La Ue: via la data di scadenza da pasta e caffé Ma è battaglia

La Ue: via la data di scadenza da pasta e caffé Ma è battaglia

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ROMA . Lunga vita a pasta, riso e caffè. L’Unione Europea si appresta a rivoluzionare le dispense eliminando la tradizionale dicitura “Da consumarsi preferibilmente“ dalle etichette di confezione di molti prodotti. E già si annuncia un agguerrito fronte di contrari, dalla Coldiretti ai nutrizionisti. Stamattina a Bruxelles è all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell’agricoltura una proposta avanzata dalle delegazioni di Olanda e Svezia: via per sempre il Tmc. Alias “Termine minimo di conservazione”. «Il Tmc è un’indicazione ben diversa dalla data di scadenza», dice preoccupato Rolando Manfredini, responsabile qualità e sicurezza alimentare Coldiretti, «ma pur sempre introdotta con lo scopo di tutelare i consumatori». Ad appoggiare olandesi e svedesi ci sono Austria, Germania, Danimarca e Lussemburgo. Tutti convinti, evidentemente, della necessità di contenere gli sprechi di cibo che contraddistinguono la maggior parte dei paesi europei. Bisogna vedere cosa diranno gli altri paesi, ma la questione rischia di trasformarsi in un braccio di ferro europeo.
Di certo, rimarrà tutto uguale per gli alimenti ever green: vino, aceto, sale, zucchero, bevande alcoliche. Stesso discorso per quei cibi dalla vita breve (che hanno il termine di scadenza obbligatorio e ben chiaro sull’etichetta) come latte, yogurt, olio di oliva extra vergine, prosciutto affettato. Potrebbe cambiare tutto, invece, per gli “ibridi”. Parliamo di pasta, riso, caffè. Ma anche di formaggi duri, biscotti, cracker e surgelati. Alimenti che, grazie alla benedizione dell’Ue, potrebbero diventare praticamente eterni. Olanda e Svezia ritengono che tutti i prodotti che hanno una lunga durata, e conservano la loro qualità per un tempo molto prolungato, potrebbero essere esentati dall’obbligo di fornire una data sull’etichetta.
Il rischio è che, in tempi difficili, con questo ulteriore cambiamento la scadenza diventi un concetto sempre più vago e inane. «Già oggi, complice la crisi economica, appena il 36% degli italiani dichiara di attenersi rigorosamente alla data di scadenza dei prodotti riservandosi di valutare personalmente la qualità», spiega Manfredini, «solo il 54% degli italiani controlla una volta al mese il frigorifero e il 65% la dispensa». Ma non è così che si risparmia. Anzi. «Apparentemente la proposta sul tavolo della Ue mira a ridurre gli sprechi ma in realtà si va contro la salute perché tanto più ci si allontana dalla data di scadenza tanto più vengono a mancare i requisiti di qualità del prodotto, come il sapore e la fragranza».
Ci troveremmo di fronte, insomma, a una sorta di “degradazione naturale” della dispensa. «È impossibile che il caffè o la pasta consumati dopo qualche mese abbiano lo stesso sapore», conclude Manfredini. I dati sugli sprechi, però, sembrano dare ragione a olandesi e svedesi. In Italia, ogni anno, una famiglia spende 515 euro in alimenti che non consumerà mai. Più di 4 mila tonnellate di cibo acquistate dai consumatori e buttate, ogni giorno, in discarica.



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