuno».
Ma dalla Regione non arriva nessun ripensamento. «Essere buonisti col governo non ha dato risultati», fanno sapere. Ribadendo quello che dalle agenzie era chiaro: l’obiettivo di Maroni non è la società Expo, bensì Roma.
Dove la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, nel frattempo, ha deciso a maggioranza di rinviare al 24 giugno, in attesa del provvedimento del Governo, l’approdo in Senato del Ddl anticorruzione. Peccato, sarebbe stato in calendario questa settimana.
Paolo Foschini, Elisabetta Soglio

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