Kiev non si ferma, 21 morti a Mariupol

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Scene di guerra civile in Ucraina, a Mariu­pol: tank dell’esercito ucraino hanno attac­cato i filo­russi, senza distin­zioni tra civili e uomini armati. Il bol­let­tino nella tarda serata di ieri annun­ciava la morte di venti filo­russi e un poli­ziotto. Secondo i ribelli delle regioni orien­tali, le vit­time sareb­bero per lo più civili.

Le imma­gini che arri­vano sono quelle di una guerra vera e pro­pria: blin­dati, spari, palazzi in fiamme, cada­veri per strada. Un repor­ter della russa Rt è stato ferito e la situa­zione non sem­bra desti­nata a miglio­rare. E nella serata di ieri è arri­vata la noti­zia di nuovi con­flitti a fuoco anche a Don­te­tsk. Secondo le agen­zie di stampa di Kiev, si sarebbe trat­tato di un blitz delle forze filo­russe alle peri­fe­ria di Done­tsk, dove avreb­bero attac­cato il sana­to­rio Sha­kh­tyor­skie Zori in cui erano ospi­tati cento mili­tari: ci sareb­bero stati spari e, dalle prime infor­ma­zioni, anche feriti.

Nel frat­tempo il paese, come la Rus­sia, ha festeg­giato la gior­nata del 9 mag­gio, la Grande Vit­to­ria con­tro i nazi­sti nella seconda guerra mon­diale. E l’evento di gior­nata è stata la visita, la prima, di Putin a Seba­sto­poli, in Cri­mea, dopo la vit­to­ria del refe­ren­dum che ha san­cito l’annessione della peni­sola alla Fede­ra­zione russa.

Putin ha par­te­ci­pato ad una parata nel porto del Mar Nero, sede della quinta flotta russa e ha depo­sto una corona di fiori in memo­ria dei caduti.

Prima di volare in Cri­mea, il pre­si­dente russo aveva par­te­ci­pato alle cele­bra­zioni a Mosca, durante le quali aveva defi­nito il 9 mag­gio una festa che «cele­bra il potere invin­ci­bile del patriot­ti­smo, il giorno in cui tutti noi siamo diven­tati emo­ti­va­mente con­sa­pe­voli di quello che deve essere dedi­cato alla madre­pa­tria e di quanto sia impor­tante difen­dere gli inte­ressi del Paese».

(Nel video civili fer­mano i tank a Mariupol)

La visita ha natu­ral­mente pro­vo­cato rea­zioni. Rasmus­sen — a capo della Nato — l’ha defi­nita «inap­pro­priata», men­tre da Kiev sono arri­vati com­menti ner­vosi. Nell’esprimere «la più forte pro­te­sta con­tro la visita non auto­riz­zata di Putin nella Repub­blica auto­noma di Cri­mea e a Seba­sto­poli, tem­po­ra­nea­mente occu­pata dalla Rus­sia», il mini­stero degli Esteri ucraino l’ha defi­nita «una pla­teale vio­la­zione da parte russa della legi­sla­zione ucraina e del diritto inter­na­zio­nale ed una rozza vio­la­zione della sovra­nità ucraina». «Que­sta pro­vo­ca­zione — con­ti­nua la nota — prova ancora una volta chia­ra­mente che la Rus­sia sta con­sa­pe­vol­mente accre­scendo le ten­sioni nelle rela­zioni russo-ucraine e non è dispo­ni­bile a solu­zione diplo­ma­ti­che delle dispute bilaterali.

Chie­diamo alla parte russa di tor­nare al modo civile delle rea­zioni inter­na­zio­nali, ascol­tare la voce deci­siva della comu­nità inter­na­zio­nale e di revo­care tutti gli atti ille­gali sull’occupazione e l’annessione di una parte del ter­ri­to­rio ucraino».

In realtà, dopo le aperture dei giorni scorsi, Mosca è sembrata esprimere ancora una volta l’intenzione di aprire a un dialogo. Le condizioni sono sempre le stesse: che Kiev fermi gli attacchi alle regioni sud orientali e che a un eventuale nuovo tavolo di trattative si possano sedere anche i rappresentanti dei filo russi.
Entrambe le richie­ste non stanno tro­vando favori presso il governo auto­no­mi­nato di Majdan.

«Non trat­tiamo con chi ha le mani spor­che di san­gue», aveva detto il pre­si­dente ad inte­rim Tur­chy­nov, ma dopo il rogo di Odessa e il nuovo attacco di Mariu­pol, è dif­fi­cile cre­dere che da una parte ci siano san­gu­nari «ter­ro­ri­sti» e dall’altra un governo paci­fico e dispo­ni­bile a nego­ziati di pace. Yatse­niuk ha riba­dito la neces­sità e la volontà di un nuovo round di col­lo­qui, ma non ha fatto men­zione dei filo­russi dell’est. Ieri Lavrov e Kerry si sono nuo­va­mente sen­titi al tele­fono. «La parte russa ha sot­to­li­neato — si legge in una nota — la neces­sità di avviare un dia­logo tra le auto­rità di Kiev ed i rap­pre­sen­tanti delle regioni del sudest del Paese con la media­zione dell’Osce».


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