by redazione | 9 Giugno 2014 8:23
VENEZIA — In un clima surreale, dove l’acqua alta è diventato l’ultimo dei problemi, a Venezia spunta un ministro al giorno e non per un encomio. Dopo il nome di Altero Matteoli che guidava le Infrastrutture e che si trova ora a fare i conti con un’indagine per corruzione del Tribunale dei ministri, e dopo quelli dei suoi ex colleghi Giancarlo Galan, sul quale pende una richiesta di arresto, e Giulio Tremonti, che non è indagato ma è stato chiamato in causa dall’ex segretaria di Galan Claudia Minutillo a proposito di una presunta tangente versata al suo uomo di fiducia Marco Milanese, ecco affacciarsi all’inchiesta sul Mose un altro rappresentante di spicco dei passati governi. Si tratta di Pietro Lunardi, pure lui un ex delle Infrastrutture e dei trasporti, del quale parla diffusamente il supertestimone dell’inchiesta: Piergiorgio Baita, l’ex presidente del gruppo Mantovani, cioè il socio più importante del potente Consorzio Venezia Nuova a cui fanno capo le opere di salvaguardia di Venezia e prima fra tutte il Mose. Concessionario unico del ministero delle Infrastrutture, il Consorzio gestisce i miliardi di euro pubblici destinati a questi interventi (5,4 quelli del Mose).
Letta e Rocksoil
Ebbene, Baita, in uno dei verbali secretati nei quali ha raccontato ai pm le mazzette distribuite a politici e pubblici funzionari, ritenuto attendibile dalla procura e dal gip di Venezia che ha disposto i 35 arresti di mercoledì scorso, tira in ballo l’ingegner Lunardi (non indagato) a proposito di una singolare vicenda, sulla quale gli inquirenti stanno cercando conferme. Parla della società Rocksoil, che fa capo alla famiglia dell’ex ministro e si occupa di ingegneria civile, e di un lavoro che sarebbe stato realizzato versando 500 mila euro più del dovuto. E ha motivato così la sorprendente generosità: a chiedere il favore sarebbe stato Gianni Letta, ex sottosegretario alla Presidenza del consiglio Berlusconi, in contatto con l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova Carlo Mazzacurati, con il quale aveva incontri frequenti proprio per la grande opera veneziana. Sempre secondo il racconto di Baita, Letta avrebbe avuto un ruolo di consigliere di Mazzacurati, nel senso che era il massimo punto di riferimento della politica centrale al quale si rivolgeva per chiedere lumi. Andava a chiedere come fare e a chi rivolgersi per risolvere i problemi legati al Mose e in particolare allo sblocco del finanziamento da 400 milioni della delibera del Cipe. Dice Baita che qualche favore gli veniva comunque fatto. Come, per esempio, quello di aver concesso un subappalto e una piccola impresa di Roma.
Il risarcimento
Mentre la vicenda Lunardi sarebbe scaturita dalla condanna del ministro da parte della Corte dei conti a un robusto risarcimento danni per aver versato una buonuscita di 1,5 milioni di euro a uno sgradito presidente dell’Anas, pur di allontanarlo. Baita dice che l’intervento sarebbe stato chiesto proprio per aiutare Lunardi a restituire la somma elargita.
Il Pdl milanese
Oltre all’imponente corruzione contestata a politici, Corte dei conti e Magistrato alle acque, nei confronti dei politici emerge un quadro di distribuzione a pioggia di finanziamenti da parte del Consorzio Venezia Nuova. Dopo i 560 mila euro che sono costati l’arresto al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, dall’inchiesta emergono altre curiosità. Per esempio, sempre Baita racconta delle crescenti richieste di intervento «politico» da parte del Consorzio Venezia Nuova. Fu in quel periodo, erano gli anni 2005 e 2006, che il gruppo Mantovani pensò di usare la società Bmc di San Marino per creare fondi neri da utilizzare per versare tangenti e per sostenere campagne elettorali: «Come quella del governatore Galan». Un’attività che a detta dell’ex presidente della Mantovani faceva già con l’entourage del Pdl milanese. I cui esponenti, afferma, si sarebbero presentati con l’accredito di Niccolò Ghedini, allora coordinatore del partito in Veneto.
La griglia
La griglia dei finanziamenti politici era ben definita. C’erano quelli episodici e c’erano quelli «periodici regolari», cioè le campagne elettorali. Tutte quelle degli ultimi dieci anni (tranne l’ultima), dalle politiche alle amministrative: Regione, Provincia, Comune. Perché tutti avevano qualche competenza, qualche autorizzazione da dare per il lavori del Consorzio e tutti dunque dovevano essere coccolati. I ministeri per i finanziamenti e per la concessione degli specchi d’acqua, la Regione per la valutazione di impatto ambientale e per rimuovere «ostacoli» improvvisi come le proteste dei Verdi, il Comune per i temi urbanistici. Mazzacurati proponeva così un budget di fondi neri per ogni campagna elettorale, dice Baita. L’elenco l’avrebbe fatto lui in persona, la scelta era ecumenica: «Pagava tutti», destra, sinistra e centro, dal Pdl alla sinistra vicina alle coop rosse che facevano capo a Pio Savioli. «Uniti e compatti con Lenin, Togliatti e Mao Tse Tung» gli dice in un’intercettazione un uomo di Mazzacurati. I soldi non andavano ai partiti ma ai politici, soprattutto quelli che avevano la possibilità di vincere. Cosa che avrebbe infastidito talvolta le segreterie che non vedevano arrivare un euro. Baita parla di un tariffario fissato di volta in volta ma che andava dai circa 200 mila euro per le regionali e comunali a una cifra compresa fra i 300 e i 500 mila euro per le politiche. Fin qui, le rivelazioni dell’imprenditore. «Sono sconcertato da queste parole» ha replicato venerdì Mazzacurati, un tempo amico e socio del presidente della Mantovani.
Il disturbatore
L’ultima indiscrezione riguarda l’attività di tutela delle sue telefonate. Temendo intercettazioni da parte degli inquirenti, cosa che fu confermata dal generale della Guardia di finanza, il presidentissimo chiamò pure una società di sicurezza privata, la Italia service di Mirco Voltazza, finito indagato. Il quale lo avrebbe dotato di un sofisticato sistema di disturbo della linea telefonica. Fra i tanti favori a politici, magistrati e funzionari, il giudice per le indagine preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza, ricorda infine una cena del 18 novembre 2009 all’Harry’s Bar. Si festeggiava il compleanno della moglie del Magistrato alle acque, Patrizio Ciccioletta, arrestato per lo «stipendio» in nero di 400 mila euro l’anno. Quella sera pagò Mazzacurati e gli invitati, dieci, ringraziarono. Per il gip non ci sono dubbi: «Era denaro pubblico».
Andrea Pasqualetto
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