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«La disil­lu­sione verso l’Unione euro­pea è giu­sti­fi­cata, per­ché quando le diret­tive fanno male è logico che la gente sia in col­lera. Ma non è l’Unione in quanto tale ad essere respon­sa­bile», afferma Patrick Le Hya­ric, diret­tore de L’Humanité e mem­bro del con­si­glio nazio­nale del Pcf. È in piena cam­pa­gna elet­to­rale per rin­no­vare il seg­gio a Stra­sburgo con il Front de Gau­che, dell’eurogruppo della Sini­stra euro­pea Gue — che secondo Poll­watch potrebbe supe­rare i Verdi in numero di eurodeputati.

Se la rab­bia verso l’Ue è giu­sti­fi­cata, come fate a moti­vare l’elettorato ad andare a votare?

Dicendo che le scelte che non ci piac­ciono sono scelte fatte dalla mag­gio­ranza, votata a suf­fra­gio uni­ver­sale. Quindi, non andare a votare signi­fica dare un asse­gno in bianco. Oggi, la Ue appare lon­tana, addi­rit­tura con­tro la gente. C’è la crisi, eco­no­mica e sociale, e l’idea stessa di pro­getto euro­pea ne risente. C’è anche il disin­te­resse dei media, durante il man­dato. Nes­suno chiede mai ai par­la­men­tari che cosa hanno votato e per­ché. Que­sto spinge la chie­dersi: ma allora a cosa serve?

Qual è il bilan­cio dal 2009 e che cosa pro­po­nete per i pros­simi cin­que anni?

Noi difen­diamo un’Europa soli­dale e di coo­pe­ra­zione. Abbiamo incas­sato molte delu­sioni, pur avendo lavo­rato sulla crisi. Penso al disac­cordo sul con­trollo e la disci­plina del bud­get, sulla difesa dell’acciaio, sul man­cato rio­rien­ta­mento della Pac, che lascia la porta aperta a un’agricoltura sem­pre più indu­striale. Ma almeno siamo riu­sciti a difen­dere il Fondo per gli aiuti ali­men­tari. Adesso ci sono grandi que­stioni in ballo: per quanto ci riguarda, il pro­getto pro­gres­si­sta di una Carta dei diritti fon­da­men­tali, con un sala­rio minimo, in ogni paese e in pro­spet­tiva a livello euro­peo, anche se è dif­fi­cile viste le dif­fe­renze sala­riali. Ci vor­rebbe una clau­sola di non regres­sione sociale, per non met­tere in con­cor­renza i lavo­ra­tori. Abbiamo votato un rap­porto sul red­dito minimo, ora sul tavolo della Com­mis­sione. Mal­grado le scon­fitte, con­ti­nua la bat­ta­glia per l’eguaglianza uomo-donna. Si è aperto uno spi­ra­glio con il dibat­tito sulla «garan­zia gio­vani». Per ora sono 6 miliardi, ma il Bit valuta che ne ser­vi­reb­bero almeno 21. In Europa ci sono mille miliardi di eva­sione fiscale, mille miliardi sono stati dati alle ban­che, non è quindi que­stione di soldi: vogliamo inve­stire nell’umano, nell’avvenire? Biso­gna recu­pe­rare chi è stato escluso dal sistema sco­la­stico, allar­gare Era­smus, tra­sfor­mare i lavori pre­cari in occu­pa­zione sta­bile. La Bce deve essere rifor­mata: difen­diamo l’idea di un fondo che acqui­si­sca parte del debito degli stati e finanzi pro­getti di svi­luppo, in par­ti­co­lare nella tran­si­zione eco­lo­gica, che signi­fica milioni di posti di lavoro poten­ziali. Se ci sarà una mag­gio­ranza di sini­stra, con gli eco­lo­gi­sti, sono pro­getti da rea­liz­zare per uscire dall’austerità.

Ma il cen­tro di gra­vità del pros­simo euro­par­la­mento rischia di spo­starsi a destra, con l’arrivo dei par­titi anti-europei. Con­si­glia a Tsi­pras di allearsi con Schultz?

Biso­gne­rebbe esa­mi­nare la pos­si­bi­lità di un can­di­dato comune, met­ten­dosi d’accordo su un certo numero di temi: prima di tutto l’uscita dall’austerità, tenendo conto della richie­sta della Con­fe­de­ra­zione euro­pea dei sin­da­cati, che indica l’investimento del 2% delle risorse in un piano di inve­sti­menti, una garan­zia per i gio­vani e, con­di­tio sine qua non, il rifiuto del Ttip, il Trat­tato tran­sa­tlan­tico. Come si fa ad accet­tare di fon­dere la Ue in un grande mer­cato sotto il con­trollo delle mul­ti­na­zio­nali? La Ue avrebbe i mezzi per resi­stere, se lo volesse.

Che con­se­guenze teme se la destra popu­li­sta arri­verà in forza?

Non avranno la mag­gio­ranza, ma una forte pre­senza può spin­gere alla costi­tu­zione di un blocco cen­trale che farà la poli­tica del male minore, esclu­dendo le pro­po­ste della sini­stra: se suc­cede, arri­ve­remo a frat­ture ter­ri­bili, sulla base di false argo­men­ta­zioni, come far cre­dere che la solu­zione sia l’uscita dall’euro, che por­te­rebbe alla sva­lu­ta­zione sala­riale, a una dimi­nu­zione del rispar­mio, a mag­giore con­cor­renza e spe­cu­la­zione. Sono stato con­tro Maa­stri­cht, con­tro il Trat­tato costi­tu­zio­nale, con­tro il Two e il Six Pack e metto in guar­dia da anni: quello che sta suc­ce­dendo è il risul­tato di scelte fatte dalla fine degli anni ’80-inizio ’90, se non si cam­bia andiamo verso la cata­strofe, che ha già por­tato alla crisi della stessa idea di Europa.



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