80 euro non bastano, le 10 crepe del decreto Irpef

by redazione | 6 Giugno 2014 8:35

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È segno del degrado della poli­tica vedere uti­liz­zato il decreto sugli 80 euro (n 66/2014) – in discus­sione al Senato e tra un po’ alla Camera – per motivi pub­bli­ci­tari e di posi­zio­na­mento poli­tico, senza entrare vera­mente nel merito del prov­ve­di­mento. Che non riguarda solo gli 80 euro in busta paga a 10 milioni di per­sone, ma molto altro. Bene dare 80 euro al 25% dei con­tri­buenti e alzare la tas­sa­zione delle ren­dite e alle ban­che per le quote riva­lu­tate di Banca d’Italia. Ma c’è molto di più in quel prov­ve­di­mento: dra­stici tagli agli enti locali e ai ser­vizi sociali per i cit­ta­dini, aumento della tas­sa­zione ai pic­coli rispar­mia­tori, gabelle per i pas­sa­porti e altro, sot­tra­zione di 150 milioni alla Rai e pro­ba­bile licen­zia­mento del per­so­nale e molto altro. 10 sono le crepe più pre­oc­cu­panti di que­sto decreto.

NON PER TUTTI
Fuori da que­sto bene­fi­cio, ci sono le cate­go­rie più povere e biso­gnose: circa 6 milioni di per­sone. Per ogni ita­liano con­tento, un altro (pre­ca­rio, pen­sio­nato) è imbu­fa­lito. Un prov­ve­di­mento rivolto alle classi sociali più basse avrebbe com­bat­tuto la povertà estrema con effetti macroe­co­no­mici più signi­fi­ca­tivi. Il governo ha pro­messo che lo farà nel 2015. Per il momento è un annuncio.

UNA TAN­TUM, MA NON PER LE IMPRESE
Allo stato attuale l’impegno è per il 2014. Per il 2015 ci pen­serà la legge di sta­bi­lità di otto­bre. Da notare che nel decreto Irpef, men­tre il van­tag­gio per i lavo­ra­tori è una tan­tum, solo per il 2014, il van­tag­gio per le imprese (ridu­zione ali­quota Irap) è con­ta­bi­liz­zato – sta­bi­liz­zan­dolo – anche per il 2015 ed il 2016. Una tan­tum per i lavo­ra­tori, ma non per le imprese.

EFFETTI MACROE­CO­NO­MICI NULLI
Il Def, dice che l’effetto sul Pil di que­sta misura è dello +0,1%. Alcuni isti­tuti indi­pen­denti dicono che l’effetto è nullo;secondo altri ha un impatto nega­tivo. Infatti l’effetto posi­tivo del taglio delle tasse è com­pen­sato da quello alla spesa, che ha un effetto nega­tivo sul Pil. E il «mol­ti­pli­ca­tore» della spesa in inve­sti­menti è supe­riore a quello del taglio delle tasse.

NES­SUN EFFETTO REDI­STRI­BU­TIVO
Mag­giore red­dito per la fascia indi­vi­duata (lavoro dipen­dente e assi­mi­lato, ceto medio) non viene otte­nuto da una distri­bu­zione della ric­chezza dai red­diti più alti o dai grandi patri­moni, ma attra­verso –in buona parte– una ridu­zione della spesa, che ha effetti su pre­sta­zioni e ser­vizi (regioni ed enti locali) di cui la stessa fascia sociale bene­fi­cia­ria del prov­ve­di­mento è frui­trice. Que­sto sarà vero dal 2015 in poi – se il prov­ve­di­mento sarà sta­bi­liz­zato – per­ché otte­nuto con la spen­ding review.

COPER­TURE TRA­BAL­LANTI E DAN­NOSE
Quasi la metà delle coper­ture sono una tan­tum (riva­lu­ta­zione quote Banca d’Italia, paga­mento Iva delle imprese cre­di­trici della Pa) e una parte (2miliardi e 100milioni) col­pi­sce le spese di regioni, enti locali e mini­steri. L’ufficio studi del Senato ha espresso pro­fonde cri­ti­che sulle coper­ture indi­vi­duate dal governo. Le entrate dell’Iva legate alla liqui­da­zione dei debiti della Pa non rap­pre­sen­tano nuove risorse, ma solo un anti­cipo per i pros­simi anni. C’è poi l’Irap: secondo i tec­nici del Senato ci sarà un minor get­tito rispetto ai 2 miliardi pre­vi­sti. Dif­fi­cili anche i 2 miliardi di risul­tato del con­tra­sto all’evasione per il 2015: «Non è stata for­nita alcuna infor­ma­zione in merito a even­tuali stru­menti o meto­do­lo­gie che si ipo­tizza di uti­liz­zare per il rag­giun­gi­mento dell’obiettivo», dicono dal Senato. Un po’ come faceva Tremonti.

TAGLI AI SER­VIZI, MENO WEL­FARE
Il decreto pre­vede 2,1 miliardi di tagli a enti locali, regioni e mini­steri. Gra­vis­simo, per­ché signi­fica tagli ai ser­vizi per i cit­ta­dini. Ognuno si arran­gerà, chi ridurrà l’illuminazione, chi abbas­serà la tem­pe­ra­tura dei riscal­da­menti, chi taglierà i finan­zia­menti alle asso­cia­zioni, chi ridurrà la manu­ten­zione delle strade, chi farà meno ini­zia­tive cul­tu­rali, chi ridurrà il finan­zia­mento all’assistenza spe­cia­li­stica ai disa­bili e alla sanità. Il pre­si­dente della Regione Puglia, Ven­dola, ha dichia­rato che gli 80 euro vanno bene «pur­ché non impor­tino dra­stici tagli alla Pub­blica Ammi­ni­stra­zione». Pro­prio di que­sto si tratta. La Regione Puglia, a causa di que­sto decreto, dovrà tagliare 46 milioni dal suo bilancio.

COMUNI, ZONE AGRI­COLE E MON­TANE
L’esenzione dall’Imu per le pic­cole aziende agri­cole delle zone col­li­nari e mon­tane viene ridotta di 350 milioni di euro. Ma il get­tito non va ai Comuni, ma all’erario. Non solo si pena­liz­zano le pic­cole aziende agri­cole delle zone interne, ma si sot­trag­gono le risorse per i Comuni.

I TAGLI ALLA RAI

Ven­gono tolti alla Rai 150milioni: si arrangi ven­dendo Rai­Way. Il pro­blema non è la giu­sta lotta agli spre­chi, ma il licen­zia­mento dei lavo­ra­tori (a par­tire dai pre­cari). Poi c’è la tassa sul rila­scio dei pas­sa­porti che passa da 40 a 73 euro. Poi ce n’è una nuova: 300 euro per «il rico­no­sci­mento della cit­ta­di­nanza ita­liana». Infine, altra sor­presa per 25milioni di pic­coli rispar­mia­tori e cor­ren­ti­sti ita­liani: la tassa sugli utili dei conti cor­renti passa dal 20 al 26%.

COPER­TURE FUTURE IMPRO­BA­BILI
La Banca d’Italia ha detto che per il 2015 ser­vono oltre 14 miliardi per finan­ziare que­sta misura, inclu­dendo l’allargamento agli inca­pienti. A que­ste risorse biso­gna aggiun­gere quelle che dovremo repe­rire per gli «sforzi aggiun­tivi» chie­sti da Bru­xel­les: tra 8 e 10 miliardi. Poi, ser­vono i soldi – che si met­tono in legge di sta­bi­lità – per misure inde­ro­ga­bili, quali la Cig, il 5 per mille, le mis­sioni mili­tari all’estero. In tutto, a seconda delle stime, una somma supe­riore ai 25 miliardi di euro. Renzi pre­vede di tro­vare tutti que­sti soldi dalla spen­ding review di Cot­ta­reli per il il 2015 (17 miliardi) e con la cre­scita. Quale? Va ricor­dato che nel 2014, l’obiettivo di Cot­ta­relli è stato abbas­sato di circa il 25%. Se avve­nisse lo stesso anche nel 2015, sareb­bero dispo­ni­bili poco più di 12 miliardi e ne man­che­reb­bero molti altri. I 2miliardi da lotta all’evasione fiscale sono vir­tuali, dicono i tec­nici del Senato.

80 EURO E TASSE
I bene­fici degli 80 euro sono com­pen­sati da nuove tasse: aumento sulla prima casa (+60% rispetto al 2013, secondo Banca d’Italia), sui conti cor­renti, aumento addi­zio­nali Irpef comu­nali e regio­nali (a causa dei tagli dei tra­sfe­ri­menti), man­cati aumenti con­trat­tuali per il pub­blico impiego per il blocco degli ultimi 5 anni e dei pros­simi 3 com­por­tano bene­fici dubbi dal com­plesso di que­sta misura. Le nuove tasse – secondo la Uil – si man­ge­ranno nei pros­simi 8 mesi oltre il 40 per cento del bonus degli 80: dei 640 euro in più si dovranno sot­trarre 278 euro (Tasi più addi­zio­nali comu­nali Irpef). Ciò signi­fica la ridu­zione al 56% dei bene­fici. Se a tutto ciò si aggiun­gono gli effetti dei tagli agli enti locali, la beffa è certa. Bene gli 80 euro (per chi li prende) ma tutto il resto? È un mezzo disa­stro: tagli dra­stici agli enti locali e ai ser­vizi e tante impo­ste indi­rette, effetti redi­stri­bu­tivi e macroe­co­no­mici quasi nulli. Nes­sun effetto sul lavoro e sulla disoc­cu­pa­zione che con­ti­nua a galop­pare (al 13,6%, per i gio­vani al 46%). L’aumento del Pil pre­vi­sto dal governo (+0,8%) – con il quale spera di finan­ziare in futuro il prov­ve­di­mento – è già nel libro dei sogni. Lo dicono Istat, Ocse e la Com­mis­sione euro­pea che lo ha già abbas­sato allo 0,6%. Per il primo tri­me­stre 2014 (dati Istat) siamo già allo 0,1%. Rimane la ricetta Cot­ta­relli: pri­va­tiz­za­zioni e altri tagli al pub­blico impiego, al wel­fare e agli enti locali. E rimane quello che ha dichia­rato Padoan al festi­val dell’economia di Trento: «sono a favore dell’aumento dell’età pen­sio­na­bile». Non pro­prio una mossa anti-austerità.

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