L’ uguaglianza è la questione chiave

by redazione | 25 Maggio 2014 17:57

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Una delle con­se­guenze più deva­stanti della mer­ci­fi­ca­zione, pri­va­tiz­za­zione e finan­zia­riz­za­zione (Mpf) dei beni e ser­vizi essen­ziali e inso­sti­tui­bili per la vita — e, per questo,considerati intrin­se­ca­mente comuni e pub­blici — è stata la deco­sti­tu­zio­na­liz­za­zione dei diritti umani san­citi nella quasi tota­lità delle Costi­tu­zioni del XX secolo. La Mpf ha spaz­zato via l’obbligo che gli Stati ave­vano assunto, costi­tu­zio­na­liz­zando i diritti, di creare le con­di­zioni neces­sa­rie e indi­spen­sa­bili anche sul piano delle risorse finan­zia­rie per garan­tire la loro effet­tiva con­cre­tiz­za­zione tra­mite la dispo­ni­bi­lità e l’accesso per tutti ai beni e ser­vizi stru­men­tali al sod­di­sfa­ci­mento dei diritti. Que­sto ha com­por­tato una presa di respon­sa­bi­lità diretta col­let­tiva in mate­ria dei beni e ser­vizi, non solo da parte dei poteri pub­blici rap­pre­sen­ta­tivi ma anche da parte dei cit­ta­dini stessi, da qui la spinta in favore di una demo­cra­zia partecipata.

La deli­be­rata gra­duale spa­ri­zione dell’obbligo è stata volu­ta­mente usata come «giu­sti­fi­ca­zione» per ridurre la neces­sità dell’intervento della finanza pub­blica a coper­tura degli inve­sti­menti neces­sari a garan­tire e pro­muo­vere i diritti. I poteri domi­nanti hanno impo­sto il prin­ci­pio che i costi di quelli che non erano più con­si­de­rati dei diritti (uni­ver­sali) ma biso­gni (vitali varia­bili, dif­fe­renti) dove­vano essere coperti da coloro che ne trae­vano un’utilità pro­pria, spe­ci­fica. Per­tanto, tocca ai «con­su­ma­tori» dei beni e dei ser­vizi di coprirne i costi pagando un prezzo «giu­sto» ai costi del mer­cato (com­pren­dente cioè un pro­fitto «giu­sto»). Risul­tato: siamo pas­sati da una società fon­data sui diritti di tutti i cit­ta­dini, il cui costo è finan­ziato dalla col­let­ti­vità via la fisca­lità gene­rale e spe­ci­fica, a un’economia fon­data sui biso­gni vitali varia­bili a secondo dell’utilità indi­vi­duale e finan­ziati dai con­su­ma­tori pagando un prezzo.

La sosti­tu­zione dei diritti dei cit­ta­dini e della fisca­lità pub­blica (due delle più grandi con­qui­ste sociali del secolo scorso) con i biso­gni dei con­su­ma­tori ed i prezzi di mer­cato è stata pos­si­bile per­ché tutte le classi diri­genti al potere dagli inizi degli anni ’70 non hanno più cre­duto né cre­dono oggi nel prin­ci­pio dell’uguaglianza di tutti gli esseri umani rispetto ai diritti (che sono, per l’appunto, uni­ver­sali, indi­vi­si­bili e impre­scrit­ti­bili). Cre­dono invece nella falsa con­ce­zione della natu­ra­lità e, quindi, ine­vi­ta­bi­lità dell’ineguaglianza «strut­tu­rale» nelle sue tre forme prin­ci­pali di come gli uni ( soprat­tutto i domi­nanti) “vedono” gli altri: l’ineguaglianza di «stato» ( per quanto riguarda il genere, il colore della pelle, le cre­denze reli­giose, le classi, i popoli), l’ineguaglianza di «posi­zione» (le funzioni/il lavoro, i ruoli, i poteri…), l’ineguaglianza di «capa­cità» (secondo il red­dito eco­no­mico spe­cie patri­mo­niale e quindi la divi­sione in ric­chi e poveri, autoc­toni e stranieri…).

La lotta per l’eliminazione delle ine­gua­glianze rispetto ai diritti è stata nel pas­sato il motore delle prin­ci­pali rivolte, insur­re­zioni e rivo­lu­zioni sociali e poli­ti­che, insieme alla lotta per le libertà col­let­tive. L’ uguaglianza è la con­di­zione di esi­stenza della giu­sti­zia in seno alle comu­nità umane. Non v’è giu­sti­zia senza ugua­glianza e non c’è «comu­nità» umana fon­data sull’ineguaglianza dei diritti.

L’ uguaglianza è la madre della capacità profetica degli esseri umani, cioè della capacità progettuale sociale e politica
L’ uguaglianza è la madre della capa­cità pro­fe­tica degli esseri umani, cioè della capa­cità pro­get­tuale sociale e poli­tica. Ancora oggi è l’uguaglianza il sof­fio ispi­ra­tore che spinge intere comu­nità umane, popoli e migliaia di gruppi, movi­menti e asso­cia­zioni a essere in cam­mino alla ricerca di forme più giu­ste, più libere, più demo­cra­ti­che di vivere insieme e di rela­zioni più soste­ni­bili tra gli esseri umani e la vita sul pia­neta Terra.

È il prin­ci­pio di ugua­glianza che dà forza alla volontà di dare un dive­nire crea­tore e libe­ra­tore alle cen­ti­naia di milioni di gio­vani senza occu­pa­zione nel mondo, e anche in seno all’Unione euro­pea; di per­met­tere a miliardi di «impo­ve­riti» di rein­ven­tare la demo­cra­zia libe­ran­dola dalla sot­to­mis­sione alle logi­che di domi­nio e di guerra e ai poteri mul­ti­na­zio­nali finan­ziari , indu­striali e com­mer­ciali.
Cosi come nel pas­sato l’uguaglianza ha per­messo di cam­biare il mondo nel senso della giu­sti­zia (que­sto è il senso della «potenza uto­pica»), così oggi l’uguaglianza è la potenza uto­pica dei popoli e dei cit­ta­dini. La potenza uto­pica dell’Europa è lique­fatta in un mare di slo­gan e nell’oceano della pub­bli­cità. Ma nes­suno è mai riu­scito a far morire la potenza uto­pica umana.

Il dive­nire dell’Europa non sarà fatto da coloro che pre­di­cano e pra­ti­cano l’ineguaglianza e l’esclusione.

*Ric­cardo Petrella è can­di­dato per l’Altra Europa con Tsi­pras nel col­le­gio Nord Est

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