In Spagna «meno disoccupati». Anzi no

by redazione | 8 Maggio 2014 11:01

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Si accor­ciano le file dila­ganti davanti agli uffici di col­lo­ca­mento spa­gnoli? Sì, secondo i dati pub­bli­cati mar­tedì dal mini­stero del lavoro: ad aprile il Paese ibe­rico ha con­tato 111.565 disoc­cu­pati in meno rispetto al mese pre­ce­dente. La com­pa­ra­zione rispetto all’aprile del 2013 fa regi­strare addi­rit­tura un sor­pren­dente –6,11%, pari a 304.892 per­sone. Il Par­tido popu­lar (Pp) del pre­mier Mariano Rajoy (nella foto reu­ters) coglie la palla al balzo e cavalca «l’aprile dei record» con osten­tato otti­mi­smo e avven­tati pro­clami di fine crisi in vista dell’imminente appun­ta­mento elet­to­rale del 25 mag­gio. Visto così, il pano­rama sem­bre­rebbe inco­rag­giante, anche se alcune pre­ci­sa­zioni potreb­bero offu­scare le rosee pro­spet­tive che emer­gono dai numeri for­niti dal mini­stero retto da Fátima Báñez. Innan­zi­tutto, molti nuovi con­tratti sono sta­gio­nali e legati al fer­mento del set­tore del turi­smo regi­strato durante la set­ti­mana di Pasqua. Ne è prova il fatto che circa metà di coloro che hanno abban­do­nato le liste di col­lo­ca­mento, hanno tro­vato impiego pro­prio nel set­tore turi­stico, l’unico ancora in salute del bino­mio sombrilla-ladrillo (ombrel­lone e mat­tone), che portò allo sfa­celo l’economia ibe­rica. In totale, solo il 9.4% dei nuovi con­tratti fir­mati ad aprile sono inde­ter­mi­nati, «segno — ha com­mento la dire­zione di Comi­sio­nes Obre­ras, il mag­gior sin­da­cato spa­gnolo — che la pre­ca­rietà e la carenza di tutele per i lavo­ra­tori sta cre­scendo in maniera ine­so­ra­bile e preoccupante».

Inol­tre, a fronte di un calo della disoc­cu­pa­zione – sei anni dopo l’inizio della crisi – si con­ti­nua a distrug­gere posti di lavoro. Stando ai dati dell’Epa, lo stu­dio sulla popo­la­zione attiva pub­bli­cato dall’Instu­tuto nacio­nal de esta­dí­stica, il numero totale degli occu­pati, alla chiu­sura del primo tri­me­stre di quest’anno, ammon­tava 16.950.000, la cifra più esi­gua dalla fine del 2002.

Altri due fat­tori dovreb­bero smor­zare i trion­fa­li­smi dell’esecutivo. Da una parte, la dimi­nu­zione della popo­la­zione attiva, dovuta all’emigrazione gio­va­nile o alla dispe­ra­zione dei disoc­cu­pati di lungo periodo che si can­cel­lano dalle liste di col­lo­ca­mento: si tratta di quasi mezzo milione di per­sone in meno un anno, un dato che influi­sce sulla fles­sione del dato della disoc­cu­pa­zione. Dall’altra, il tri­stis­simo com­puto dei nuclei fami­liari a red­dito zero, saliti a 736.900.

A spar­gere sale sui ger­mo­gli della pre­sunta ripresa cele­brata dal Pp ci sono anche l’Ocse (che rag­gruppa i 34 Paesi più svi­lup­pati al mondo) e l’Unione euro­pea. Nelle pre­vi­sioni di lunedì, Bru­xel­les ha pro­no­sti­cato un’incolore cre­scita dell’1,1% del Pil per l’anno in corso e, soprat­tutto, fissa la pre­vi­sione sul tasso di disoc­cu­pa­zione per il 2015 al 24%, con­dan­nando la Spa­gna alla coda della Ue in com­pa­gnia della Gre­cia. L’Ocse è dello stesso avviso: la ripresa spa­gnola si pre­an­nun­cia «debole e lenta», ragion per cui la per­cen­tuale dei senza lavoro (che ora sono 5.933.00, cioè il 25,93%) non scen­derà, secondo le stime dell’organizzazione, al di sotto della soglia fati­dica del 25%. Sono numeri che fanno intuire, die­tro la gra­ni­tica fac­ciata di otti­mi­smo del governo, gli ormai cro­nici pro­blemi che hanno segnato que­sti anni di crisi. Lo ha sot­to­li­neato Willy Meyer, il capo­li­sta alle euro­pee di Izquierda Unida (Iu), la forza che sostiene Ale­xis Tsi­pras: il piano anti­crisi del governo «non ha fatto altro che deter­mi­nare l’aumento del diva­rio tra ric­chi e poveri, incre­men­tando il numero degli uni e degli altri».

IZQUIERDA UNIDA AL 12%

Sta­sera, a Madrid, con un meeting-concerto Iu ini­zia la sua cam­pa­gna elet­to­rale, che scocca alla mez­za­notte (così pre­vede la legge spa­gnola). Un appun­ta­mento a cui arriva con son­daggi inco­rag­gianti, che le asse­gnano circa il 12%. Le stesse pre­vi­sioni dicono che sarà un testa a testa fra il Pp e i socia­li­sti del Psoe (attorno al 32%), gui­dati in que­sta com­pe­ti­zione dalla vice­se­gre­ta­ria Elena Valen­ciano. Otter­ranno rap­pre­sen­tanza a Stra­sburgo anche altre cin­que liste minori, gra­zie a un sistema pro­por­zio­nale a col­le­gio nazio­nale unico, senza sbar­ra­mento: dal car­tello dei nazio­na­li­sti di centro-destra cata­lani e baschi (4,7%) agli eco­lo­gi­sti di Equo (1,8%).

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