Ucraina, trionfa Poroshenko il «re del cioccolato»
DONETSK — Ore 21 e 15 minuti, Kiev. Petro Poroshenko si presenta davanti ai giornalisti. È il nuovo presidente dell’Ucraina con un largo margine, il 55,9%, e dunque non ci sarà bisogno del secondo turno. Ore 21 e 16 minuti, Donetsk. Tra le barricate del palazzo del governatorato i militanti filo russi ostentano indifferenza, come se davvero quelle notizie, quel risultato non li riguardassero. Vladimir, 70 anni, pensionato porge una copia di NovaRussia , organo ufficiale dell’entità nata dalla fusione delle Repubbliche del Donbass e di Luhansk. C’è anche la bandiera, simile a quella della Scozia, ma con i colori di Mosca: croce di Sant’Andrea blu in campo rosso.
In quegli stessi minuti Poroshenko sta annunciando che il suo primo viaggio sarà nel Donbass e sta ripetendo lo slogan della sua campagna: «In tre mesi arriveranno i risultati nel processo di pacificazione». Ma dalla giornata di ieri emerge un quadro molto complicato. A Kiev e nella gran parte del Paese, è la domenica di un voto sostanzialmente corretto, anche se non sono mancati qua e là episodi sospetti rilevati dagli osservatori internazionali. Con le lunghe file, l’affluenza record per il Paese: oltre il 60 per cento su 41,8 milioni di elettori, compresi gli 1,8 della Crimea e i quasi 5 delle regioni di Donetsk e Luhansk. La scelta è netta: fiducia a Poroshenko, 48 anni, industriale del cioccolato, 1,6 miliardi di dollari di patrimonio, due volte ministro, anche all’epoca del predecessore spodestato, Viktor Yanukovich. Bocciata, invece, Yulia Tymoshenko, la figura più conosciuta di questa competizione, che si ferma solo al 12,9% (exit poll). Nella capitale, da registrare la vittoria dell’ex campione del mondo di pugilato Vitali Klitschko: sarà il nuovo sindaco.
Ma se Kiev si muove, con la benedizione del presidente americano Barack Obama («Gli Stati Uniti non vedono l’ora di lavorare con il prossimo presidente»). Donetsk non arretra. Il gruppo dirigente dei filo russi aveva annunciato che qui non si sarebbero tenute le elezioni. E così è stato. Tutte le scuole in cui si era celebrato il referendum indipendentista dell’11 maggio sono state chiuse. L’unico tentativo di forzare il blocco si è verificato nell’istituto tecnico industriale di Celjuskincev. Ma i kalashnikov di 17 miliziani separatisti hanno convinto i due poliziotti di guardia e i quattro componenti della commissione elettorale a uscire. Le urne di plexiglass sono state issate su un camion e portate in trionfo fino al Governatorato. Alcune fatte a pezzi a beneficio dei fotografi, altre riciclate come cestini per i rifiuti. Qualcuno è riuscito a votare in altre città della regione, per esempio a Mariupol, mentre i combattimenti non si sono fermati nella zona di Sloviansk, dove due giorni fa è stato ucciso il fotoreporter Andrea Rocchelli. Anche nel giorno delle presidenziali la deriva dell’Est ,o della «Nuova Russia», sembra difficile da fermare.
Poroshenko è convinto, così ha dichiarato ieri sera, di poter dialogare «in modo costruttivo» con la Russia, mantenendo, nello stesso tempo, il piano di una progressiva integrazione con l’Ue. C’è, però, un passaggio nel discorso del post-vittoria che andrà valutato con attenzione. Sostiene Poroshenko: «Tutta l’Ucraina ha votato e l’Ucraina ha scelto di essere un unico Paese, contro la federalizzazione». Se è così, se lo schema di uno Stato federale è escluso, resta da capire quale sarà l’offerta politica che il neo presidente porterà ai miliziani del Donbass per convincerli a deporre le armi.
Giuseppe Sarcina
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