Immunità, resta per il Senato ma spetterà alla Consulta votare sull’autorizzazione
ROMA . L’immunità resta, ma cambia. La maggioranza e il governo stanno prendendo ancora un po’ di tempo in attesa che si plachi la bufera. Ma è certo che lo scudo per i senatori non rimarrà uguale a quello dei deputati così com’è invece scritto nell’emendamento dei relatori Calderoli e Finocchiaro, emendamento approvato dall’esecutivo. Il Parlamento aspetta che sia Maria Elena Boschi a mandare un messaggio. Il ministro delle Riforme ieri è stata il pomeriggio a Palazzo Madama per le comunicazioni del premier sull’Europa. Ha fatto capire ai suoi interlocutori che si prepara un contrordine. «Troveremo una nuova soluzione », è stato il senso delle parole della Boschi.
Sul tavolo rimangono tre opzioni e non partono tutte alla pari. L’ipotesi meno probabile è che venga salvata l’immunità così com’è. Secondo il governo, si correrebbe il rischio di avere consiglieri regionali e sindaci di serie A (i senatori) e quelli di serie B (i rappresentanti che rimangono nelle loro assemblee locali). Ma per il momento è quella la proposta della maggioranza e degli alleati sulle riforme. Non è escluso che resti tale ancora per qualche giorno. Il cambiamento infatti andrebbe blindato. Ha bisogno dell’accordo di tutti i soggetti favorevoli al nuovo Senato. Non si può rischiare un altro scivolone.
A Palazzo Chigi ora non dispiace l’ipotesi (la seconda in ordine di gradimento) che sia un organo terzo a decidere sullo scudo ai senatori. È la proposta presentata inizialmente da Calderoli e Finocchiaro. L’immunità coprirebbe tutti i parlamentari sia di Palazzo Madama sia di Montecitorio. Ma a decidere sull’arresto, le perquisizioni e le intercettazioni per loro, sarebbe alla fine una sezione speciale della Corte Costituzionale.
In questo modo il giudizio verrebbe sottratto ai colleghi, agli accordi tra partiti e a possibili scambi. Renzi ha detto ai suoi: «Questa soluzione è praticabile. Tra l’altro cambierebbe le regole anche alla Camera. Sarebbe un segnale forte».
Ma c’è anche un’altra strada e sta scalando le posizioni nelle classifica delle possibilità.
Il Senato avrebbe in tutto e per tutto una sua identità, niente in comune con Montecitorio. Né le leggi da votare, né l’elettività, né lo scudo per i suoi componenti. Che avrebbero l’immunità soltanto per gli atti, i voti e le dichiarazioni espresse nell’aula di Palazzo Madama. Una protezione che quindi non avrebbe alcuna validità per il loro operato da sindaci o da consiglieri regionali. Su questa proposta insiste il Movimento 5stelle che oggi incontra la delegazione del Pd. Ed è anche questo il segnale di distinzione e di cambiamento che il governo vorrebbe mandare. La Camera
infatti manterrebbe l’immunità così come ha oggi, in virtù dell’elezione diretta dei suoi componenti. Fra l’altro è una delle idee su cui aveva lavorato la presidente della commissione Affari costituzionali.
Calderoli e Finocchiaro si sono visti ieri e hanno deciso di non stravolgere i loro emendamenti presentando una nuova proposta. «Adesso tocca al governo fare le sue valutazioni e se vuole indicare altre strade», dice il senatore leghista, quasi in tono di sfida dopo aver denunciato lo scaricabarile dell’esecutivo. Oggi scadono i termini per la presentazione dei subemendamenti. Palazzo Chigi e gli stessi relatori però hanno tempo per presentare altre modifica fino all’ultimo, fino all’arrivo del testo in aula giovedì 3 luglio. Ovviamente anche durante il dibattito si potrà correre ai ripari. Gli uffici del ministero delle Riforme stanno studiando le correzioni e la tentazione di rendere in tutto e per tutto distinte le due Camere si fa sempre più forte. Anche sull’immunità.
Related Articles
Rouhani dal Papa: «Preghi per me» E Roma copre le statue capitoline
Un lungo colloquio cordiale consacra «il ruolo che l’Iran è chiamato a svolgere contro il terrorismo»
Voci dal carcere duro in Mp3
Violenze. Nell’istituto di Parma un detenuto registra le conversazioni con agenti e operatori. «Centinaia di ore di registrazione che sono lo spaccato della condizione carceraria». Indagine interna del Dap «nel rispetto della magistratura». Ma l’inchiesta della procura non decolla
Il niet del Cavaliere ai numeri due Vent’anni di astri nascenti bruciati