Il ritorno del mutualismo in Italia: il futuro è partecipazione

Il ritorno del mutualismo in Italia: il futuro è partecipazione

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Gli iscritti alle società di mutuo soc­corso sono aumen­tati in quat­tro anni del 70%. Nel 2010 erano poco meno di 600 mila. Secondo la Fede­ra­zione Ita­liana Mutua­lità Inte­gra­tiva Volon­ta­ria (FIMIV), oggi sono arri­vati a quasi un milione. Un record impres­sio­nante pro­dotto dagli oltre 15 miliardi di tagli alla sanità pub­blica dal 2010 ad oggi impo­sti dalle poli­ti­che di auste­rità e dal dra­stico peg­gio­ra­mento della con­di­zione eco­no­mica delle famiglie.

Nell’ultimo quin­quen­nio sono nate oltre cento società di mutuo soc­corso. Un accordo tra FIMIV e Con­f­coo­pe­ra­tive ha dispo­sto che la mutua­lità sia finan­ziata dalle ban­che di cre­dito coo­pe­ra­tivo ope­ranti in tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale, dalla Lom­bar­dia alla Puglia. Un altro fronte di svi­luppo è quella dei con­tratti nazio­nali. Sono almeno cin­quanta i rin­novi che pre­ve­dono forme di mutua­lità. Ci sono fondi che inte­res­sano gli ope­ra­tori del com­mer­cio, i chi­mici o i metalmeccanici.

Ad avere influito sul rin­no­vato svi­luppo del mutua­li­smo sono state due deci­sioni. Dal 2008 due decreti varati dal governo prodi e poi da quello Ber­lu­sconi hanno auto­riz­zato l’istituzione dei Fondi sani­tari inte­gra­tivi, in attua­zione della riforma sani­ta­ria del 1999. Una legge del 2012 ha poi aggior­nato la nor­ma­tiva sul mutuo soc­corso che risa­liva al 1886 dispo­nendo alcune norme fiscali per favo­rire la dedu­ci­bi­lità delle spese per l’assistenza sani­ta­ria inte­gra­tiva per le aziende che la pre­ve­dono per i pro­pri dipen­denti (3600 euro circa a per­sona). Secondo la Fimiv le per­sone coin­volte nel wel­fare azien­dale supe­rano oggi i 14 milioni. Dieci anni fa erano non più di 3 milioni.

Quello del mutuo soc­corso è anche una realtà eco­no­mica. Nel 2011 un rap­porto del Par­la­mento Euro­peo aveva cal­co­lato in 180 miliardi di euro i con­tri­buti rac­colti dalle mutue in tutto il con­ti­nente. Il mutuo soc­corso occu­pava allora 350 mila per­sone, garan­tendo coper­ture sociali e sani­ta­rie di tipo com­ple­men­tare, di ispi­ra­zione soli­da­ri­stica e non pri­va­ti­stica come le assi­cu­ra­zioni sani­ta­rie private.

«Soste­niamo la par­te­ci­pa­zione, non la privatizzazione»

Per Vale­rio Ceffa, diret­tore della società di mutuo soc­corso Insieme Salute che sabato 10 mag­gio terrà l’assemblea annuale al grat­ta­cielo Pirelli a Milano e festeg­gerà i suoi primi vent’anni di esi­stenza, la spie­ga­zione di que­sta cre­scita note­vole è duplice. «Il mutua­li­smo sta cre­scendo per­ché offre solu­zioni alle dif­fi­coltà del sistema sani­ta­rio pub­blico. Nel frat­tempo è anche cre­sciuta la cul­tura della pre­vi­denza sani­ta­ria, un ele­mento molto mar­gi­nale fino a qual­che anno fa. Non c’è dub­bio che a que­sto esito abbia con­tri­buito la dif­fu­sione dei fondi contrattuali».

In que­sto con­te­sto, Insieme Salute che ha sede in Lom­bar­dia e varie rami­fi­ca­zioni anche in altre regioni, ha aumen­tato del 5,6% i suoi soci nel 2013 rispetto al 2012 (11.800 soci). Nei primi mesi del 2014 gli iscritti sono già aumen­tati rispetto all’anno pre­ce­dente arri­vando a 12.500. «La cre­scita è quasi com­ple­ta­mente da ascri­vere alle ade­sioni volon­ta­rie e non ai fondi – afferma – Anche noi abbiamo con­ven­zioni azien­dali natu­ral­mente, ma il nostro scopo è creare nuovi soci e dif­fon­dere una nuova consapevolezza».

La crisi della sanità ha fatto emer­gere anche il pro­blema del cosid­detto «con­su­mi­smo sani­ta­rio». «Si tratta di un uso inap­pro­priato delle pre­sta­zioni sani­ta­rie, anche quando non c’è n’è biso­gno, che col­pi­sce soprat­tutto i cit­ta­dini più fra­gili eco­no­mi­ca­mente – spiega Ceffa – La nostra mutua­lità cerca invece di muo­versi sul piano della par­te­ci­pa­zione e cerca di dare garan­zie molto ampie ai soci».

Ad esem­pio, quale? «Innan­zi­tutto, la garan­zia di essere tute­lati a vita — risponde Ceffa – Sono ormai molte le assi­cu­ra­zioni pri­vate e altri fondi che al com­pi­mento degli 80 anni, quando cioè aumen­tano i rischi e si ha biso­gno di mag­giori ser­vizi e cer­tezze, abban­do­nano i loro clienti. E non mi sof­fermo sui costi proi­bi­tivi che tutto que­sto com­porta per le per­sone. Noi stiamo pen­sando ad un pro­getto insieme ad altre mutue, coo­pe­ra­tive sociali e gli enti locali o ter­ri­to­riali per ren­dere soste­ni­bili que­ste ope­ra­zioni di assi­stenza anche per le fasce di popo­la­zioni a basso red­dito che sono quelle più col­pite dalla crisi».

Il pro­getto di Insieme Salute è quello di costruire una rete alla quale par­te­cipi anche la sanità pub­blica. Per rea­liz­zarla è fon­da­men­tale rea­liz­zare una sen­si­bi­liz­za­zione per aumen­tare la cul­tura della pre­vi­denza sani­ta­ria. «Non chie­diamo soldi agli enti pub­blici – pun­tua­lizza Ceffa – Al con­tra­rio vogliamo aiu­tarci a vicenda per far cre­scere que­sta sen­si­bi­lità che può aiu­tare a risol­vere pro­blemi, a chiu­dere le falle che si stanno aprendo nel sistema e a por­tare nel sistema pub­blico di tutela nuove risorse».

Il mutua­li­smo non è sosti­tu­tivo al wel­fare uni­ver­sa­li­stico ma è inte­gra­tivo. «Il mutua­li­smo pos­siede una carica sociale e uni­ver­sa­li­stica – con­ferma Ceffa – Biso­gna cono­scerlo e pra­ti­carlo per­chè altri­menti resta la spesa pri­vata pura e il cit­ta­dino resta solo con i suoi pro­blemi. La mutua è una rispo­sta più aperta e sociale».

Il wel­fare per lavo­ra­tori autonomi

Insieme Salute ha siglato più di due anni fa la con­ven­zione sani­ta­ria «Eli­sa­betta San­dri» con il sin­da­cato tra­dut­tori «Strade», il sin­da­cato nazio­nale scrit­tori (Sns), l’associazione dei con­su­lenti del ter­zia­rio avan­zato Acta e i tra­dut­tori di Aiti. Ad oggi i soci tra i lavo­ra­tori auto­nomi sono circa 350. A que­ste per­sone, sostan­zial­mente escluse dal Wel­fare sta­tale e spesso inca­paci di pagarsi un’assistenza pri­vata, viene garan­tita una coper­tura sani­ta­ria o un asse­gno per la gra­vi­danza. Il ver­sa­mento di una quota annuale di 246 euro per­mette il rim­borso dell’80% dei tic­ket e un sus­si­dio per l’invalidità.

«È un’esperienza molto posi­tiva – afferma Ceffa – che va molto al di là dei numeri che sono comun­que inte­res­santi. La mutua “Eli­sa­betta San­dri” ha infatti aperto uno spa­zio cul­tu­rale in mondi che non hanno con­sa­pe­vo­lezza rispetto ai loro diritti e alle poten­zia­lità del mutuo soc­corso e della soli­da­rietà. Con i tra­dut­tori e gli altri lavo­ra­tori auto­nomi abbiamo incon­trato per­sone molto moti­vate rispetto a que­sti prin­cipi. Non è scon­tato. Molto spesso incon­triamo per­sone che si avvi­ci­nano a noi solo per­ché costiamo meno di un’assicurazione privata».

E tut­ta­via anche il costo di 246 euro all’anno costi­tui­sce un pro­blema finan­zia­rio per i lavo­ra­tori auto­nomi e pre­cari, i lavo­ra­tori poveri cre­sciuti negli anni della grande reces­sione. «Pur­troppo è così – con­ti­nua Ceffa – è un cir­colo vizioso: chi è meno tute­lato in Ita­lia ha sem­pre meno dispo­ni­bi­lità eco­no­mica per occu­parsi della pro­pria salute e di quella dei pro­pri cari. Noi fac­ciamo molti sforzi, cer­chiamo di dare solu­zioni meno costose, in fondo poco più di 200 euro all’anno è una cifra bassa rispetto ai rischi che copriamo. E dob­biamo man­te­nere un equi­li­brio economico».

A que­sta tra­gica dif­fi­coltà i tra­dut­tori stanno cer­cando di tro­vare una solu­zione a par­tire dal loro lavoro. «Il loro ten­ta­tivo è quello di por­tare risorse dai com­mit­tenti – spiega Ceffa — Stanno ragio­nando su ver­tenze agli edi­tori per­chè garan­ti­scano un minimo di tutela al lavo­ra­tore che non ne ha nes­suna. È una par­tita in cui dovreb­bero entrare i sin­da­cati. Fin’ora lo hanno fatto molto mar­gi­nal­mente. Noi siamo dispo­sti a fare la nostra parte. Vogliamo costruire la forma di assi­stenza ade­guata alle esi­genze dei diretti interessati».

Pro­spet­tive demografiche

Si sta pre­pa­rando un cor­to­cir­cuito. Le poli­ti­che dell’austerità hanno tagliato spesa sociale e sani­ta­ria nel momento in cui le pre­vi­sioni demo­gra­fi­che annun­ciano l’invecchiamento della popo­la­zione. Solo vent’anni fa la spe­ranza di vita degli ita­liani non rag­giun­geva i 70 anni men­tre oggi si avvi­cina agli 85. Nel 1994 la classe di età più con­si­stente era quella tra i 30 e i 34 anni, oggi è quella tra i 45 e i 49 anni, nel 2034 sarà quella tra i 60 e 64 anni.

L’Italia è uno dei paesi con più bassa fecon­dità nel mondo (1,5 per ogni donna), anche se negli ultimi anni assi­stiamo ad un recu­pero, gra­zie soprat­tutto al con­tri­buto degli stra­nieri. Come con­se­guenza di alta lon­ge­vità e per­si­stente bassa fecon­dità l’Italia è uno dei paesi con strut­tura demo­gra­fica più squi­li­brata (gli ultra ses­san­ta­cin­quenni che rap­pre­sen­tano oggi il 21% della popo­la­zione rag­giun­ge­ranno il 33% nel 2050, men­tre nel resto d’Europa sono attual­mente il 17% per salire al 27,5% nel 2050).

“Se molti indi­ca­tori eco­no­mici e sociali ci vedono in posi­zione svan­tag­giata, quello di rag­giun­gere e garan­tire livelli di salute tra i migliori in Europa e nel Mondo è senz’altro un risul­tato di cui invece andar fieri — afferma Ales­san­dro Rosina docente di Demo­gra­fia e Sta­ti­stica sociale all’Università Cat­to­lica di Milano — Un risul­tato che però non è scon­tato. Il pro­cesso di con­ti­nuo miglio­ra­mento può anche inter­rom­persi e si può peg­gio­rare se non si con­ti­nua a tener alta la qua­lità dei ser­vizi sani­tari, la loro acces­si­bi­lità da parte dei cit­ta­dini e la pro­mo­zione della cul­tura della salute”.

Le mutue sani­ta­rie come Insieme Salute costi­tui­scono un argine con­tro la dismis­sione del wel­fare e dei diritti sociali fon­da­men­tali che nella pros­sima gene­ra­zione pro­durrà una popo­la­zione di poveri non tute­lati e rap­pre­sen­tano già da oggi uno stru­mento utile per rico­struire i legami sociali tra­volti dalla crisi e dall’austerità.


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