In piazza contro «mostri» e lobby, la rivincita dei No Mose
Oggi (ore 13, piazzale Roma) la vera salvezza di Venezia è a furor di popolo. Manifestazione contro i “mostri del mare” che stuprano la città, contro gli interessi di lobby e la politica bipartisan che li rappresenta. Ma sarà anche la miglior rivincita per comitati, associazioni, centri sociali e liberi cittadini: gli stessi che fin dagli anni ’80 si sono opposti al Mose.
«Da anni diciamo che nel Veneto la mafia si chiama Consorzio Venezia Nuova: gli arrestati hanno scippato fiumi di denaro che dovevano servire alla tutela dell’ambiente, della città e a realizzare case per i residenti costretti all’esilio in terraferma. Soldi che sono finiti non solo in stipendi milionari a Chisso, Galan e ai loro accoliti, ma anche a devastare la laguna» sbotta Tommaso Cacciari del Comitato No Grandi Navi. Da settimane si prepara l’appuntamento di oggi. Con l’eclatante “copertura” del campanile di San Marco, ma soprattutto con gli aquiloni colorati che si sono alzati dai sestrieri. Nonostante il boicottaggio mediatico, il 7 giugno è una data cerchiata nelle agende dei veneziani…
E il consigliere comunale Beppe Caccia evidenzia: «Ieri il Mose, domani lo scavo dei canali per le grandi navi. Sempre le stesse imprese, la stessa procedura. I tentacoli e la testa di questa piovra devono essere tagliati. Cancelliamo il regime della concessione unica e il grumo di interessi che si è consolidato intorno al Consorzio e alle imprese collegate».
Sul fronte della cronaca giudiziaria, ieri alle 8 nell’aula bunker di Mestre davanti al gip Alberto Scaramuzza interrogatorio di garanzia per Giorgio Orsoni ormai ex sindaco del centrosinistra. E’ accusato di finanziamenti illeciti per 260 mila euro proprio alla campagna elettorale delle comunali 2010.
Si è trincerato dietro la facoltà di non rispondere, invece, Renato Chisso (assessore regionale forzista) detenuto a Pisa. Lia Sartori, invece, è ai domiciliari finché può godere dell’immunità europarlamentare: le contestano anche 25 mila euro pagati dal Consorzio delle coop venete. La Procura aspetta il verdetto dell’aula di Montecitorio per poter procedere all’arresto dell’ex governatore Giancarlo Galan, mentre “pende” al tribunale dei ministri il fascicolo dell’inchiesta che riguarda l’ex ministro Altero Matteoli.
Ma lo “scandalo Mose” non risparmia nessuno. Il Consorzio Venezia Nuova operava in anticipo sulle larghe intese sussidiarie: soldi a destra, ma anche alla sinistra business oriented (Marchese, Reolon, Zoggia, Brentan, la Fondazione dei Ds); un commercialista di fiducia come il padovano Francesco Giordano, sfiorato dalla Tangentopoli Psi e incaricato dalla giunta Zanonato di fondere società partecipate, controllare la multiutility AcegasAps e verificare i conti di Interporto; una “rete” di complicità che dalla Guardia di finanzia al Magistrato alle acque, dalla Regione ai ministeri, dalla Corte dei conti fino alle anticamere di palazzo Chigi avrebbe garantito la gestione di oltre cinque miliardi di finanziamenti a senso unico.
«Il problema non è il Mose, ma il Consorzio che in questi anni ha sperperato un sacco di soldi distribuendo tangenti e consulenze a tutti. E penalizzando le imprese» sostiene Piergiorgio Baita nell’intervista ad Alberto Vitucci pubblicata dalla Nuova Venezia. Ma proprio l’ex presidente della Mantovani (sostituito da Carmine Damiano, questore in pensione) insieme a Giovanni Mazzacurati, uomo-simbolo del Cvn, ha ricostruito nei dettagli il sistema parallelo alla facciata istituzionale. Tutto agli atti, in attesa di conoscere l’elenco degli indagati e l’esito delle perquisizioni effettuate nell’ultimo anno. Un verminaio che fa il paio con quello di Expo 2015 a Milano e con altre Grandi Opere nell’intero quadrante Nord Est.
Le connessioni con i “cannibali modello veneto” si stanno aprendo a ventaglio. In Trentino, dopo l’arresto di Alberto Rigotti per il crac Epolis, o nella ricostruzione a L’Aquila con il passaggio di testimone fra imprese hi tech. Intanto sono stati perquisiti casa e ufficio del colonnello dei carabinieri Paolo Splendore, dirigente dell’Aisi. Stessa procedura per il luogotenente Franco Cappadona, appena sollevato da responsabile della Polizia giudiziaria della Procura della Repubblica di Padova. Sta davvero crollando tutto?
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