Legge marziale in Thailandia Carri armati nelle strade L’esercito: «Non è un golpe»

Legge marziale in Thailandia Carri armati nelle strade L’esercito: «Non è un golpe»

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Le sedi di televisioni e radio occupate dai soldati, i palazzi dei ministeri presidiati, i blindati dell’esercito schierati nei punti strategici di Bangkok. «Ma questo non è un golpe», ha detto alle tre del mattino il generale Prayuth Chan-Ocha, comandante delle forze armate thailandesi. «Invitiamo la popolazione a non allarmarsi, a condurre le sue attività come al solito, perché questo non è un colpo di Stato», ha ripetuto la tv dell’esercito. Non un golpe ma «solo» imposizione della legge marziale, dicono i generali, in un Paese che dal 1932 ha già subito una ventina di tentativi di pronunciamento militare, undici dei quali conclusi con il rovesciamento dei governi eletti.
La legge marziale, non concordata con il governo, permette ai generali di esercitare un’autorità senza controlli. Tra i primi atti la sospensione della libertà di stampa «per evitare la diffusione di notizie incendiarie», di informazioni che «distorcendo la situazione» possano istigare disordini. In realtà, è dal novembre dell’anno scorso che la Thailandia è rientrata nel tunnel dell’instabilità. Per sette mesi decine di migliaia di oppositori hanno stretto d’assedio i palazzi dei ministeri, paralizzandoli. La signora Yingluck Shinawatra, premier in carica dal 2011, è stata destituita due settimane fa da una sentenza della Corte costituzionale di Bangkok per abuso di potere. Yingluck secondo i giudici supremi aveva rimosso il consigliere per la sicurezza nazionale sostituendolo con un parente, ma la sua vera «colpa» è di essere la sorella di Thaksin Shinawatra, il miliardario delle telecomunicazioni che all’inizio degli anni Duemila ha fatto irruzione nella politica thailandese con un’agenda populista che ha spaccato il Paese tra i suoi sostenitori, la gente delle campagne, e la borghesia della capitale, vicina ai militari e ai circoli monarchici.
Yingluck aveva cercato di uscire dall’accerchiamento convocando nuove elezioni a febbraio: la famiglia Shinawatra ha sempre vinto nelle urne con il sostegno massiccio dei contadini. Ma il boicottaggio da parte dell’opposizione sicura di perdere e gli scontri di piazza hanno impedito il voto in 10 mila dei 94 mila seggi. Il risultato è stato annullato dai giudici. Dopo altre violenze con decine di morti a Bangkok, che hanno causato danni gravi anche all’economia, Yingluck ha cercato di nuovo la via delle urne: si sarebbe dovuto votare a luglio. Ma prima è arrivata la destituzione per via giudiziaria e la sostituzione della signora con il ministro del Commercio Niwattumrong Boonsongpaisan (un altro personaggio vicino a Thaksin). E ora l’ennesimo pronunciamento dell’esercito.
Il generale Prayuth Chan-Ocha ha invitato le due parti politiche a parlarsi per risolvere la crisi. La situazione a Bangkok è stata descritta come tranquilla, con la gente che in strada si faceva foto accanto ai soldati. Ma questa volta neanche il comandante delle forze armate forse ha un piano: il suo «quasi golpe» sembra un tentativo per fingere che la responsabilità resti alla politica, in una situazione bloccata.
Il premier Niwattumrong Boonsongpaisan nei giorni scorsi aveva proposto di tenere nuove elezioni il 3 agosto. Ma prima bisognerebbe che anche la cosiddetta opposizione accettasse di partecipare. Molti aspettano una parola del re, il vecchio e malato Bhumibol Adulyadej, che ha appena celebrato i 64 anni di regno.
Guido Santevecchi



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