Paura e protesta a Pordenone dove si manifesta per l’ Electrolux
I leader di Cgil-Cisl-Uil avevano scelto Pordenone per la manifestazione nazionale del Primo Maggio pensando di poter festeggiare il raggiunto accordo Electrolux. Così purtroppo non è stato e il corteo che oggi si snoderà lungo le strade della città friulana sarà ancora una manifestazione di protesta e di paura. Non si sa ancora se si è veramente girata la pagina. Per non essere del tutto pessimisti occorre ricordare come esista uno schema di intesa tra i sindacati, la multinazionale svedese e il ministero dello Sviluppo economico. Cosa prevede? Da Roma è garantita la decontribuzione dei contratti di solidarietà e un assegno ministeriale per incentivare la ricerca mentre la Regione Friuli Venezia Giulia dovrebbe intervenire finanziando un taglio dell’Irap ma tutto ciò non sembra risolvere il punto dolente di tutta la vicenda: il futuro dello stabilimento di Porcia, considerato anche dagli esperti tutt’altro che obsoleto.
Per gli altri tre impianti italiani la quadra — come si dice in sindacalese — sarebbe stata trovata e del resto gli svedesi avevano sin dall’inizio presentato tre piani industriali. Manca il quarto o comunque lo si è confezionato controvoglia, come sostengono i sindacati. Ma essendo Porcia il cuore dell’insediamento ex-Zanussi non è facile risolvere la vertenza saltando questa contraddizione.
Un nuovo incontro è previsto per il 5 maggio e anche ieri il governatore Debora Serracchiani ha incontrato i vertici dell’azienda, ma in queste settimane l’Electrolux ha dovuto pagare prezzi pesantissimi in termini di immagine. Quello che era considerato un gruppo «socialdemocratico» orientato alla partecipazione è diventato nell’immaginario politico-sindacale italiano una sorta di multinazionale mordi-e-fuggi, e non è un bene per nessuno. Il piano industriale per Porcia, secondo gli addetti ai lavori, è un mosaico di produzioni di nicchia destinate alla fascia alta del mercato che messe assieme non garantiscono un volume sufficiente di lavoro per ammortizzare i costi fissi dell’impianto friulano.
Il rischio che molti intravedono è che la vertenza Electrolux si concluda, anche nella migliore ipotesi possibile oggi, in maniera non risolutiva. Il problema che era stato posto dagli svedesi, ovvero trovare una soluzione di lungo periodo che riducesse il gap di costo del lavoro con la Polonia e creasse le condizioni di una permanenza stabile in Italia, non sembra essere stato risolto. Il cuneo fiscale non verrà intaccato significativamente e l’ipotesi di un nuovo scambio tra sacrifici e programmazione avanzata da un gruppo di saggi supportato dalla Confindustria locale non è stata presa in seria considerazione. È vero che gli sforzi congiunti e la mediazione ministeriale hanno evitato chiusure e delocalizzazioni ma il rischio è quello di trovarsi a cucire una tela che poi subito dopo si scuce. Del resto tutto il settore degli elettrodomestici italiani pare in equilibrio instabile, specie se dovesse trovare conferma l’indiscrezione di un’alleanza a breve tra Indesit e Whirlpool, gli altri due grandi poli produttivi uno italiano e l’altro americano. Scartata l’ipotesi di far entrare nel gruppo Merloni turchi o cinesi la scelta di un’integrazione tutta occidentale serve a evitare nel breve l’ingresso via Italia di un player aggressivo ma comporterà ulteriori ristrutturazioni.
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