Il rogo e i salti nel vuoto I bruciati vivi di Odessa

by redazione | 4 Maggio 2014 9:06

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DONETSK — Fiori e candele a Donetsk davanti alle barricate dei filorussi. «Vendicheremo gli eroi di Odessa», gridano dai gradini del Governatorato i leader del movimento. Ed è come se l’odore acre delle molotov di Odessa arrivasse fin qua per mescolarsi al fumo che si alza su Kramatorsk, su Sloviansk, le città attaccate dall’esercito ucraino. I separatisti non hanno dubbi: l’incendio di Odessa è un atto criminale organizzato dai «fascisti» di Kiev. In piazza le donne, i giovani ripetono la versione diffusa per tutta la giornata dai canali russi, gli unici visibili a Donetsk, dopo l’occupazione dell’antenna di Stato. Il bilancio ufficiale (ma non ancora definitivo) conta 46 morti, tra cui i 38 carbonizzati nel Palazzo dei sindacati, dove si erano rifugiati i manifestanti pro Russia. I feriti sono 214. Il presidente a interim dell’Ucraina, Oleksandr Turchinov, ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale. Ma nessuno, né da una parte né dall’altra, ha saputo fermarsi un momento, spendere una parola, un gesto di umanità per tutte le vittime, sia che portassero i colori giallo e azzurro nazionali o i nastrini nero arancioni dei separatisti. La stessa ricostruzione dei fatti è subito diventata strumento di propaganda: basta pescare alcune immagini e scartarne altre nel crudele repertorio di venerdì due maggio. Su quanto è avvenuto a Odessa anche l’Europa vuole capire: ieri il capo della diplomazia Ue, Catherine Ashton, ha chiesto una «inchiesta indipendente sui fatti che hanno portato alla tragica perdita di tante vite».
Ci sono, però, alcuni punti fermi. Alle 15 è fissata nel centro della città una manifestazione pro Maidan. Vi partecipano circa 1.500 attivisti di Odessa, in gran parte giovani, studenti, ma tra loro ci sono anche gli estremisti e ultranazionalisti di Pravi Sektor («Settore destro»). Alle 16 si gioca la partita di calcio tra la squadra di casa, il Chernomorets e il Metallist di Kharkiv. Gli ultrà di tutti i club si sono federati da mesi a sostegno dell’unità nazionale. Un fenomeno tutt’altro che laterale o di costume, come purtroppo si è visto ieri. I tifosi, armati di bastoni, si sono trovati di fronte un qualche centinaio di militanti filorussi, alcuni dei quali sicuramente con pistole automatiche e mazze da baseball.
Tutto preparato evidentemente, su entrambi i fronti. Scontro violentissimo che ha subito spezzato i cordoni della polizia. Sassaiole, inseguimenti, bastonate e, infine, colpi di pistola. Risultato: otto morti e centinaia di feriti. Ma purtroppo il peggio doveva ancora venire. I filo russi ripiegavano verso il loro presidio di partenza, una piazza dove erano state montate alcune tende. Nel frattempo, come mostrano i filmati, diverse ragazze si fermano in circolo per preparare bottiglie molotov con una naturalezza disarmante, neanche fossero barattoli di marmellata. Di quale schieramento fanno parte? Da dove sono spuntate le taniche di benzina? E gli stoppini per l’innesco già pronti?
E si arriva all’epilogo. I separatisti si rifugiano nel Palazzo dei sindacati. Gli ultrà e altri attivisti pro Maidan li inseguono; le bottiglie incendiarie sono pronte. Dal tetto gli assediati fanno cadere di tutto, da sotto rispondono con sassi e ordigni. La polizia sostiene che sarebbero state le molotov dei filorussi ad appiccare le fiamme. In pochi minuti i tendaggi e le tappezzerie consunte hanno alimentato l’inferno. Diversi ragazzi e ragazze, disperati, si gettano dalle finestre. Una scena che riporta alla memoria l’11 settembre di New York. Ma questa volta non c’è pietà. Le televisioni russe attribuiscono le peggiori nequizie ai filo-ucraini, accusandoli di aver circondato e continuato a bastonare chi cercava di fuggire alle fiamme. Il governo di Kiev accusa l’ex vice premier Sergei Abuzov e l’ex ministro delle Finanze Oleksandr Klimenko di aver fomentato i disordini, finanziando i «sabotatori» provenienti dalla Russia e dalla Transnistria, la regione filo Mosca secessionista nella confinante Moldova. Per ora è stato sostituito il capo della polizia di Odessa, Petro Lutsiuk, e si sta procedendo a vagliare la posizione dei 144 arrestati. Triste dirlo, ma la partita di calcio si è giocata lo stesso.

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