Ikea. La multinazionale fa la “festa” al fisco

by redazione | 31 Maggio 2014 15:34

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La strada tra Cini­sello Bal­samo e Pisa è — a quanto pare– lastri­cata di suc­cessi. Nel 1989, quando Ikea inau­gurò nella città alle porte di Milano il suo primo store, ven­dere mobili agli ita­liani era con­si­de­rata una scom­messa. Quello aperto a marzo in Toscana, però, è il nego­zio numero ven­tuno della serie, e nel 2013 la mul­ti­na­zio­nale ha rica­vato nel nostro Paese 1,59 miliardi di euro. I suc­cessi, così, ven­gono cele­brati con una lunga festa di com­pleanno, con eventi (e sconti) in pro­gramma fino al 2 giu­gno. Il «regalo», però, Ikea lo ha fatto a se stessa, orga­niz­zando una grande festa al Tea­tro Litta di Milano, durante la quale ha rac­colto il soste­gno — tra gli altri– di Oscar Fari­netti, patron di Eataly, e dell’economista Giu­lio Sapelli. Il primo ha detto che «Ikea rap­pre­senta il pro­to­tipo del ‘mer­cante’, capace di coniu­gare obiet­tivi poe­tici e metodo mate­ma­tico»; il secondo ha invece assi­cu­rato che si tratta di una «mul­ti­na­zio­nale spe­ciale», per­ché «fa dell’economia una demo­cra­zia este­tica, garan­ti­sce l’accesso alla cit­ta­di­nanza eco­no­mica e obbliga i gio­vani alla manualità».

La festa, che si è tenuta lo scorso 21 mag­gio, ha lasciato al mar­gine le vicende di Pia­cenza: le pro­te­ste dei fac­chini che lavo­rano al magaz­zino cen­trale di Ikea, ben visi­bile dall’autostrada A1, avreb­bero potuto tur­bare il clima.

Il ful­cro della mani­fe­sta­zione — cui hanno par­te­ci­pato anche un espo­nente del governo Renzi, il Sot­to­se­gre­ta­rio alle riforme costi­tu­zio­nali e ai rap­porti con il Par­la­mento Ivan Scal­fa­rotto — è stato invece la pre­sen­ta­zione di un’analisi con­dotta da Ernst&Young e dedi­cata al «valore esteso» di Ikea in Ita­lia. Si tratta, come ha spie­gato Elena Ale­manno, Deputy Coun­try Mana­ger di Ikea in Ita­lia, di «una ricerca di tipo quan­ti­ta­tivo, che ha foca­liz­zato tre dimen­sioni: l’occupazione, il valore aggiunto e la con­tri­bu­zione che l’impresa garan­ti­sce allo Stato, sotto forma di tasse e imposte».

È come una foto­gra­fia, e la si può guar­dare quindi in posi­tivo ma anche in nega­tivo: leg­gen­dola con atten­zione, è capace di aprire le porte di Ikea — anche le più nasco­ste — ad addetti e non addetti ai lavori.

Intanto, ci dice che il numero dei dipen­denti della mul­ti­na­zio­nale è 6.431: 6.058 lavo­rano nei negozi (e cioè per Ikea Retail, la società che si occupa della gestione dei 21 store); solo 260, invece, sono impie­gati da Ikea Distri­bu­tion, la società inca­ri­cata di gestire i magaz­zini e della distri­bu­zione delle merci, che per il suo fun­zio­na­mento si avvale però di oltre un migliaio di lavo­ra­tori indi­retti, cioè i dipen­denti delle imprese e coo­pe­ra­tive di tra­sporto e di fac­chi­nag­gio, quelli che pro­te­stano; altri 86 sono i dipen­denti di Ikea Tra­ding, e 27, infine, sono quelli di Ikea Pro­perty, l’immobiliare del gruppo. Con­tando anche l’indotto, però, secondo l’analisi di Hrnst&Young, Ikea avrebbe una rica­duta occu­pa­zione pari a circa 21mila posti di lavoro, tenendo in con­si­de­ra­zione lungo la catena pro­dut­tiva sia i for­ni­tori diretti che chi pro­duce beni e ser­vizi neces­sari ai for­ni­tori di Ikea (si chiama «second round effect»).

I posti di lavoro gene­rati presso le aziende che rea­liz­zano pro­dotti a mar­chio Ikea in Ita­lia, beni ven­duti in tutto il mondo, sareb­bero oltre 11mila: il nostro Paese è il terzo for­ni­tore glo­bale per la mul­ti­na­zio­nale, dopo Cina e Polo­nia, con l’8% del totale.

L’azienda acqui­sta nel nostro Paese beni per oltre 1,2 miliardi di euro, con una forte con­cen­tra­zione geo­gra­fica — circa il 60% del fat­tu­rato è con­cen­trato in Friuli-Venezia Giu­lia e in Veneto– e «set­to­riale» –il 64% sono mobili, il 17% elettrodomestici.

In totale, Ikea nell’anno fiscale 2013 ha speso in Ita­lia 1,526 miliardi di euro: oltre all’acquisto di mobili, elet­tro­do­me­stici e altri pro­dotti, 280 milioni di euro riguar­dano l’acquisto di beni e ser­vizi. Una «ric­chezza» per l’Italia, a meno di non con­si­de­rare che tra que­sti «costi» sono cal­co­lati in posi­tivo anche quelli soste­nuti per la costru­zione di nuovi negozi — nell’ultimo anno quello di Pisa, rea­liz­zato nel corso del 2013 e inau­gu­rato a marzo 2014 — ma non, in nega­tivo, le rica­dute ambien­tali e sociali che que­sti inter­venti comportano.

L’ultimo dato che emerge nell’analisi di Ernst&Young è quello rela­tivo a tasse e impo­ste pagate in Ita­lia e «col­le­gate» all’attività di Ikea. Anche in que­sto caso, si somma un «con­tri­buto fiscale» diretto a uno «indotto», e cioè legato alle atti­vità dei for­ni­tori (che sono anche coloro che pagano quelle impo­ste). Il dato com­ples­sivo è pari a 286 milioni di euro, ma il «con­tri­buto» diretto — cioè tasse e impo­ste pagate da Ikea — è pari al 38 per cento del totale, cioè 119 milioni di euro.

Andando a cer­care un ultimo sot­toin­sieme, si capi­sce che solo 24 milioni di euro (su un fat­tu­rato com­ples­sivo di 1,59 miliardi di euro) sono le impo­ste effet­ti­va­mente pagate sul red­dito d’impresa dall’insieme di società attra­verso cui la mul­ti­na­zio­nale gesti­sce le pro­prie atti­vità ita­liane, le varie Ikea Retail, Distri­bu­tion, tra­ding e Property.

Alla rico­stru­zione della «catena socie­ta­ria» di Ikea, il men­sile Altre­co­no­mia ha dedi­cato negli anni scorsi un’inchiesta, dise­gnando l’organigramma del gruppo, una pira­mide il cui «ver­tice» è stato spo­stato negli anni Set­tanta in Olanda, Paese Ue a fisca­lità age­vo­lata, e non più in Svezia.

Negli anni scorsi anche l’Agenzia delle entrate aveva indi­riz­zato alla filiale ita­liana di Ikea delle con­te­sta­zioni, per «tran­sa­zioni inter­corse con sog­getti resi­denti in Paesi a fisca­lità pri­vi­le­giata per i quali si con­te­sta il diritto di dedu­zione di parte dei costi soste­nuti» e «tran­sa­zioni inter­corse con parti cor­re­late», come segna­lava in un arti­colo Il Sole 24 Ore rela­tivo al bilan­cio 2011 della multinazionale.

Quando chie­diamo lumi in merito, Lars Peter­sen — ad della società dal 2010 — chiama a rispon­dere alle nostre domande Luigi Mel­loni, con­su­lente della società: ogni con­ten­zioso e richie­sta di veri­fica, avan­zata tanto dalla Guar­dia di finanza quando dall’Agenzia delle entrate, com­prese quelle rela­tive al bilan­cio 2011, hanno avuto un esito posi­tivo per la società spiega Mel­loni. Ikea lamenta, sem­mai, un’eccessiva e inva­siva pre­senza degli organi di con­trollo. Un effetto «diretto», diciamo noi, delle scelte fatte — anche in Ita­lia — per garan­tire quella che viene defi­nita «otti­miz­za­zione fiscale».

*gior­na­li­sta di «Altre­co­no­mia», www?.altre?co?no?mia?.it

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