by redazione | 5 Maggio 2014 11:47
BRUXELLES — «I dubbi del Senato mi sembrano non molto solidi. Le coperture per il decreto Irpef ci sono. Mi aspetto sorprese positive per la seconda metà dell’anno: l’Italia sta cambiando, i suoi squilibri – crescita debole e debito pubblico eccessivo – verranno sanati».
Questo spiega, o promette, Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia. «Rassicurazione» è la parola chiave che oggi apre – o vuole aprire – la pista alle riforme economiche in Italia. A partire dai famosi bonus da 80 euro in busta paga («quasi 11 milioni di persone li prenderanno»). È una parola lanciata da Roma anche in direzione di Bruxelles, Berlino, o Parigi. Padoan, ospite della trasmissione «Che tempo che fa» con Fabio Fazio su Rai3, parla al Senato diffidente sulle coperture del decreto Irpef, ma non solo: gli interlocutori principali sono i ministri delle finanze dell’Eurozona e di tutta l’Unione Europea, che attendono da oggi il collega italiano nei vertici dell’Eurogruppo-Ecofin; e poi la Commissione Europea che metterà nero su bianco le sue previsioni economiche di primavera, anche sull’Italia: pagella temuta e spesso scivolosa, per tutti i Paesi europei a cavalcioni fra un inizio di ripresa e nuove tentazioni di prodigalità nei bilanci.
Ma Padoan, preannuncia dallo schermo, verrà a dire a Bruxelles esattamente l’opposto: che l’Italia non ha le stesse tentazioni, per esempio, della Francia, nel guardare al rapporto fra il proprio deficit e il prodotto interno lordo, fissato dall’Ue in un 3% (quasi, come dimostra Parigi) invalicabile. Se Bruxelles ci concedesse di arrivare a quota 4,3% in quello stesso rapporto, dicono certe simulazioni, avremmo circa 25 miliardi di euro in più da spendere… «Ma a noi non serve – parola di ministro – aumentare il nostro 2,6%, ben lontano dal risultato della Francia». Traduzione: staremo ai patti, non usciremo dai vincoli che Bruxelles ha stabilito. Eppure quegli stessi vincoli, poco tempo fa, hanno provocato spallucce e aggettivi come «anacronistici» fra uomini di prima fila in questo stesso governo: e dunque, oggi come tante altre volte in passato, a Padoan come già a Fabrizio Saccomanni e ad altri prima di loro, toccherà l’ingrato compito di vaccinare la Commissione Europea, o l’Eurogruppo-Ecofin, contro l’antico virus della diffidenza nei confronti dell’Italia. E tutto questo a poche settimane dalle elezioni europee, quando ogni mezza parola da Bruxelles può sciogliere le brigate delle cordate populiste all’arrembaggio.
Se sul gradino del rapporto deficit/Pil il ministro annuncia disciplina e resistenza, poi ammette però che l’Italia ha guai di altro genere con serie ripercussioni per l’Europa: «Vero, da noi ci sono squilibri eccessivi: come l’eccessivo debito pubblico maturato dagli anni ‘80 (il secondo nella Ue dopo quello di Atene, ndr), o come il fatto che cresciamo troppo poco. Questi squilibri, dirò all’Europa, cesseranno».
L’altra domanda carica di muto imbarazzo, e sospesa fra Roma, Bruxelles e Berlino, è quella sul rinvio del pareggio di bilancio al 2016, quasi una bestemmia per le regole merkeliane del «fiscal compact» e per tutti gli altri patti stretti negli anni peggiori della crisi fra i governi dell’euro. Accetteranno, dunque, i nuovi leader della Commissione e del Consiglio Europeo, e con loro la signora Merkel che regna a Berlino? «Penso di sì – dice Padoan – la giustificazione addotta per questa richiesta è in linea con ciò che l’Europa prevede». Per conferme, smentite, o semplici giudizi integrativi, attendere oggi o anche il 2 giugno, quando la Commissione diffonderà le sue prossime raccomandazioni contro gli squilibri macroeconomici (che secondo la dottrina merkeliana potrebbero essere generati, appunto, anche dal rinvio di un pareggio di bilancio).
E l’altro enorme fardello, quello dei debiti pregressi della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende private? L’Italia s’è già beccata una procedura di infrazione della Commissione Europea a causa dei suoi ritardi, e un’altra si profila all’orizzonte. Anche in questo campo, Padoan si mostra però ottimista: «Abbiamo mobilitato risorse che permetteranno di risolvere il problema». Quando, in che tempi? «Adesso, la cosa sta nel decreto Irpef». Oggi, l’Europa comincerà a dire che cosa ne pensa.
Luigi Offeddu
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