by redazione | 25 Maggio 2014 16:13
BRUXELLES — «E’ stato il primo attentato antisemita a Bruxelles dalla fine della Seconda guerra mondiale», ha detto uno dei portavoce della comunità ebraica belga. Dopo 70 anni può accadere ancora, infatti: nel 2014, alle tre e mezzo di un dolce «Sabbath» di primavera, nel cuore della capitale d’Europa e alla vigilia delle elezioni europee, due donne e un uomo uccisi a colpi d’arma da fuoco sulla soglia del Museo ebraico, a pochi passi dalla grande sinagoga, tra la folla dei turisti. E altre persone portate all’ospedale, alcune per lo stato di choc.
Un’azione da commando rapida e micidiale, due i protagonisti diretti: un uomo è stato fermato dalla polizia, un altro sarebbe ricercato. Nessuna indiscrezione sui loro nomi, sulla loro provenienza, sulla loro eventuale confessione religiosa. Perché non è ancora giunta alcuna rivendicazione, e dunque nessuno — neppure la comunità ebraica — lo dice apertamente: ma la pista più probabile sembra almeno per ora quella del terrorismo islamico. Anche se a Bruxelles, almeno in tempi recenti, non vi sono mai stati seri problemi fra la foltissima comunità degli immigrati musulmani (un cittadino su tre, secondo le statistiche, professa la fede in Allah) e quella ebraica. Ma agli inquirenti non mancano alternative, per ora ipotetiche: la polizia tiene sotto controllo da tempo alcuni gruppuscoli di ispirazione neonazista, del sottobosco degli ultrà calcistici o del rock «metal», che graviterebbero intorno alle aree estreme del nazionalismo fiammingo.
«Terrorismo», ripetono ora tutte le fonti ufficiali. «Verosimilmente un atto antisemita», confermano il ministro degli Interni Joelle Milquet e quello degli Esteri Didier Reynders, che si trovava per caso sul posto e ha visto e sentito tutto. «Risultato dell’incitamento all’odio permanente contro Israele» dice il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
A tarda sera, il centro è ancora pattugliato dagli agenti. Il quartiere, il «Grand Sablon» è quello famoso per i negozi degli antiquari, a due passi dalla «Grand Place». Uno dei posti più controllati di Bruxelles, per la grande affluenza dei turisti — ma anche uno dei più vivi, pacifici e colorati. Il Museo, secondo quanto dichiarato dai suoi responsabili, non aveva ricevuto minacce.
Ma la meccanica dell’azione sembra rivelare comunque un’accurata preparazione. Tutto accade in pochi minuti. Alle quattro meno dieci del pomeriggio, un’auto Audi di colore scuro si ferma in rue des Minimes, in doppia fila, a neppure 100 metri dal Museo. L’uomo al volante scende, posa per terra due borse. Poi, entra nel Museo e subito si sentono 5 o 6 colpi d’arma da fuoco in rapida successione. Qualche secondo di silenzio, poi altri colpi. Due donne e un uomo restano per terra, la gente intorno fugge urlando, l’auto con gli attentatori sparisce con una violenta sgommata. Fra i primi ad accorrere, il ministro degli Esteri Didier Reynders, che si trovava con la moglie seduto al tavolino di un caffè: «Ho visto una donna con un bambino correre verso di noi e chiedere aiuto — racconterà—. Sono corso al Museo e ho visto due corpi a terra. E’ stato terribile». «L’antisemitismo è sempre in agguato e torna a manifestarsi nei momenti di maggior confusione e tensione nell’opinione pubblica. Quel che è accaduto a Bruxelles ci richiama alla necessità di tenere sempre alta la guardia, di essere pronti a stroncare ogni rigurgito di antisemitismo», ha dichiarato dall’Italia il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
«Ancora una volta innocenti cadono sotto i colpi del fanatismo e dell’intolleranza — ha dichiarato il capo delle comunità ebraiche Renzo Gattegna —. Esprimiamo preoccupazione e sgomento per un’Europa violata nella sua stessa anima da chi, animato da un’ideologia malata, cerca di sradicare dalle nostre vite la democrazia, i diritti, persino la speranza». E poi: «Ancora una volta l’odio torna a colpire nel cuore della nostra civiltà mostrando il suo volto più bieco e miserabile. La nostra risposta a questa ennesima violenza deve essere nella coesione di tutti coloro che si riconoscono in quei valori di pace, unità e fratellanza che i nostri nemici, i nemici dell’Europa libera e plurale sorta sulle ceneri di Auschwitz, cercano di mettere una nuova volta sotto attacco». La nostra attenzione, esorta Gattegna, «deve essere dedicata anche a far sì che cessino, nel nome di una mal interpretata libertà di espressione, iniziative illegali di natura razzista, xenofoba e antiebraica. Scoprire al più presto gli autori di questo orrendo crimine aiuterà a fare chiarezza sulla dimensione e sulla portata del pericolo che ci troviamo a fronteggiare».
Luigi Offeddu
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