L’EUROPA E IL FALLIMENTO DELL’ AUSTERITÀ
LE ELEZIONI europee hanno certificato il fallimento dell’ austerità che ha fatto aumentare i disoccupati e ha prodotto nuovi poveri alimentando rabbia e disperazione nella maggior parte dei Paesi dell’Euro.
I Partiti Socialisti europei non hanno sfondato poiché si sono appiattiti sulla politica del rigore promossa dal Partito Popolare, che ha subito un netto ridimensionamento. E così sono cresciute, anche se molto al di sotto delle clamorose previsioni, le forze nazionaliste e le forze favorevoli a un’altra Europa federale e solidale. I gruppi fortemente critici dell’Europa dell’austerità a guida tedesca hanno ottenuto quasi il 20 percento dei seggi, contro il 9 percento del 2009, e, sebbene non riusciranno mai a costruire un fronte unico, hanno, però, la possibilità di sabotare le politiche economiche del blocco di maggioranza costituito da popolari e socialisti. Questi due grandi partiti ora dovranno governare insieme come accade in Germania, e bisognerà vedere se i rapporti di forza cambieranno e se il Partito Popolare Europeo sarà costretto a promuovere nuove politiche economiche per lo sviluppo e l’occupazione.
Il crollo del Partito Socialista francese è impressionante, ma non è affatto sorprendente: la Francia si trova da anni in una crisi da cui non accenna a riprendersi. Hollande ha tradito tutte le promesse che aveva fatto nella campagna elettorale del 2012 e cioè la riforma della Banca Centrale Europea sul modello della Federal Reserve americana e il lancio degli Eurobond. All’epoca Hollande aveva dichiarato: «È inverosimile — che la Bce inondi il mercato di liquidità, con le banche che si finanziano all’1 percento e poi prestano agli Stati al 6 percento. A un certo
punto simili posizioni di rendita non sono più accettabili. Sarebbe più giudizioso, più efficace, più rapido che la Bce diventi prestatore di prima e ultima istanza. Com’è peraltro il caso negli Stati Uniti e in Gran Bretagna». E ancora, Hollande era a favore della mutualizzazione del debito pubblico mediante obbligazioni europee considerate come l’unico modo per sostenere i Paesi in difficoltà e per far tornare la fiducia degli investitori internazionali negli Stati più a rischio. Nulla di tutto questo si è realizzato, ma, fatto ancora più grave, non c’è stato neppure l’impegno a sostenere una battaglia su questi fronti.
Ora l’Europa si trova di fronte ad un bivio: o diventa uno Stato realmente federale e adotta politiche espansive con l’obiettivo di una piena occupazione equamente retribuita oppure le forze antieuropeiste sono destinate a crescere mettendo a rischio la sopravvivenza della moneta unica.
Per questo motivo il semestre di Presidenza italiana rappresenta una grande occasione: il successo delle forze critiche dell’Europa dell’austerità potrebbe rappresentare uno stimolo prezioso se sarà utilizzato per attuare una svolta radicale nella politica del Vecchio Continente.
Related Articles
Monte dei Paschi, ecco il piano industriale
Siena. Ricapitalizzazione e 5.500 esuberi «soft». Lo Stato con un prestito sale al 70% delle azioni
Confindustria, disoccupazione record. Un milione di posti di lavoro persi dal 2007
. E cresce la pressione fiscale: 54,3% nel 2014
Peggio delle previsioni, anche di quelle pessimistiche. I dati diffusi oggi dal Centro Studi di Confindustria sono allarmanti sotto molti profili.
Sono i numeri che riguardano il mercato del lavoro a fare più paura. Il dato sulla disoccupazione salirà dal 10,6% di quest’anno all’11,8% nel 2013 (12,1% la precedente stima del csc) per arrivare al 12,4% nel 2014.
Libia: uccisi due fotoreporter a Misurata, urge un corridoio umanitario