Strage di Boko Haram, 300 morti in 12 ore

by redazione | 8 Maggio 2014 9:38

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A bef­fare e rubare la scena al governo di Good­luck Jona­than e alle élite economico-finanziarie locali impe­gnate ad acco­gliere la prima volta in Africa occi­den­tale del World Eco­no­mic Forum, è ancora una volta Boko Haram: il gruppo isla­mi­sta che almeno a par­tire dal 2009 tiene in pugno le classi diri­genti nige­riane.
Così, il Davos d’Africa — come è stata ribat­tez­zata per l’occasione la mani­fe­sta­zione di respiro inter­na­zio­nale (tra gli ospiti anche il pre­mier cinese Li Keqiang) — invece di essere una vetrina affa­ri­stica per gli inve­sti­menti nel Paese e uffi­cia­liz­zare il rico­no­sci­mento della cre­scente impor­tanza eco­no­mica e poli­tica della Nige­ria nel con­ti­nente afri­cano, si sta rive­lando un riflet­tore disi­ni­bito delle fra­gi­lità poli­ti­che e mili­tari dell’odierna ammi­ni­stra­zione.
Tre­cento morti in 12 ore. La furia squa­dri­sta di Boko Haram si è sca­te­nata que­sta volta al con­fine della Nige­ria con il Came­run, nella città di Gam­boru Ngala che è la sede ammi­ni­stra­tiva del Ngala Local Govern­ment Area dello stato del Borno (200 km dalla capi­tale Mai­du­guri). Sono arri­vati lunedì prima dell’alba a bordo di pick-up e mezzi blin­dati, armati di fucili d’assalto, molo­tov e lan­cia­gra­nate a razzo, dopo aver fatto fuoco nell’affollato mer­cato locale aperto in quelle ore, quando le tem­pe­ra­ture, come in ogni regione semi­de­ser­tica, sono più basse.
A Gam­boru invece la gente dor­miva. Hanno dato alle fiamme case, negozi e vei­coli, fred­dando e tagliando la gola a chi ten­tava di fug­gire. Cen­ti­naia i corpi lasciati sul ter­reno e altret­tanti i feriti, rac­con­tano i soprav­vis­suti ai gior­nali locali. A con­fer­mare la strage è il sena­tore fede­rale Ahmed Zan­nah: «Circa 300 per­sone sono morte. Quasi tutte le case sono state distrutte dal lan­cio di esplo­sivi».
In pre­ce­denza, gli isla­mi­sti ave­vano fatto irru­zione a Warabe e Wala – nel Chi­bok Local Govern­ment Area — e rapito altre 11 ragazze di età com­presa tra i 12 e i 15 anni che si vanno ad aggiun­gere alle oltre 200 ado­le­scenti seque­strate il 14 aprile scorso. Per il cui ritro­va­mento la poli­zia nige­riana ha offerto una taglia di 50 milioni di naira (pari a circa 300 mila dol­lari) a chiun­que for­nirà infor­ma­zioni utili. A pro­vo­care l’indignazione e la mobi­li­ta­zione della comu­nità inter­na­zio­nale è stata la dif­fu­sione nei giorni scorsi del video in cui il lea­der di Boko Haram, Abu­ba­kar She­kau, minac­cia di ven­dere le ragazze come schiave al mer­cato.
Ed è lo stesso Barack Obama, in un’intervista all’ Abc, a espri­mersi su que­sti rapi­menti che «pos­sono essere l’evento che aiuta a mobi­li­tare l’intera comu­nità inter­na­zio­nale a fare final­mente qual­cosa con­tro que­sta orga­niz­za­zione spa­ven­tosa che ha per­pe­trato un cri­mine così ter­ri­bile».
Anche la Gran Bre­ta­gna ha offerto aiuto, con il mini­stro degli Esteri Wil­liam Hague che però ieri su Sky News ha chia­rito che sarebbe «dif­fi­cile, per­ché que­sto è soprat­tutto un pro­blema per la Nige­ria». Men­tre da Parigi Fra­nçois Hol­lande ha già auto­riz­zato l’invio di agenti dei ser­vizi di sicu­rezza, secondo quanto ripor­tato dal mini­stro degli esteri fran­cese Lau­rent Fabius.
L’Eliseo, con più di 4000 sol­dati attual­mente dispie­gati tra il Mali e la Repub­blica Cen­tra­fri­cana, aveva già in pas­sato espresso pre­oc­cu­pa­zioni che Boko Haram potesse dif­fon­dersi più a nord nel Sahel e ha tutto l’interesse a evi­tare un dete­rio­ra­mento delle con­di­zioni di sicu­rezza in Nige­ria. Mar­tedì scorso da Gine­vra era stato il por­ta­voce dell’Onu Col­ville a met­tere in guar­dia Boko Haram sul divieto asso­luto che vige nel diritto inter­na­zio­nale con­tro la schia­vitù e la schia­vitù ses­suale che «pos­sono, in deter­mi­nate cir­co­stanze, costi­tuire cri­mini con­tro l’umanità».
Il World Eco­no­mic Forum si è aperto così ieri ad Abuja, tra misure di sicu­rezza raf­for­zate, la minac­cia pen­dente di Boko Haram, e le noti­zie del massacro.

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