Muore a ventinove anni nella lite con i carabinieri
MIRTO CROSIA (Cosenza) — Soffriva di depressione, ed era in cura, Vincenzo Sapia, il giovane di 29 anni di Crosia, centro del Cosentino, morto ieri dopo una colluttazione con i carabinieri del luogo. Da un primo esame effettuato dal medico del 118, la morte del giovane potrebbe essere stata causata da un infarto, ma sarà l’autopsia a fare chiarezza definitiva sulle cause del decesso.
La magistratura di Castrovillari ha aperto un fascicolo e ha affidato l’incarico al medico legale. La morte del giovane cosentino sembra comunque destinata a far discutere anche perché viene dopo quella di Riccardo Magherini, l’ex calciatore della Fiorentina, deceduto anche lui mentre veniva fermato dai militari dell’Arma. Il padre della vittima, Luigi Sapia, ambulante, grida giustizia e se la prende con i carabinieri: «Assassini». «Tutti sapevano che era malato mio figlio, che bisogno c’era di fargli del male?», sostiene.
Ieri poco prima di mezzogiorno il giovane era uscito di casa — abitava con la madre e le due sorelle, i genitori sono separati — per recarsi nella piazza del paese. Un percorso che faceva ogni giorno per vedere gli amici. Chi l’ha incontrato ricorda che era più agitato del solito. Vincenzo era un omaccione, ma non ha mai usato la sua forza per fare del male. Ieri probabilmente qualcosa nella sua testa non ha funzionato, tant’è che improvvisamente si è diretto verso un portone, di fronte all’ufficio postale e l’ha preso a calci. Alcuni passanti conoscendo la personalità del giovane, hanno chiamato i carabinieri. Sono arrivati in due a bordo dell’auto di servizio. Vincenzo, dopo un primo momento di smarrimento, si è innervosito vedendosi davanti gli uomini in divisa. L’intervento delle forze dell’ordine però è servito a calmarlo e a farlo ragionare.
Vincenzo ha raccontato di aver fatto quel gesto perché «cercava un cagnolino smarrito». Tutto sembrava finire lì, anche perché nel frattempo gli amici del giovane e i passanti hanno anche loro cercato di convincerlo a rientrare a casa. Chissà per quale ragione, però, Vincenzo ha fatto finta di allontanarsi dalla piazza — almeno così raccontano i testimoni — per poi dirigersi nuovamente davanti all’ufficio postale e iniziare uno spogliarello.
I carabinieri che erano rimasti in zona sono tornati indietro e hanno cercato di bloccare Vincenzo che, intanto, era diventato furibondo. I militari l’avrebbero immobilizzato per renderlo inoffensivo. Ne è nata una colluttazione. Il giovane avrebbe messo le mani al collo a uno dei militari. L’altro carabiniere nel tentativo di farlo desistere, l’avrebbe placcato e fatto cadere a terra.
Vincenzo Sapia si è accasciato a faccia in giù e non si è più mosso. Gli stessi carabinieri hanno tentato il massaggio cardiaco, in attesa dell’arrivo del 118. Non c’è stato però nulla da fare.
«Quando sono arrivato e ho alzato quel lenzuolo bianco ho visto il volto di mio figlio nero e pieno di graffi. Gli hanno strofinato il viso per terra per immobilizzarlo», afferma Luigi Sapia. L’uomo ha affidato a tre legali il compito di «fare giustizia».
Il comandante provinciale dell’Arma colonnello Giuseppe Brancati non ha fatto nessuna dichiarazione. Da parte dell’Arma, però, «c’è la massima collaborazione con l’autorità giudiziaria per accertare la verità dei fatti».
Carlo Macrì
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