“Era destinata a Tremonti la mazzetta di Milanese” i pm chiamano l’ex ministro

“Era destinata a Tremonti la mazzetta di Milanese” i pm chiamano l’ex ministro

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VENEZIA. COSA sapeva l’ex ministro Giulio Tremonti delle manovre del suo braccio destro Marco Milanese, affaccendato — scoprono i pm veneziani — per far arrivare 400 milioni di euro al Mose? Come faceva Milanese a garantire al presidente del Consorzio Venezia Nuova, «in cambio di 500mila euro», che il parere positivo del dicastero dell’Economia, necessario per sbloccare i fondi del Cipe, sarebbe arrivato?
SONO domande a cui manca ancora una risposta, e i pm veneti stanno pensando di ascoltare Tremonti come persona informata dei fatti. Potrebbe essere chiamato già nelle prossime settimane. Lui, e solo lui, può spiegare.
LA VERITÀ DELLA DOGESSA
C’è in particolare una dichiarazione, messa a verbale nell’interrogatorio del 14 luglio 2013 da Claudia Minutillo, la “Dogessa”, l’ex segretaria di Giancarlo Galan, che ha bisogno di un qualche approfondimento. «Tra i destinatari delle somme raccolte da Mazzacurati (Giovanni, il presidente del Consorzio Venezia Nuova che costruisce il Mose, ndr) vi erano… omissis… e Marco Milanese, uomo di fiducia di Tremonti. A quest’ultimo era destinata la somma di 500mila euro che l’ingegner Neri (stretto collaboratore di Mazzacurati, ndr) conservava nel suo ufficio al momento dell’ispezione della Guardia di Finanza».
La Minutillo, dunque, il testimone chiave dell’inchiesta ritenuta attendibile dai pm, è sicura. Quei bigliettoni, dice, erano per Tremonti. A scanso di equivoci lo ripete anche in un altro passaggio: «Neri li aveva nel cassetto, da consegnare a Marco Milanese per Tremonti, e li buttò dietro l’armadio. La Finanza sigillò l’armadio ma la sera andarono a recuperarli e furono poi consegnati a Milanese il 7 giugno del 2010». Non c’è traccia né prova, nelle 700 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, di un successivo approdo della somma nelle mani dell’ex ministro, che non è indagato.
Milanese, «il nostro amico», come lo definiscono gli uomini della cupola del Mose, «l’uomo con le mani in pasta in questa storia», come lo presenta Mazzacurati ai magistrati, ha la bocca chiusa, non parla. Il suo nome è nell’elenco dei cento indagati dell’inchiesta sulle tangenti veneziane ma una ventina di giorni fa, pochi giorni prima che scattassero gli arresti, la procura ne ha revocato la richiesta di custodia cautelare, non si sa se in carcere o ai domiciliari.
L’INCONTRO DELLA SVOLTA
Tremonti viene tirato in ballo anche da Piergiorgio Baita, l’ex presidente della Mantovani, quando gli viene chiesto di raccontare come avessero fatto a ottenere lo sblocco nel 2010 dei soldi del Comitato interministeriale per la programmazione economica. Gianni Letta aveva consigliato a Mazzacurati di «trovare una strada» per rivolgersi a Tremonti. Quella strada
si chiama Roberto Meneguzzo, è il direttore dell’azienda vicentina Palladio. Costui fissa a Milano un appuntamento tra Tremonti e il presidente del Consorzio. «Quando ritorna a Venezia — spiega Baita in un verbale — Mazzacurati fa una convocazione d’emergenza dei soci e dice: “Se volete sbloccare il Cipe ci sono 500 mila euro da consegnare all’onorevole Milanese, almeno una settimana prima della delibera”».
La “pratica Milanese”, quindi, pare avviarsi subito dopo l’incontro faccia a faccia con Tremonti. Cosa si sono detti in quell’appuntamento? Perché tanta fretta, da parte di Mazzacurati, nel convocare i sodali che siedono nel Consorzio? Sarà poi Mazzacurati stesso ad ammettere di avere consegnato «in una scatola» il denaro al consigliere politico di Tremonti nella
sede della Palladio Finanziaria, a Milano. Quell’incontro, di pochi minuti, lo lascia perplesso. «Mi dice che si adopererà e che pensa di riuscire… poi mi ha detto solo grazie, mi ha sorpreso questa cosa, perché è un po’ imbarazzante anche, ma insomma, non importa… lui mi ha detto grazie».
IL VIA LIBERA DA ROMA
L’impegno porta i frutti sperati. Il 13 maggio 2010 il Cipe approva la delibera n. 31 per la «continuità funzionale di opere di difesa idraulica». Tradotto, significa che dopo molti mesi di stallo per le ditte del Mose stanno arrivando 400 milioni di euro dal governo Berlusconi. Scrive il gip veneziano nell’ordinanza di custodia cautelare: «L’intervento di Milanese è stato determinante per l’introduzione di una norma ad hoc», l’ex finanziere è riuscito a contattare e a parlare «con Ercole Incalza e con Claudio Iafolla». Sono persone che contano, sono il capo della struttura tecnica e il capo di gabinetto del ministero delle Infrastrutture. E però — annota il gip — Milanese è stato «efficace» anche sul “fronte interno”, su chi cioè reggeva in quel momento il dicastero dell’Economia, Giulio Tremonti, il quale — secondo gli imprenditori veneziani arrestati — non era mai stato troppo favorevole allo sblocco.
Quello stesso 13 maggio, alle 16.15, Paolo Emilio Signorini, il capo dipartimento delle Politiche Economiche della presidenza del Consiglio, chiama Mazzacurati al telefono: «Non abbiamo potuto già oggi dare la destinazione di 400 miloni al Mose, ma il ministero dell’Economia sta predisponendo una norma che dà direttamente l’assegnazione…». E poi, rassicura il presidente del Consorzio: «Mi sentirei abbastanza tranquillo perché l’Economia mi è sembrata decisissima su questo, ora fanno la norma… sarà molto rapido, li ho visti veramente molto molto decisi».



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